Viterbo RIFLESSIONE
Diego Galli

Caldo cocente, siccità che avanza e colonnine di mercurio che esplodono davanti ai nostri occhi. Sarà per questi motivi che la Società, reificazione del nostro amato progresso, sembra essersi sciolta come un ghiacciolo dimenticato sulla sdraio di qualche spiaggia.

Di sicuro, quando il beneamato sociologo Zygmunt Bauman andava coniando il termine “società liquida”, il caldo aveva decisamente poco a che fare con i suoi pensieri, diretti invece agli attori del mondo che, senza mai fermarsi, consumano e si lasciano consumare da quel che li circonda, incuranti della propria autodistruzione culturale.

Tuttavia, il tema “liquido” torna facilmente a balenare nella nostra mente di questi tempi, spronato soprattutto dagli esami di maturità che i nostri giovani stanno affrontando in queste ore. Nel mentre, lo scenario ha anche accolto i ballottaggi delle ultime elezioni amministrative: uno scontro senza quartiere che sembra essere stato vinto da un centrodestra unito, nonostante le non poche scaramucce interne.

Politica e Scuola, entrambe facciate di una Società che pare essersi dimenticata la crema solare sotto questo rovente calore estivo. Due lenti di un telescopio che, purtroppo, pare aver dimenticato come tornare a riveder le stelle.
Impegno, sacrificio, senso del dovere e passione sono state dimenticate, tutte soppiantate da un senso comune di arrendevolezza che pare tanto gradito ai nostri giovani, quanto ai nostri politici. Rottamatori dimenticati, ruspe rimaste senza benzina, Ministri poco maturi e i soliti anti-politici sono riusciti a trovare, senza volerlo, una solida unità nella loro mancanza di idee e nella svogliatezza di combattere seriamente per un futuro migliore.

Con sommo sconforto, a farne più di tutti le spese, sono i giovani maturandi che arrancano nelle nostre scuole, viziati da genitori che si sono rifugiati in una realtà parallela. I loro figli sono gli unici portatori sani di intelletto in questo mondo che scorre, scivola lungo il bagnasciuga e si disperde nel mare di buonismo che ci ha invaso. “Se non ce la fai ti diamo una mano” è ormai la nuova formula per ogni difficoltà. Ogni limite è stato abbattuto, uniformando e rendendo identica ogni persona all’altra, ma solo in apparenza. Basta un piccolo rimprovero per causare l’indignazione di una qualche categoria di “vittime della Società”. Eppure, con le sole lamentele, non è possibile costruire discorsi di senso compiuto.

I valori, quelli fondamentali, si sono completamente sciolti, come neve al sole. Sono addirittura evaporati, non riuscendo neanche a rinnovarsi per gettare le fondamenta delle nuove generazioni. Si guarda alla scienza con sospetto, ci si rifiuta di credere nella politica, si spera di trovare nella tecnologia la risposta a ogni domanda.

La darwiniana concezione evoluzionistica si è dispersa davanti alle teorie più oscene, che vogliono convincere tutti di essere “uguali”, ma i tanti caduti della Rivoluzione Francese intendevano ben altro mentre urlavano “uguaglianza” sotto i colpi di moschetto dei loro sfruttatori.
Siamo vittime di un buonismo sfrenato, nato dal senso di vittimismo che ci siamo autoimposti, mentre vedevamo scivolare nel baratro i resti degli ideali dei nostri padri. Ora quegli ideali sembrano perduti per sempre, ma basterebbe così poco per recuperarli.

Tornare a poter credere nelle Istituzioni sarebbe sicuramente il tassello più importante dell’intero mosaico. Ma per farlo c’è bisogno di rinnovarsi, credere nel cambiamento e non fermarsi alla sola idea di difendere e giustificare ogni sbaglio che scorre davanti ai nostri occhi. Basta fare le vittime. Basta creare gruppi sempre più piccoli per potersi identificare in qualcosa e puntare il dito verso chi è diverso da noi.

È tempo di tirar fuori dal cappello nuovi progetti per il futuro e smettere di distruggere ogni residuo di civilità.
Perdersi in un bicchiere di Società liquida non è più un’opzione valida.