Viterbo CRONACA
Claudia Proietti Ragonesi

Il 3 luglio Wikipedia si è auto-oscurata in Italia per protestare contro la direttiva sul copyright, un testo che ha scatenato le ire di un fronte trasversale che va dai giganti tech (come Google) ai gruppi di attivisti per il diritto di conoscenza.

La proposta è quella di un nuovo diritto d'autore che vorrebbe consentire agli editori di chiedere una remunerazione a fronte dell'utilizzo online delle loro pubblicazioni, anche attraverso l'imposizione di misure di monitoraggio dei contenuti sulle piattaforme.
Per i sostenitori si tratta di misure che garantiranno una remunerazione equa per i giornalisti, editori e titolari di diritti mentre i detrattori denunciano quella che hanno ribattezzato “tassa sui link” e un concreto rischio di controllo dei contenuti al confine con la censura.
Ieri, 5 luglio, la plenaria del Parlamento Europeo ha deciso cosa fare sulla proposta di direttiva sul diritto d'autore nel Digital Single Market (il mercato unico digitale) - un codice che ha l'obiettivo di unificare per tutti i Paesi dell'Unione Europea le norme sul diritto d'autore, soprattutto su Internet: riforma del copyright bocciata con 318 voti a favore e 278 contrari.
Ma cosa dicono nel dettaglio gli articoli che hanno provocato lo scontro?_ Al centro del dibattito ci sono infatti, principalmente, l'articolo 11 e l'articolo 13.

L'articolo 11 prevede una sorta di “tassa sui link” che costringerebbe Google, Facebook e qualsiasi altra piattaforma a comprare una licenza per la pubblicazione di brevi riassunti dei contenuti giornalistici e dei link alle pagine che li ospitano.
Per pubblicare ad esempio il link ad un articolo di un determinato giornale nei risultati di ricerca o in Google News, con la nuova direttiva si dovrebbe versare un contributo diretto proprio a questo giornale. Il rischio, spiegano i critici, è che Google, Facebook e le altre grandi piattaforme potrebbero decidere di non pagare e dunque di sospendere la pubblicazione dei link a contenuti giornalistici protetti dal regolamento. Il danno ricadrebbe proprio sugli editori, che riscontrerebbero un inevitabile calo degli accessi.

L'articolo 13, altrettanto criticato, riguarda invece le piattaforme per la condivisione di contenuti generati dagli utenti. La norma prevede che le piattaforme online esercitino una sorta di controllo su ciò che viene caricato dai loro utenti, in modo da escludere la pubblicazione di contenuti protetti dal copyright e sui quali non si detengono diritti. Il sistema dovrebbe più o meno funzionare come “Content ID”, la tecnologia utilizzata da YouTube proprio per evitare che siano caricati video che violano il copyright. In questo modo il caricamento potrebbe essere bloccato ancora prima della diffusione di un video, un file musicale o altri contenuti, evitando la violazione del diritto d'autore.

A Strasburgo, ad un giorno dal voto, il commento più diffuso è che politicamente la direttiva è morta. Ora la proposta sarà ridiscussa alla prossima plenaria, ma l'iter che si annuncia è tutt'altro che semplice: il testo dovrà subire nuovi emendamenti e tentare di avviarsi all'approvazione entro la fine della legislatura. Ma dovrebbe raggiungere il tutto nell'arco di pochi mesi, in un Parlamento a fine mandato e con l'attività di lobby di aziende e attivisti sempre all'erta.