Viterbo RACCONTO E invece gli venne incontro un signore vestito con sobria eleganza
di Agostino G. Pasquali


Leggi la prima parte: Il vitellone, il giornalista, il direttore e il chiaroveggente


(Seconda e ultima parte)

 

L’antro del mago non era affatto un antro, era in realtà un confortevole salottino dell’albergo Principe.

Tuttavia entrando in quel salottino Ettore si aspettava di trovarvi un mago vestito da mago: lunga barba bianca, mantello dorato, turbante in testa e sfera di cristallo in mano; il tutto immerso in una nuvola di odore sulfureo.

E invece gli venne incontro un signore vestito con sobria eleganza, doppiopetto blu, pantaloni grigi, cravatta fumée intonatissima; ed era preceduto da un piacevole profumo di lavanda. Dava subito un’impressione di serenità. Ed Ettore si rasserenò.

     Il mago si presentò:

“Permette? Sono il dottor Filighieno. Lei è il dottor  Nettas, vero? Piacere di conoscerla…”

“Sì, Dottore… Maestro… come devo chiamarla? Sì, sono Nettas, piacere, ma io non sono dottore.”

“Ma lo sarà, lo sarà! Lo sento. Mi chiami semplicemente: Maestro...” disse il mago ponendo le mani sulle spalle di Ettore e guardandolo fisso negli occhi.

     Fu un’intervista facilissima perché il Maestro parlò sempre lui, con una voce ben impostata da attore di teatro classico, voce profonda e suadente, senza la minima inflessione dialettale. Parlò dei suoi studi, dei suoi metodi, della sua capacità innata, forse un dono divino, di capire le persone solo osservando come si muovono, come vestono, come si presentano.

    Chiarì che lui non confezionava e non vendeva magie, pozioni miracolose, formule magiche. Anzi precisò che chi vende queste cose è un imbroglione, un truffatore. Dichiarò che la sua attività era uguale a quella di un confessore, di uno psicologo, di un consulente psicofisioterapico; lui era tutti questi esperti insieme e proprio in questo consisteva il suo ‘Olismo’. Spiegò meglio:

     “Lei, che conosce il greco antico, sa che ‘όλος’ (olos) significa ‘tutto, completo’. Quindi l’olismo è l’approccio conoscitivo che considera l’essere umano nella sua interezza, spirito e materia, anima e corpo. La scienza ufficiale sta andando invece verso la settorializzazione e la specializzazione, e sbaglia perché in questo modo esamina e cura solo i sintomi esteriori e settoriali. Lo psicologo si occupa solo dei comportamenti, il chirurgo taglia pezzi di corpo che presume malati, il confessore analizza e condanna solo i peccati… e così via.

Ma oltre a questa mia ricerca e terapia olistica, a me è stato dato, poi le dirò come e da chi, anche un potere particolare: la chiaroveggenza. Io vedo all’interno delle persone, leggo nell’anima, senza neppure farle parlare. Conosco così i loro desideri e i loro problemi senza il rischio che le parole alterino, tradiscano, mascherino la comunicazione telepatica dell’anima.

Pochissimi hanno avuto e hanno questo dono. Lo aveva Gesù. Lo hanno avuto alcuni santi della nostra santa religione e di altre religioni. Lo aveva padre Pio che per questa dote e per l’uso meritorio che ne fa fatto, sarà presto santificato. Lo vedo e lo prevedo.

Lei ha conosciuto Padre Pio? Ovviamente no, perché è troppo giovane. Io sì. Allora ero un ragazzo, lo incontrai, mi benedisse e mi trasfuse il suo dono della chiaroveggenza. Chi ha questo dono può fare tanto bene. Io posso farne anche a lei, se vuole.”

     Senza aspettare la risposta aggiunse:

“Vede, caro dottore? Sì, lei me l’ha già detto che non è dottore, ma vedo e prevedo che lo diverrà. Anzi le dico che, grazie a questo incontro con me, lei acquisirà lo stimolo che le serve per applicarsi e far rendere al meglio il suo studiare. Finora lei ha perso tempo… vero?”

     Il Maestro fece una pausa e guardò attentamente Ettore, che era rimasto a bocca aperta pensando che il Maestro era veramente un chiaroveggente. Gli aveva letto dentro, gli aveva radiografato l’anima.

     Ettore però aveva ancora un dubbio, un residuo dubbio derivante dall’avviso del direttore (aveva detto: “è ‘n imbrojone come tutti li maghi”), perciò meditò di metterlo alla prova con una domanda a trabocchetto:

“Forse è vero, cioè forse avverrà quello che lei ha detto, ma non è la laurea il mio obiettivo. Io ho altri progetti…sono incerto… penso che farò il militare di carriera…”

“No, no, non direi proprio!… Lei vuol diventare un giornalista. E questo è ovvio, si capisce dal fatto che lei è venuto ad intervistarmi per scrivere di me sul suo giornale. Ma io vedo anche che lei vuol diventare non un semplice giornalista, ma un ‘grande’ giornalista come un Biagi, anzi meglio, un Montanelli. Sbaglio? E lei ha anche l’ambizione di scrivere romanzi…”

     Ettore, sempre più sbalordito dalla chiaroveggenza del Maestro chiese: “E lei dice che diventerò tutto questo?”

     Il Maestro assunse un’aria pensierosa e il suo sguardo, che fino a quel momento aveva fissato magneticamente gli occhi di Ettore, si perse nel vuoto. Aspirò l’aria profondamente e sentenziò con il tono profetico e l’ambiguità di una moderna Sibilla:

“Il nostro futuro, quindi anche il suo futuro, non è già scritto, neppure nella mente di Dio. Il futuro è una strada che stiamo percorrendo con l’intenzione di arrivare ad una meta, ad una buona meta.

La raggiungeremo? non la raggiungeremo? Sì o no?

Dipende soprattutto da noi arrivare. Se partiamo determinati, ben equipaggiati, disposti ad affrontare le difficoltà: ardue salite e perigliose discese, tempeste e bonacce… beninteso, dico il tutto in senso metaforico… allora arriveremo.  Lei ha tutte le qualità per riuscire. Sento che riuscirà. Lei ha bisogno della giusta guida e l’ha trovata in me. Il mio motto è: Per aspera ad astra cum optimo magistro.

      Ettore tornò in redazione e si mise a pestare sui tasti della ‘Lettera 22’ con l’aria ispirata di un profeta che abbia appena avuto una rivelazione soprannaturale. Scrisse il suo articolo, lo rettificò, lo aggiustò e lo limò fino alla perfezione, cioè a quel risultato che a lui sembrava perfezione; la quale, come sanno bene tutti gli scrittori appena un po’ seri, è un miraggio, illusorio e irraggiungibile. Ecco l’articolo.

Onora la nostra città il Cav. Dott. Aristide Filighieno  -  Chiaroveggente e Gran Maestro di olismo fisico e metafisico. Alloggia e riceve presso il rinomato Albergo Principe.

Oggi ha accolto la visita della mia modesta persona con squisita gentilezza e ha dato prova delle sue indiscutibili doti soprannaturali di analista e guaritore dello spirito.

Il sottoscritto si era recato ad intervistarlo con una certa diffidenza, dato che maghi, indovini e ciarlatani infestano la nostra società millantando inesistenti doti, ingannando gli ingenui e truffandoli, ed è perciò sommamente giustificato il discredito di cui maghi, indovini e analoghi sedicenti, sono ampiamente circondati.

Il Maestro ha sùbito dissipato la mia diffidenza con la sua cortesia e affabilità, ma soprattutto dandomi la prova della sua straordinaria, eccezionale, incredibile capacità di sondare l’animo umano, mettendone a nudo le oscure problematiche e suggerendo limpidi rimedi.

Mi ha dato un’iniezione di fiducia che, sono certo, sarà utile a me e a tutti quelli che lo consulteranno per migliorare la propria condizione e raggiungere impensabili traguardi.

‘Per aspera ad astra cum optimo magistro’ è il suo motto.

     Ettore presentò l’articolo con evidente orgoglio e il direttore lo lesse. Il direttore non sapeva se ridere o arrabbiarsi, però mantenne un atteggiamento calmo, accartocciò lentamente il foglio e con un lancio preciso lo buttò nel cestino. Poi disse:

“Aaah, Cilindré! T’avevo detto che quello è ‘n imbrojone come tutti li maghi eccieteraccietera. T’avevo detto de faje n’intervista tanto pé compiacé ‘l senatore amico tuo, e apposta te c’ho mannato a te. Mica t’avevo detto de faje ‘n paneggirico. Si pubblicamo sta fregnaccia c’hai scritto, me dici che figura da stronzi che ce famo?”

     Ettore impallidì, restò un attimo perplesso, ma poi reagì. Il direttore non lo poteva mica trattare in quel modo!

“Direttore! Eeeh, nooo! non va bene. Intanto il Maestro non è un mago e anzi disprezza i maghi, me lo ha detto lui stesso. E’ un chiaroveggente dotato di grande spirito di osservazione e analisi e, non so come, ma ha una evidente capacità di intuire… ‘intuire’ in senso etimologico: ‘intus ire’, entrare nell’animo umano…”

“Mò pure er latino! Ma, porca puttana! Ma che cazzo dici?”

“Se lo dico è perché me ne ha dato la prova. Sapeva tutto, sapeva tutto di me, anche le cose più riservate, le mie difficoltà, i miei progetti, i miei sogni, le mie debolezze…”

“E ce le sapeva sì!... Doppo che hai pijato l’appuntamento e te ne sei annato, ha telefonato e j’ha risposto il collega tuo, de bbanco, e j’ha riccontato tutto, come sei e come te credi da esse… Nun lo sai che li maghi, pé ndovinà mejo, prima s’enformeno?”

*     *     *

     Ora ritorniamo all’oggi rifacendo al contrario il salto nel tempo.

 

     Oggi Ettore è legittimato a farsi chiamare dottore. Infatti al decimo anno fuori corso si laureò in legge ed è probabile che proprio le parole del Maestro abbiano indotto Ettore a finire il corso di studi. Proprio come aveva previsto il Maestro

     Ma giornalista?

Non si può dire che la previsione sia stata sbagliata perché Ettore è attualmente  responsabile delle relazioni con il pubblico nell’azienda per la quale lavora, e come tale sfrutta quello che ha imparato nella redazione de “L’eco della città”; in particolare cura la pubblicazione di un bollettino mensile di notizie e pubblicità. E per questo è regolarmente iscritto come ‘direttore responsabile’ nell’apposito registro dei giornalisti e dei direttori di giornali e periodici.

     Ma romanziere?

Ettore non ha abbandonato il sogno di diventare un romanziere. Ha nel cassetto, o meglio nel computer, circa seicento pagine di un racconto lungo e complesso dal titolo ‘La plurisecolare saga della famiglia Nettas’, che sta scrivendo un po’ per volta da dieci anni. In questo momento si è bloccato perché non ricorda più che cosa ha scritto nelle prime cinquecento pagine, ha perso il filo e teme di commettere qualche errore e di contraddirsi. Dovrebbe rileggere tutto da capo, ma non ci riesce perché, ogni volta che ci prova, dopo le prime dieci pagine gli viene sonno, ma un sonno…

Agostino G. Pasquali

 

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