Viterbo IL RACCONTO I politici e i politologi si decidano ad occuparsi con serietà dei gravi problemi reali, cerchino di risolverli alla radice
di Agostino G. Pasquali


Leggi la prima parte clicca qui IL RACCONTO: Parte prima - Sharing economy. Fantacronaca di una tavola rotonda

 Seconda e ultima parte

     Il discorso del rompiscatole Mario Bianchi merita di essere riportato così come venne detto.

Eccolo:

     “Devo fare due premesse.

     La prima riguarda le chiacchiere che ho, che avete, ascoltato.

     Qui si dà importanza a fenomeni economici trascurabili, che poco incidono e incideranno sul futuro dell’umanità e soprattutto sulla sopravvivenza della così detta società occidentale, la vostra. È questa una società decadente, incapace di affrontare le rivoluzioni in atto.

     Sono state trascurate le vere emergenze: neutralizzare la minaccia dell’ISIS, fermare l’invasione dei così detti profughi, o almeno accoglierli senza sciocche commedie di ‘no, ni, forse, sì’ e occidentalizzarli.

     Se non lo fate, sarete islamizzati.

    Avete notato con che decisione ‘loro’ difendono la fede e le tradizioni islamiche? E come sono decisi a mantenerle e diffonderle?E come non accettano assolutamente di essere occidentalizzati?...”

    Una pausa segnata dalla rotazione del braccio destro a indicare prima il pubblico e poi il tavolo dei conferenzieri.

     “… voi intanto vi gingillate con dispute bizantine. E il paragone proverbiale con Bisanzio è perfetto. Considerate che il vostro avversario di oggi è l’erede di quello della Bisanzio che, invece di preoccuparsi della minaccia araba perdeva tempo in sterili dispute.

     La seconda premessa è antropologica. Il mio campo di studio.

     C’è un errore nella teoria evoluzionistica. Darwin ipotizzò che l’evoluzione fosse un prodotto dell’egoismo individuale. Questa teoria spiegava bene la funzione dell’egoismo come spinta evolutiva, ma non spiegava l’esistenza dell’altruismo.

     Rifiutando la teoria evoluzionistica si è pensato che l’altruismo sia un derivato dell’etica. Ma l’etica non è un concetto razionale. Ci ha provato Kant a razionalizzarla con l’imperativo categorico, ma, all’atto pratico, potete ben vedere che quell’imperativo è poco  applicato.

     L’etica non esiste negli animali, dai quali giustamente Darwin fa derivare l’uomo. Dunque, all’uomo, l’etica non gli viene dalla natura animale, ma è una sua creazione. Lo stesso discorso vale per la religione che è la mitologia dell’etica.

     Perciò ideali etici e religiosi, diversi da società a società, possono portare al bene o al male della società che li elabora e li mette in pratica. L’etica è un principio, un ‘modus operandi’ del tutto arbitrario, personale, variabile nel tempo e con la cultura, e comunque può spiegare la correttezza del comportamento, ma non il comportamento altruistico.

     Eppure l’altruismo esiste. Esiste in natura, infatti esiste negli animali.  Darwin lo ha trascurato, ma è stato studiato di recente da alcuni suoi seguaci, tra i quali spicca David Sloan Wilson, biologo e antropologo americano, il quale ha dimostrato che l’altruismo non è altro che ‘egoismo collettivo’ (della famiglia, della tribù, del popolo,ecc). È una forza naturale e infatti, come ho detto, esiste anche negli animali. Ed è questo altruismo, cioè egoismo di gruppo, che è il vero motore dell’evoluzione. Quindi Darwin è confermato, ma completando la sua teoria.

     Nell’evoluzione all’interno di un gruppo è indubbiamente favorito l’egoista singolo, ma nella lotta fra gruppi è favorito quello che ha più altruisti, cioè più individui disposti a sacrificarsi per la collettività. Guardate in natura gli animali sociali: più sono sociali, più sono disposti al sacrificio, fino alla morte, per la difesa e per il successo del loro gruppo. Con gli animali mi fermo qui. Non voglio fare una lezione di sociozoologia. Non mi serve.

     Osserviamo invece gli esseri umani e chiediamoci… cioè ognuno lo chieda a se stesso: Sono disposto a morire per il mio gruppo?

- Lei colonnello? È colonnello dell’esercito, vero? Lei, che la guerra la vuol fare con i droni e la tecnologia, lei è disposto a morire per la Patria… come si diceva una volta?

- E lei, eminenza? Lei è disposto a morire da martire per la sua Chiesa?

     Non rispondete, per favore. Non voglio indurvi a dire bugie. E non procedo oltre in questo discorso. Non è questo che mi interessa.

    Mi preme invece farvi osservare che nel mondo ci sono due pericolose rivoluzioni in atto. Pericolose per la così detta civiltà occidentale, perché  stanno inesorabilmente vincendo.

     C’è una certa rivoluzione, che voi sottovalutate, ma che apertamente, bellicosamente, vi fa la guerra, e si serve di uomini disposti a morire. E ne muoiono tanti, bombardati da voi eticamente, si può dire in questo caso ‘eticamente’? con i droni e con le bombe intelligenti… Ma ne muoiono tanti altri come kamikaze... Questa rivoluzione ha successo. Diciamolo chiaramente: l’ISIS sta vincendo.

     E meditate su quell’altra rivoluzione che, pacificamente, subdolamente, vi sta invadendo, e per invadervi sacrifica tanta gente che muore in mare, nei nascondigli dei camion, nelle traversate del deserto…  Gente che sa che molti moriranno, ma affronta lo stesso un pericoloso viaggio. Gente consapevole che, bene che le vada, vivrà tra gente ostile, sarà emarginata e odiata… sopporterà? ma fino a quando?Potrebbero essere come la vipera in seno?

     Pensate voi che costoro, questi immigrati, accolti di malavoglia, emarginati e sfruttati, quando l’ISIS vi attaccherà sul vostro territorio, staranno dalla vostra parte? Potrete dirvi fortunati se resteranno neutrali. Ma è una cosa credibile?

     Sia ben chiaro! Io non do un giudizio di bene o di male, cioè non do un giudizio etico. Ma vi invito a considerare la questione dal punto di vista dell’egoismo collettivo. Chi più ne ha, vincerà.”

     Mario Bianchi fece una pausa per verificare se le sue parole avevano colpito gli ascoltatori. C’era silenzio, evidentemente tutti meditavano. Il colonnello fu il primo a riprendersi. In realtà aveva capito poco della spiegazione scientifica. Per lui egoismo e altruismo erano solo roba da borghesi, gente smidollata sempre propensa a cavillare e a ‘cacare dubbi’, come si dice in linguaggio da caserma. Per lui contava la disciplina e l’addestramento, come è sempre stato, e in più oggi la tecnologia. Ma sentiva di essere stato punto sul vivo dall’accusa di ‘vigliaccheria’, perché in fondo proprio questo aveva significato l’insinuazione che gli era stata diretta.Si fece dare il microfono portatile e protestò:

     “Ma lei, che parla così presuntuosamente, lei che non è nessuno, che non ha titoli… tutto questo l’ha detto lei.. lei che probabilmente ripete a pappagallo cose che ha letto e forse nemmeno capito… mi dica allora, signor coraggioso, e sia sincero, lei lo farebbe il kamikaze?”

     Mario Bianchi sorrise. Si intuì che sorrideva perché l’abbondanza di barba e baffi rendeva difficile decifrare il suo volto. Ma il gesto che fece fu inequivocabile. Aprì il giaccone e mostrò di indossare un giubbetto che era una cartucciera a tre file, nella quale erano inseriti una trentina di candelotti.

     “Io?.. Io, sono un kamikaze! E come me sono kamikaze i due compagni che ora bloccano le uscite.”

     Un senso di incredulità, di breve durata, che si trasformò in dubbio e poi in terrore consapevole, prese le menti dei presenti. Guardarono le due uscite e le videro presidiate da due uomini del tutto somiglianti a Mario Bianchi: stessa barba, stessi baffi, stesso abbigliamento con la cartucciera piena di candelotti e in più uno zainetto a spalla. Affascinata dal discorso la gente non s’era accorta dell’entrata silenziosa dei due kamikaze. Ora ognuno restava al suo posto, come gelato da un freddo improvviso, senza la capacità di pensare e reagire.

     Mario Bianchi riprese la parola:

     “Tranquilli! Non morirete tutti.

     Lascerò che molti di voi se ne vadano e poi… NOI, rimasti in sala, faremo tutti il grande sacrificio. Libererò i giovani, che spero siano ancora abbastanza aperti di mente da capire quello che ho detto, perché avranno il compito di riferirlo. Saranno sacrificati i cattedratici di economia e di politica, quelli saccenti e inutili, e le persone più anziane che tanto la loro vita l’hanno vissuta e un po’ottusi nella mentalità e parassiti lo sono.

     Lei, colonnello? Lei resta! e mi deve ringraziare perché le verrà sicuramente attribuita una medaglia alla memoria e le verrà intestata una via: ‘Via colonnello… come si chiama’.

     E lei, eminenza? Anche lei resta! e mi deve ringraziare anche di più perché avrà l’onore di essere santificato: ‘San… come si chiama…martire della fede’. Ultimamente i papi si sono dimostrati molto prodighi in santificazioni, vuole che non santifichino anche lei?

     E ora…”

    All’improvviso si spensero tutte le luci, quelle di emergenza si accesero un attimo e sbiadirono spegnendosi subito: batterie scariche. Quando mai le luci di emergenza funzionano nel momento in cui sono necessarie?

     La sala piombò nel buio e nel gelido silenzio del terrore.

     Si udirono due scoppi quasi contemporanei… Era l’avvio della catastrofe? dell’esplosione suicida?...

     La gente in sala avvertì piovere dall’alto qualche cosa, ma cadeva addosso senza fare male. Qualcuno pensò che fosse il crollo del soffitto e che la mancanza di dolore dipendesse dall’essere già morti.

     Dopo pochi secondi tornarono ad accendersi le luci. Tutto sembrava in ordine. C’erano però tanti fogli di carta, dei volantini, sparsi qua e là, molti caduti addosso alle persone… e Mario Bianchi e i kamikaze erano scomparsi.

*     *     *

     Quei volantini riportavano più o meno ciò che Mario Bianchi aveva detto. Non c’erano ovviamente le sue battutacce sarcastiche, né la condanna senza appello per i professori e le autorità. Era scritto tutto in modo serio. Il testo si chiudeva con le scuse per procurato terrore e con la speranza che la simulazione di un attentato facile da realizzare, molto più facile di quanto si pensi, dia la prova della pericolosità degli avversari, quando sono dotati di spirito di sacrificio. Costoro non sono pochi pazzi incoscienti ed esaltati, sono invece altruisti nel senso di egoisti di gruppo, oppure, per usare una terminologia creata dall’occidente cristiano, ma ora fuori moda, sono martiri.

     Conclusione: i politici e i politologi si decidano ad occuparsi con serietà dei gravi problemi reali, cerchino di risolverli alla radice, prendendo l’iniziativa, invece di subirli adottando sempre deboli e tardivi provvedimenti tampone, che sono inefficaci e scontentano chi quei problemi li crea e chi li subisce.

Agostino G. Pasquali