Viterbo IL RACCONTO Santino e il cane Argo (ha lo stesso nome bene augurante del cane di Ulisse, quello dell’Odissea) stanno sempre insieme, dormono addirittura insieme nel lettone matrimoniale e prendono i pasti insieme
Un racconto di Agostino G. Pasquali

 

Una famiglia ultramoderna

     Santino Zontelli ha un cane. Più esattamente: convive con un cane, alla pari, nel senso che lui e il cane costituiscono una famiglia. C’è da meravigliarsi? Perché? Non si dice forse da sempre che il cane è ‘uno della famiglia’?

     D’altronde oggi il concetto di famiglia sta diventando così vago, mutevole, arbitrario da poterne ammettere anche una formata da umani e animali. Non dico che ci debba essere un matrimonio magari con tanto di cerimonia e marcia nuziale, però l’adozione sì, anzi c’è già.

Infatti si parla normalmente di adozione del cane e molti ormai gli attribuiscono il loro cognome e lo fanno scrivere sul libretto sanitario dell’animale. L’AIDAA (Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente ) ha proposto di inserire i dati del cane nell’anagrafe comunale, ufficialmente, insieme ai componenti umani della famiglia.  

     Santino e il cane Argo (ha lo stesso nome bene augurante del cane di Ulisse, quello dell’Odissea) stanno sempre insieme, dormono addirittura insieme nel lettone matrimoniale e prendono i pasti insieme. Beh, intendiamoci! Il cane dorme sopra il letto, non entra tra le lenzuola. E neppure si siede a tavola, ma riceve il suo piatto sul pavimento della cucina, dove, stando a fianco di Santino, mangia da cane (senza posate), ma il cibo è uguale a quello dell’uomo: un piatto di pasta al ragù, o un quarto di pollo (accuratamente disossato), o una porzione di bistecca (mezza) con l’osso (tutto), o una fetta di formaggio, e pane… Anche la verdura? No, perché a Santino la verdura non piace… Anche la frutta? Sì, la frutta se è ben matura e dolce piace a tutti e due. Niente croccantini e scatolette? No, dice Santino, quella roba è buona per chi la produce e per chi la vende, buona nel senso che produttore e venditore ci guadagnano. Il veterinario, che ha visitato Argo per il richiamo dei vaccini, è inorridito a sentire come vive e viene alimentato, ma l’ha trovato in ottima salute e non ha potuto criticare il suo regime di vita.

     Devo infine precisare che Santino vive da solo con il cane. Prima erano in tre in famiglia, ma l’unica figlia si è sposata un anno fa ed è andata a vivere in un altro paese, e poi se ne è andata via anche la moglie Pina, che se ne è andata proprio per gelosia del cane, dopo aver imposto la scelta: “O io o il cane!”

     Santino non ha scelto, ha tentennato, ha cercato mille pretesti per rinvii e accomodamenti, finché Pina ha deciso di andarsene a vivere con una sorella divorziata e un po’ bisbetica. Ha detto:

   “Non metti fuori casa il cane? Vabbè. Ma allora io vado da mia sorella. Meglio dividere la camera da letto con una bisbetica piuttosto che con un cane. Ti voglio bene, Santì, e sono pronta a tornare in questa casa… ma solo se ti liberi di quella bestia puzzolente.”

     Pina non vuole la separazione legale, tanto meno il divorzio. Per lei il matrimonio è sacro e, come dice la formula, deve durare ‘finché morte non separi’. Viene perciò spesso, di sera, a far visita al marito e a ripulire un po’ la sua casa, perché se la sente ancora ‘sua’, anche se sta diventando simile ad un canile, quanto meno per l’odore ferino che ristagna nell’aria.

*     *     *

     Avviene che certi uomini, quando diventano anziani, cioè quando superano i cinquanta-sessanta anni, età critica alla quale si affievolisce l’interesse per la moglie, allora cominciano a trattarla come un sorella (se va bene) o come una suocera (se va male). Però, se le vogliono comunque bene, non la tradiscono con un’amante, ma le danno meno affetto, ovvero l’affetto c’è ancora ma lo dimostrano raramente. Le mogli ovviamente reagiscono ricambiando quella freddezza dei loro compagni con il trascurarli e dedicarsi ai figli, o al volontariato in parrocchia, o al burraco con le amiche. In questi casi alcuni di quegli uomini, per reazione alla reazione, si procurano un cane, stravedono per lui e lo trattano come una persona. È, o no, il cane il miglior amico dell’uomo?

 

     Per carità, non voglio essere frainteso e considerato un pessimista dei rapporti coniugali. Ho detto ‘alcuni di quegli uomini’e ammetto pure che possano essere pochi a comportarsi così. Ma temo che quelli che non si dedicano al cane, facciano qualche altra attività sicuramente peggiore.                      

   Comunque, se lei, gentile lettore, è un po’ anziano ed è affettuosissimo con la sua compagna e non la tradisce nemmeno con un cane, me ne compiaccio. E se lei, gentile lettrice, ha un marito un po’ anziano, ma affettuosissimo, me ne rallegro.

     Però Santino appartiene alla categoria degli ‘alcuni’ e perciò ha adottato, prendendolo al canile municipale, un pastore tedesco misto beagle, appunto Argo. È un meticcio dotato di grande simpatia perché unisce alla fedeltà del pastore tedesco l’amabilità e l’allegria del beagle. Ma Pina non ha condiviso questa simpatia e, come ho detto, non ha accettato quel nuovo membro della famiglia; perciò ha lasciato il marito solo come un cane, anzi, come due cani.

 

     C’è da precisare che se Santino stravede per Argo, Argo stravede per il suo padrone. Ma non è corretto dire ‘padrone’ perché, come ho già accennato, tra i due c’è un rapporto simbiotico di parità (o quasi).

     La cosa più stupefacente è che Santino parla al cane. Gli confida i suoi segreti, i suoi problemi, i suoi crucci e il cane lo ascolta incantato e sembra che capisca. Gli racconta pure le barzellette, ma Argo non ride perché la natura non lo ha fornito dei muscoli della mimica, però muove significativamente la coda. Almeno così racconta Santino agli amici del Ci.R.C.A. (Circolo Ricreativo Culturale Agricolo che, nonostante il nome pomposo, è sostanzialmente un’osteria), perché è convinto che il suo cane capisca tutto il linguaggio umano. Ma è una sua illusione, la comunissima illusione che hanno molti appassionati cinofili. Infatti, se è vero che i cani capiscono perfettamente i consueti ordini (vieni, cuccia, a terra, avanti marsch, alt…), è altrettanto vero che, come insegnano gli etologi, più che le parole, essi interpretano i toni di voce, gli atti e gli atteggiamenti dell’uomo, non certo i suoi discorsi.

 

Un lavoro impegnativo e pericoloso

     Santino è un esperto giardiniere, specializzato nella cura delle piante e in particolare nella potatura degli alberi di alto fusto sui quali, nonostante i suoi cinquant’anni, si arrampica agevolmente, potrei dire come una scimmia, ma in realtà usa la moderna tecnica del ‘tree climbing’ (arrampicata su albero) con l’utilizzo di corde, pulegge e argani. Un paio di giorni fa ha avuto l’incarico di potare alcuni vecchi alberi in un podere lontano dal paese, alla contrada ‘Castagneti’, così chiamata proprio perché ci sono soltanto piante di castagno da frutto e un bosco di castagni selvatici.

     Si è recato sul posto con la sua auto, una Panda 4x4, rustica, piena di graffi e ammaccature, ma adattissima al suo lavoro che si svolge in zone dove spesso non ci sono strade ma sentieri di campagna. Lavora da solo, però la solitudine non gli dà fastidio perché c’è abituato, è una conseguenza del lavoro che fa, e poi ha comunque sempre la compagnia di Argo che è felice di stare all’aperto, di poter sfogare la sua esuberante vitalità di giovane animale scavando buche, correndo qua e là, inseguendo e catturando qualche animaletto selvatico.

     Mi dispiace dirlo, ma Argo è un cacciatore egoista, le sue prede se le mangia subito o le nasconde, non gli viene proprio l’idea di dividerle con il suo compagno umano. È però da considerare che Santino non si cura di mangiare gli animali catturati dal cane, che per lo più sono topi, uccellini implumi caduti da un nido e bestioline coriacee e puzzolenti di selvatico; perciò non ha mai cercato di insegnare ad Argo la tecnica del riporto.

 

*     *     *

     Santino se ne sta dunque in alto, quasi in cima ad un castagno. Lavora con calma e precisione, valutando bene la posizione da assumere. Si è assicurato con una corda passata in una puleggia fissata ad un ramo superiore e bloccata all’imbracatura che ha indossato prima di salire. Il lavoro di potatura degli alberi di alto fusto è certamente pericoloso, ma con questa attrezzatura tecnica da ‘tree climber’ può salire e scendere in sicurezza e non rischia mai di precipitare a terra rovinosamente, neppure se perde l’equilibrio ovvero se si rompe il ramo sul quale sta appoggiato.

     Con la motosega e con una lunga roncola elimina i rami secchi o malandati o inutili per la produzione dei frutti. L’albero, che all’inizio della potatura era disordinato sofferente e trascurato, migliora il suo aspetto man mano che il lavoro procede. A terra si accumulano le frasche secche che Santino lascia cadere progressivamente.

   Dopo un’ora di lavoro è stanco e si ferma un momento per riposare e fumare una sigaretta. Sa che non dovrebbe fumare perché ‘il fumo nuoce gravemente alla salute’, come c’è scritto in minacciosa evidenza sul pacchetto che ha appena estratto da un tasca, ma si giustifica pensando che tutta l’aria buona, che respira qui in alto sugli alberi, possa neutralizzare i veleni delle sigarette, e inoltre cerca di fumare poco. Infatti a metà sigaretta smette, strofina sulla corteccia dell’albero il mozzicone per spegnerlo e poi lo lascia cadere a terra. Sa che non dovrebbe fare così, ma qui è terreno selvaggio e chi noterà mai il mozzicone? Comunque si ripromette di raccoglierlo quando sarà sceso e di metterlo nel posacenere della Panda.

     Riprende il lavoro. Adesso deve tagliare uno dei due rami principali del castagno: è una branca molto grossa di almeno 50 centimetri di diametro; si tratta di una biforcazione importante del tronco principale, ma è cresciuta male, di traverso, quasi orizzontale, e, per quanto già accorciata da una precedente potatura, squilibra l’aspetto della pianta. Santino decide di eliminarla perché nel suo lavoro è un perfezionista che cura moltissimo non soltanto la funzionalità ma anche l’estetica. Quel taglio è impegnativo e perciò si sistema bene appoggiandosi all’altra branca, quindi avvia la motosega. Fa prima un taglio inferiore e poi comincia quello superiore. Quando questo sarà abbastanza profondo, il peso del ramo finirà il lavoro: il ramo ruoterà verso il basso spezzando le ultime fibre con un caratteristico scrocchio, quasi uno scoppio del legno che si frattura.

Agostino G. Pasquali 

(Continua e finisce domani)

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