Viterbo IL RACCONTINO
Piero Carosi

Siamo quasi alla fine di dicembre e intorno c’è una piacevole aria natalizia. Varco la porta dell’amata taverna e mentre m’avvicino al tavolo in cui Calvisonte e Romoletto stanno dando l’addio all’ultima foglietta della mattinata il taverniere, contravvenendo alla rigida tradizione del locale si siede al loro tavolo. Mi unisco alla compagnia.

-Che c’è sor Che’, séte preoccupato?

Siamo gli unici clienti rimasti e tuttavia, forse per inveterata abitudine, prima di rispondere alla domanda di Romoletto l’interpellato si guarda intorno poi sottovoce ci dice che Belzebù, l’extracomunitario di colore che fa il posteggiatore abusivo in Via del Vantaggio è nei guai: la donna che vive con lui nella baraccuccia di cartone sotto la spalletta di Ponte Margherita è incinta e sta per sgravare…

-Perché non la porta al San Giacomo? E’ qui vicino!

-Nun po’- mi risponde - se li béccheno senza permesso de soggiorno l’arimànneno subbito a mori’ de fame da ndo’ so’ venuti…

Ho già sentito parlare di Belzebù, il giovane così ribattezzato per via dell’estrema difficoltà a pronunciarne il vero nome; tempo fa nel quartiere era sulla bocca di tutti per aver trovato e subito restituito un portafogli pieno zeppo di banconote…

Sto per alzarmi per andarmene quando nella cornice della porta di strada s’inquadra un essere in evidente stato d’agitazione che sorregge una donna che gli s’aggrappa convulsa…

-Signor Chéco…mia móglia…partorire …acqua andata via…

Afferriamo in un attimo la situazione e mentre il Sor Checco aiuta Belzebù – proprio lui! – e moglie urlante a scendere i gradini d’ingresso noi tre ci arrabattiamo a sgomberare il tavolo più vicino per adagiarvi la donna. Sbucato non si sa di dove un cane tutto inzaccherato s’imbuca sotto il tavolo e non c’è più verso di tirarlo fuori: è Catàni, la fedele ombra di Belzebù.

L’oste, frastornato …ce mancava puro ‘l cane!.. non fa che correre avanti e indietro ma l’unico ad avere le idee chiare è Calvisonte.- Qui ce vòle la Sora Nunziata!

Sguscia fuori e scompare ma passano pochi minuti e facendosi largo fra i passanti che richiamati dalle urla della donna fanno ressa all’ingresso arriva la Sora Nunziata, l’erbarola di Ripetta seguìta da Calvisonte carico di panni, asciugatoi, bende…

Vivessi cent’anni non dimenticherò mai la scena: le mani sui fianchi, lo sguardo fermo, la nuova venuta domina subito la situazione:

-Voi, Sor Che’, chiudete la porta, preparate subbito quanta più acqua calla che potete e ‘n par de forbici! Voi due… rivolta a me e a Romoletto… libberate quer tavolo laggiù stennétece ‘sto lenzòlo poi fatece coricà ‘sta pòra fija e…dàteve! Tu… rivolta a Belzebù… staje vicino e tièje le mano!

Poi ancora, rivolta alla donna:

-E tu sta’ bbòna, fija mia, che n’è gnente! Io ce so’ già passata cinque vòrte… che vòi che sia? Strilla, nun te preoccupà ché più strilli e mèjo è…così, brava, così, io t’aiuto… lo vedi? spigni, spigni… ancora… ancora… penza a la Madonna del presepio che proprio come te…

Già, i presepi che a mille e mille a quest’ora e in tutta Roma incantano piccoli e grandi con la loro cometa di cartone argentato e le luci ammiccanti; ma questo di cui volente o nolente sono parte viva, questo non è di cartapesta, questo è un presepe vero! Ho la sensazione che qui e ora si stia vivendo un evento eccezionale ma le urla della puerpera non mi danno tempo di assaporare fino in fondo la magìa del momento.

Il rantolo si fa ora più cadenzato mentre l’improvvisata levatrice non fa che ripetere i suoi - così, così… brava… dàje… dàje… eccolo… dàje… ci ha ‘na capoccia tutta nera…è bello!…èccolo èccolo…          

Con mossa esperta l’intrepida mammana afferra per i piedini il nuovo nato - è un maschio - che si mette subito ad urlare mentre la madre si aggrappa al suo Belzebù che a questo punto non sa se ridere o piangere. Calvisonte, tanto per allentare la tensione tira fuori il problema del nome: Regà, semo a Natale…sarebbe bello chiamàllo come nostro Signore!

Gesù figlio di Belzebù! (mi riferisco ovviamente al posteggiatore di Via del Vantaggio) e a me i contrasti forti non dispiacciono; la proposta ha un certo fascino. Si torna pian piano alla normalità e ce ne accorgiamo dallo scodinzolare di Catàni che sgusciato di sotto il tavolo manda guaiti di gioia.

-Giesù…Giesù…

-No Giesù! ma Gesù fa eco la donna al compagno: è un nome che gli porterà fortuna!

Fuori della taverna al primo urlo del neonato sono seguite esclamazioni di giubilo poi sfociate in un rumoreggiare in crescendo; evidentemente si vuol sapere di più sul lieto evento.

Aperta la porta è un accorrere, un battere di mani, un complimentarsi… Siamo presi anche noi dall’atmosfera festosa ma è ancora una volta la Sora Nunziata – siamo proprio sicuri che gli angeli non abbiano sesso? - che riporta tutti alla realtà chiedendosi e chiedendoci come potrà cavarsela una coppia male in arnese sotto un ponte e con un figlio appena nato…

-Calviso’ già che hai fatto trenta e mo’ fa trentuno! Fatte aiutà da Romoletto e accompagna Belzebù ar ponte…portateve tutta sta ròbba che s’è accumulata…al resto penzeremo dòppo!

Sono tre fagotti strapieni e c’è anche chi ha aggiunto qualche euro…

Belzebù in testa, la strana carovana se ne va lasciando l’oste a vedersela con il riassetto del locale. Non me la sento di lasciarlo solo e così, ma solo per festeggiare l’evento ordino un litrozzo di frizzantino e mentre sto gustando l’inebriante sapore l’occhio mi cade sulla vecchia stampa appesa dal Sor Checco vicino all’immaginetta di Gesu Cristo Bambino. E’ una stampa stinta che m’ha fatto sempre ribrezzo perché ricorda la strage degli innocenti ordinata da Erode per tema di veder sbucar fuori un qualche pretendente al suo trono. Vi si vede un soldato romano che, brandendo un affilato gladio squarta un infante dopo averlo strappato dalle braccia della madre.

Rivedo il figlio di Belzebù: lineamenti finissimi, due manine e due gambette perfette, una pelle dai riflessi ambrati… è fortunato il neo Gesù a nascere oggi perché se fosse nato un po’ di secoli prima avrebbe rischiato di finire…

Per scacciare l’orrenda immagine della strage trangugio d’un fiato l’ennesimo bicchiere di frizzantino e dopo qualche minuto dall’immagine stinta esce un soldato romano tutto rutilante d’armatura, elmo piumeggiante, calzari chiodati e falère con in mano lo scellerato gladio. Brandendolo urla:

-Dov’è il bambino neonato? Per ordine di Re Erode…

Il Sor Checco pallidissimo non sa cosa fare ma un’idea repentina si fa strada nel mio cervello… se riesco a…

Prendo in mano la situazione.

-Illustre centurione se arrivavate dieci minuti prima avreste visto genitori e neonato scendere per la cantina che con pochi passi porta al fiume… lì c’è sempre ormeggiata una barca, una barca con cui…

Il milite sa il fatto suo e con un gesto imperioso intima ai due legionari di seguirlo mentre senza indugio si precipita giù per le scale della cantina…

Con gesto rapido metto il pesante chiavistello alla porta mentre il Sor Checco preoccupatissimo mi saltella intorno e con frasi smozzicate ripete:

-Ma séte matto? Non sapete che la discesa a fiume è pericolosissima? Solo Romoletto sa ‘ndo métte li piedi perché a un certo punto se pijate no scivolone finite dritto dritto ne la marana che è piena d’ogni zozzeria e doppo ‘n po’ ve trovate, se séte ancora vivo, sputato a fiume…

Gli spiego che è proprio quello che voglio io: vendicare così gli antichi morticini d’Erode…

Ha paura che gli antichi romani non facciano la fine da me progettata e per toglierci ogni dubbio raggiungiamo la spalletta del ponte da cui si può intravvedere lo sbocco della cantina nel Tevere.

Passano interminabili minuti poi, uno dietro l’altro i nostri eroi, inzaccherati, sanguinanti e bestemmianti vengono letteralmente sputati nella corrente che con tre splash indifferenti li inghiotte..

Sono felice! Ho vendicato un crimine antico… evangelico! e la cosa mi elettrizza. Non sapendo che altro fare intono non so perché l’Inno di Mameli a cui fa eco il Sor Checco non con il controcanto ma con il suo usato ritornello:

-Sor Pierì è ora de chiùde…è tardi! Non vorei offendeve ma se non la smettete de beve e de cantà me costringete a…

M’affretto ad uscire dalla taverna dopo aver vuotato l’ultimo bicchiere.

Fuori un sole splendente addolcisce l’atmosfera dicembrina…Me ne vado saltellando e ad un passante che mi guarda con aria interrogativa dico convinto:

-Ho salvato Gesù, il figlio di Belzebù da un’orrenda morte!

Mi guarda allibito e poi non so perché affretta il passo e guardandosi prudentemente alle spalle svicola per Via Ripetta e scompare.

 Piero Carosi

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