Viterbo IL RACCONTO DI AGOSTINO
Agostino G. Pasquali

Caro Agostino ti scrivo xké … (Storia di Mariano – parte prima)

Una strana mail

     Qualche giorno fa mi è arrivata una lunga e strana mail.

Era composta da una catena quasi continua di frasi, separate raramente da qualche virgola e da ancor più rari punti; l’ortografia e la sintassi latitavano come nei versi sconclusionati dei poeti neo-ermetici; qua e là spiccavano abbreviazioni grafiche come quelle che si usano per gli sms nei telefonini di vecchia generazione. Si trattava evidentemente di un testo scritto da un patito del web, assiduo frequentatore di blog e compositore compulsivo di tweet.

     Il mio primo impulso è stato di cestinare la mail, come faccio sempre per le tante comunicazioni pubblicitarie e stupide che mi arrivano tutti i giorni. E infatti l’indice della mano destra ha immediatamente e istintivamente cliccato su ‘elimina’. Poi, un po’ per scrupolo e un po’ per curiosità, ho recuperato quel ‘file’ e ho cominciato a leggere. Era un racconto di vita vera, o almeno pretendeva di esserlo secondo la dichiarazione dell’autore. A prima vista appariva incredibile; peraltro era troppo anormale, vorrei dire inimmaginabile, per essere un’invenzione, e comunque stuzzicava la mia curiosità.

     Il mittente mi chiedeva di raccontare la sua storia. Ma forse è meglio che la trascriva così com’è. Eccola.                                                                    

   “Caro Agostino ti scrivo xké leggo le storie che scrivi ke sono parecchio strambe e tu sei strambo quasi come me però mi puoi capire e scrivendo mi sfogo ke mi fa bene e penso ke la mia storia può essere utile a tanta gente nei guai come me se tu la racconti al posto mio xké a te ti credono ma a me no mai, la gente non si fida di me proprio mai …”

   No, così non va bene. E’ troppo faticoso decifrare un testo così sgrammaticato. Citando Alessandro Manzoni potrei dire:

     “Ma, quando io avrò durata l’eroica fatica di trascriver questa storia [da uno strano testo], e l’avrò data, come si suol dire, alla luce, si troverà poi chi duri la fatica di leggerla? … Nell’atto però [di cancellare il ‘file’], mi sapeva male che una storia così [interessante] dovesse rimanersi tuttavia sconosciuta”.

     (Le parti tra parentesi quadre sono modifiche al testo originale dell’introduzione de ‘I promessi sposi’. Chiedo scusa dell’alterazione al grande Alessandro, e pure gli chiedo scusa di aver copiato il suo metodo di lavoro.)

     Ritengo che sia meglio trasporre il testo in un italiano corretto e facilmente comprensibile. Ricomincio dunque a modo mio il…

 

Racconto di Mariano.

     Caro Agostino, leggo i tuoi racconti molto originali e ti giudico un tipo originale quasi come me, e perciò penso che tu mi possa capire…

(Interruzione per un chiarimento: nel testo c’è scritto: ‘parecchio strambe’ e ‘tu sei strambo quasi come me’, ma ho tradotto ‘molto originali’ e ‘tipo originale’ perché credo che questa fosse l’intenzione dello scrivente. [Strambo io? Quando mai! Originale? Un pochino, sì!]

Nel seguito ci saranno altre licenze interpretative perché ritengo opportuno chiarire il pensiero invece di limitarmi ad eseguire una rielaborazione grammaticale formalmente esatta, ma semanticamente scorretta. Riprendo il racconto.)

       … Scrivendoti mi sfogo un po’ perché mi fa bene raccontare e spero che le mie vicende possano essere un utile insegnamento per chi si trova nei guai come me. Ti chiedo di raccontare la storia al posto mio perché i lettori credono a quello che tu gli racconti, mentre a me non mi crede nessuno, nessuno si fida.

     Mi presento: mi chiamo Mariano, ho cinquant’anni. Per ora ti basti questo, più avanti, raccontando, ti fornirò altri particolari. Mi preme invece dirti dove e come mi trovo.

     Sto in un letto d’ospedale, sono sottoposto a nutrizione parenterale, cioè mi danno medicine acqua e alimentazione per via endovenosa. Poi ti dirò il perché. Sono debolissimo e anche scrivere con il notebook mi è faticoso. Però sento che mi fa bene.

     La mia storia è cominciata due anni fa. Allora ero un uomo come tanti: una casa (appartamento in affitto), un’auto (classe B completa di optional come si deve), una buona moglie (sposata per simpatia, ma anche per dovere sociale perché così si usa nel mio ambiente), niente figli, un lavoro da ‘cipputi’ qualsiasi (hai presente Cipputi, l’operaio di Altan?), niente politica. Dunque un trantran di vita normale: casa, bottega, pizza del sabato sera con amici pochi ma buoni, ferie estive a Rimini, Natale con i parenti e Pasqua in giro con un camper noleggiato al momento. Ah, però! Però ero, come tanti, un assiduo navigatore nel web, ma non succubo né schiavo dei social… così almeno credevo.

     Che cosa mi mancava? Nulla! Avevo tutto quello che una persona normale, giustamente modesta ed equilibrata, vuole avere.

     Tutto perfetto? No, perché ti devo rendere noto un piccolo problema familiare: spesso facevo notte fonda al computer e mia moglie si sentiva trascurata e sospettava che io avessi una relazione con qualcuna o qualcuno. Era divenuta gelosa, e quindi indisponente, criticona e insopportabile.

     Per farla breve: il computer mi stava plagiando e perciò la sera, tra il web e mia moglie, sceglievo il web. Dopo qualche tempo lei mi ha lasciato, però non solo perché la trascuravo, ma anche per certe mie idee originali di cui ti dirò qui appresso.

     Navigando da un blog all’altro capita a volte (a me capitava quasi sempre) di trovarsi in un mare di idee tempestose dove ogni orientamento si perde e non c’è bussola che ti dia la direzione corretta; leggi invettive che esplodono come tuoni, pessime notizie (mai che vada bene qualcosa) che sono lampi che ti svelano realtà schifose, statistiche che, come ondate improvvise, sommergono le tue certezze, insulti satirici (quanti! e come volgari!) che, come grandine, distruggono ogni tua serenità… Allora rischi di estraniarti dal mondo reale e diventi succubo di idee distorte … però poi, se sei fortunato, qualche volta trovi un’isola serena dove riprendere fiato, equilibrio e fiducia in te stesso e nella vita. La mia isola della tranquillità è apparsa all’improvviso nella forma di un sito vegetariano.

     Vi sono approdato e ho rinfrancato il mio spirito con le buone intenzioni che vi crescevano come fiori profumati in un giardino meraviglioso. Però non mi ha interessato l’aspetto salutistico della dottrina vegetariana: allora pensavo ancora che una bistecca di tofu non potesse avere il buon sapore di una fiorentina alla brace; ammettevo che quella di tofu fosse più dietetica, che giovasse alla salute, ma per me questo non era importante. Invece quello che mi aveva colpito era stato l’aspetto morale: il rifiuto della violenza sugli animali e la condanna dell’egoistico sfruttamento che ne fanno gli onnivori; mi aveva convinto l’amore per la natura, per l’ambiente e il rispetto per tutti gli esseri viventi.

     Sono dunque diventato, per scelta etica, vegetariano e amico degli animali. Figurati, caro Agostino amico umano, che erano migliorati anche i rapporti con mia moglie perché mi ero convinto che anche lei fosse un animale da rispettare. Non ti pare giusto?

     Mia moglie era rimasta però diffidente e aveva detto:

     “Fai come ti pare. Strambo sei stato sempre, una stramberia in più non cambia la situazione. Però cucine separate perché a me la carne piace e non ci rinuncio. Anzi case separate. Sai che faccio? Per un po’ torno a vivere con i miei genitori. Poi vedremo… torno quando e se la tua testa bacata rinsavisce. ”

     Così, senza drammi e senza litigi, ma con un insulto che ancora mi brucia, lei mi ha lasciato.

     Devi sapere che c’era in casa una coppia di canarini in gabbia. Quando mi sono reso conto che, almeno secondo i principi animalisti, quella era per loro un’orribile prigionia, ho aperto lo sportellino e li ho lasciati liberi di svolazzare nel soggiorno a loro piacimento. E come gradivano! Quando mi mettevo a tavola venivano a beccare le bricioline che gli offrivo ed erano cordiali ed espansivi come il passerotto di Alex Del Piero. Un giorno uno dei canarini ha approfittato della porta lasciata aperta per una mia distrazione ed è volato fuori, in strada.

     In quel periodo c’era un gattone nero come l’inferno, che io chiamavo Nerone per il colore e per la cattiveria, che girava per il quartiere con il solo scopo di procurarsi cibo e risse con i gatti concorrenti. Essendo un eccellente predatore, appena visto l’uccellino svolazzare lo aveva afferrato con evidenti intenzioni mangerecce. Me ne sono subito accorto e ho cercato di impedire il misfatto.

     Il gatto però non si lasciava avvicinare tanto da poterlo afferrare e mi guardava con aria di sfida. Mi sono arrabbiato e impulsivamente ho afferrato uno spazzolone e ho percosso il gatto sulla schiena. Non so, non saprei dire se avevo intenzione di fargli male; così come non credo che voglia far male un soldato che spara al nemico. È una questione di legittima difesa personale ovvero di difesa dell’aggredito.

     Nerone ha subito il colpo, si è rotolato una volta e poi ha cercato di allontanarsi raspando con le zampe anteriori e trascinando penosamente le posteriori. Gli avevo spezzato la colonna vertebrale.

(Continua e finisce domani)

Agostino G. Pasquali

 

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

chi è on line

Abbiamo 662 visitatori online

 

 I libri

di Mauro Galeotti

 

Cartonato - pag. 246 - euro 25,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it

Cartonato - pag. 808, a colori
da euro 120,00 a euro 80,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it