Viterbo CRONACA/RACCONTO LEGGIMI
Oggi, 24 aprile, è una bella giornata, con generosi sprazzi di sole; è però un po’ ventosa e si ingrigisce di tanto in tanto per sporadiche nuvole che sembrano minacciare la pioggia, ma solo per scherzare. Michele sta seduto su una panchina del suo giardino, si gode questo accenno provvisorio di primavera e, come ho detto, ripensa a 69 anni fa.
Chi è Michele?
Michele l’ho già descritto, ma per chi non avesse letto quel mio racconto di Pasqua, dirò brevemente che è un anziano signore; abita fuori città in un casale che ha fatto ristrutturare con buon gusto, ma senza dargli l’aria di una villa. Michele vive solo, in compagnia dei libri e della televisione; la casa è frequentata da una colf a ore, ma questa non è una compagnia; c’è pure un cane più vecchio di lui, più vecchio ovviamente facendo le proporzioni tra la vita degli umani e quella, assai più breve, dei cani. Insomma 74 anni Michele, 16 il cane.
Michele accarezza il cane che gli si è accucciato accanto, e intanto pensa e ricorda.
“Domani è il 25 aprile anniversario della ‘Liberazione’.
In quel 1945 avevo cinque anni e della guerra avevo fortunatamente visto poco, essendo ‘sfollato’ con mia madre dalla città in un paesino tranquillo del viterbese presso certi parenti; ma a proposito della guerra avevo appreso, dalle chiacchiere dei grandi, cose terribili sui bombardamenti.
Un giorno di quell’aprile, non ricordo esattamente la data, stavo giocando con altri bambini nella strada davanti a casa (allora era usuale, non c’era traffico di auto, tutt’al più passava lentamente qualche carro agricolo). Mi si avvicinò un mio zio che aveva un trentina di anni. Di lui avevo sentito dire che era stato soldato, ma dopo l’8 settembre 1943 aveva buttato la divisa e si era dato alla macchia come partigiano. Era ricomparso in paese da pochi giorni con l’aria del vincitore.
Mio zio dunque mi si avvicinò. Aveva sotto braccio un fascio di bandierine di carta rosse, me ne diede una e con un sorriso mi disse: “Tiè, sbandièrece quanto te pare e canta ‘bandiera rossa’ perché è fenita la guerra e avemo vencio!”
Contento per il regalo mi presentai a mia madre sbandierando orgogliosamente.
Mia madre mi strappò di mano quella bandiera e mi rimproverò ricordandomi che mio padre, che era un carabiniere, era ancora prigioniero in Germania perché non aveva buttato la divisa, e precisò che i carabinieri da sempre erano avversi ai comunisti. Quella rossa era la bandiera dei comunisti. E quel mio zio era, nientemeno, un capo dei comunisti”.
Michele riflette. Allora, e per parecchi anni a seguire, comunismo e anticomunismo erano degli ideali e ispiravano la lotta politica nel bene e nel male, ma con una grande dose di buona fede e di sincerità. Dove sono finiti i vecchi partiti? Travolti dagli scandali! Dove sono finiti gli ideali? Il pragmatismo e la convenienza egoistica li hanno sostituiti.
Perché celebriamo ancora il 25 aprile? Chi ci crede veramente? Forse qualche vecchio reduce che, se nel 1945 aveva 20 anni, ora ne ha una novantina.
“Bah! Cerimonie! Solo recite formali!” bofonchia tra sé e sé Michele, che qualche volta si atteggia a scettico blu.
Aggì