Viterbo CRONACA
Stefano Aviani Barbacci


da Lookout News

Buon viso a cattivo gioco

Si vanno sperimentando in Siria cosiddette “de-escalation zones”, aree ove vige un cessate-il-fuoco tra l’esercito di Damasco e i “ribelli moderati” e alla popolazione civile è consentito di spostarsi liberamente. Garanti sono la Russia, l’Iran e la Turchia.

Ciò dovrebbe favorire anche il progressivo dissociarsi degli elementi più “moderati” o nazionali dagli “oltranzisti” stranieri raccolti ora sotto la nuova denominazione di Hay’et Tahrir Al-Sham. Distinguere tra moderati e oltranzisti è un’evidente forzatura (non si contano i crimini di cui si sono resi parimenti responsabili tutti i gruppi terroristici) ma appare funzionale ad offrire ai primi (più spesso “siriani” o “turcomanni” controllati dalla Turchia) una via d’uscita dal conflitto.

Distinguere tra i gruppi armati corrisponde dunque ad un tentativo (a lungo perseguito dalla Russia) di inserire un cuneo nell’alleanza dei “ribelli moderati” e già si registrano defezioni e tensioni tra le diverse componenti, alimentate da sospetti di tradimento. Accettare la Turchia tra i garanti è stato come ingoiare un rospo per Damasco, ma il governo siriano sa bene che una parte dei jihadisti risponde ad Ankara e che non sarebbe possibile fermare il conflitto senza incrinare quella rete di complicità che consente ancora ai terroristi di ricevere armi, munizioni e reclute da oltre frontiera.

Ecco perché la Russia ha fatto di tutto (anche promesse di partnership nella realizzazione del Turkish Stream) per tenere la Turchia dentro i colloqui di Astana. Dunque, buon viso a cattivo gioco…

 

Mohammad Khaddour, inviato a Deir Ezzor, qui assieme ad un gruppo di difensori della città

Ri-schierare più ad est

Il successo delle “de-escalation zones” consentirebbe a Damasco di ri-schierare proprie truppe più ad est. Ormai da tre anni l’ISIS assedia Deir Ezzor, roccaforte siriana sull’Eufrate in cui già avevano trovato rifugio i sopravvissuti alla fulminea avanzata del Daesh nel 2013. A Deir Ezzor è stato inviato un comandante fidato, Mohammad Khaddour, e l’enclave è rifornita con voli notturni di elicotteri da Palmyra.

Vi sono tuttavia oltre 100.000 civili che necessitano d’ogni cosa e la situazione vi permane critica. Non solo… le Syrian Democratic Forces (milizie prevalentemente curde che la nuova amministrazione USA ha deciso di sostenere) si sono impadronite della gran parte del territorio a est dell’Eufrate e sono ora alle porte di Raqqah (la capitale del Daesh in Siria).

Se i Siriani non saranno in grado di raggiungere presto l’Eufrate, il crollo dell’ISIS (dato per probabile entro la fine del 2017) lascerà una parte rilevante del Paese sotto il controllo di milizie che, in varia misura, rispondono al Pentagono. Si rincorrono le voci al riguardo di un’offensiva che dovrebbe portare l’esercito siriano da Palmyra a Deir Ezzor.

Ma c’è in mezzo il deserto ed è percorso da un’unica strada, difesa ostinatamente da miliziani ben riforniti di missili TOW-2 (lo standard anti-carro della NATO). Dunque, si predilige al momento la via che da Aleppo scende verso Raqqah lungo la quale il carismatico comandante Sohail Al Hassan ha già recuperato alla Siria la base aerea di Jirah e liberato molti villaggi nella fertile piana di Maskanah.

 

Sohail Al Hassan, leader eccentrico e carismatico cui la Siria deve molti insperati successi

Non sarà una passeggiata…

Ma la domanda cui è più difficile rispondere è quella sui reali obiettivi della politica USA nella regione. Si crede che una forza militare giordano-statunitense (impegnata al momento nell’esercitazione “Eager Lion 2017”) sia pronta ad attraversare il confine meridionale della Siria dal varco incustodito di Al-Tanf. Oltre quel confine vi sono formazioni di “ribelli moderati” costituitesi in Giordania e che si avvalgono di programmi di assistenza militare autorizzati dalla precedente amministrazione USA.

Non si può escludere, dunque, l’eventualità di un affiancarsi di questi ultimi alla forza giordano-statunitense, similmente a quando altre formazioni di “ribelli moderati”, già costituitesi in Turchia, si erano affiancate all’esercito di Ankara penetrato in Siria attraverso il confine settentrionale. Il comando siriano deve ponderare questa possibilità, tanto più per la consapevolezza di non disporre di riserve sufficienti per opporvisi.

Un intervento dalla Giordania potrebbe accelerare la crisi dell’ISIS, lascerebbe tuttavia in campo le altre milizie qaediste che l’Occidente si appresta a cancellare dall’elenco delle organizzazioni terroristiche (lo ha fatto il Canada pochi giorni fa). Si andrebbe dunque verso quella frammentazione della Siria preconizzata dai pianificatori delle “primavere arabe”. E’ ancora questo l’obiettivo degli USA (e della UE)? Se l’esercito siriano avanzerà su Deir Ezzor non sarà una passeggiata, sono in tanti quelli che hanno tutto da guadagnare da un suo eventuale impantanarsi lungo quell’unica strada di 203 km…

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Tank siriano centrato da un missile anticarro TOW-2 lungo la strada tra Palmyra e Deir Ezzor

La svolta morale che manca

L’obiettivo della pace necessiterebbe di una svolta di tipo politico-morale in Occidente. Perché le armi con sovrimpressi i codici della NATO giungono ancora nelle mani dei terroristi e perché la Siria conta 4 milioni di profughi a motivo di sanzioni economiche e finanziarie che ne hanno messo in ginocchio l’economia e la vita civile.

Armi ai jihadisti e sanzioni alla Siria: due interventi convergenti dal chiarissimo significato politico. Le provocazioni sono poi continue: false notizie subito accreditate per vere ai livelli più alti senza particolari verifiche, attacchi aerei contro le infrastrutture del Paese (quel che resta) o contro il suo esercito e i suoi alleati. Pochi giorni fa, la Coalizione Anti-ISIS guidata dagli Stati Uniti ha colpito l’esercito di Damasco sulla strada di Al-Tanf, non lontano dal confine con la Giordania (una dozzina di vittime e alcuni blindati distrutti). Che diritto ha una Coalizione Anti-ISIS di compiere attacchi contro la Siria?

Ma il significato politico è chiaro dato che Al-Tanf è lungo la direttrice che consentirebbe alla forza combinata di “Eager Lion 2017” di penetrare in Siria… La UE si allinea supinamente agli indirizzi del Pentagono che però non si sa bene se va d’accordo con la Casa Bianca. Quest’ultima appare incapace a proporre una linea costruttiva e coerente e se mostra, per quanto timidamente, di voler aprire un canale di dialogo con la Russia (e con la Siria) è fatta segno da un tiro di interdizione devastante da parte di nemici poco visibili, interni ed esterni, cui volentieri l’Europa (incoraggiata da Soros) si accoda. Servirebbe alla Russia un interlocutore credibile in Occidente, ma dove trovarlo?

 

-        La freccia rossa tratteggiata indica i 203 Km che separano Palmyra da Deir Ezzor. La freccia rossa continua l’avanzata siriana in atto dal nord verso la provincia di Raqqah.

-        In grigio le aree ancora controllate dall’ISIS, in giallo quelle controllate dai Curdi e dalle Syrian Democratic Forces, in verde quelle controllate dai “ribelli moderati”, in rosso quelle controllate dal governo di Damasco

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