Viterbo IL RACCONTO
Agostino G. Pasquali

 

IL RACCONTO: Osvaldo, uno come tanti. Primo racconto - Secondo racconto -Terzo racconto - Quarto racconto - Quinto racconto - Sesto racconto e fine della Prima parte - Settimo racconto, primo della Seconda parte - Ottavo raccontoNono racconto - Decimo racconto

Osvaldo, uno come tanti

11. Teresa.
      Di solito la grandine non cade in modo uniforme e può avvenire che a distanza di poche centinaia di metri ci siano zone dove i chicchi di giaccio siano tanti da coprire il terreno come una nevicata e zone dove invece ci sia stata solo pioggia.

Così era avvenuto nel podere di Osvaldo tanto che, la mattina dopo il temporale, il campo di grano sembrava un prato rasato per metà.
     Sandrone e Osvaldo si erano recati subito dall'assicuratore per fare la richiesta di indennizzo per il danno subito. Sandrone aveva convinto Osvaldo a dichiarare un danno totale, lasciando al perito, che poi avrebbe fatto i controlli, la eventuale riduzione. In effetti non c'era zona che non fosse stata almeno un po' danneggiata, ma per una buona metà del terreno seminato c'era ancora la possibilità di mietere. Almeno questa era la previsione di Sandrone che aveva esperienza di disastri meteorologici e risarcimenti assicurativi. Il perito, poi, sempre a detta di Sandrone, poteva essere 'addomesticato' al momento della valutazione. Non disse come, ma strizzò significativamente l'occhio sinistro.
     Ancora su suggerimento del solito Sandrone era stato dichiarato un danno grave anche al tetto del casale con riserva di presentare il conto della riparazione. In effetti c'erano parecchie tegole rotte, ma la loro sostituzione era un lavoro semplice che si poteva fare da soli senza intervento di specialisti, però conveniva incaricare una ditta di rifare tutto il tetto, e chiedere il rimborso. L'elenco dei danni era infine completato dalla perdita del raccolto di uva e frutta e con l'orto da rifare completamente.

      L'autore di questo racconto ha descritto fin qui Osvaldo come una persona molto corretta, rispettosa delle leggi civili e delle regole morali, e quindi ora gli rincresce di dover ammettere che il medesimo abbia dichiarato un danno molto arrotondato per eccesso, definizione che pecca comunque di benevolenza. Ma Sandrone aveva insistito affinché l'amico 'facesse il furbo' e seguisse la massima del 'così fan tutti'. Aveva solennemente affermato che quella massima era ben conosciuta dalle compagnie di assicurazione che di conseguenza si regolavano in senso opposto, cercando di rivedere i danni al ribasso e comunque dando per certo che sia inevitabile una certa quantità di 'arrangiamenti'. E infatti le tariffe assicurative tengono conto del fenomeno con l'adeguamento dei premi in modo che gli assicuratori ci guadagnino sempre.
     “Questo è il mondo, amico mio! E tu non ci puoi fare niente…” sentenziò Sandrone citando, sia pure in modo approssimativo e forse senza saperlo, la celebre affermazione di Humphrey Bogart nel film 'L'ultima minaccia'. E aggiunse:
     “Osvà, svejete! Nell'Italia di oggi tutti fregano e magnano. E più su se va, più se magna e se frega. Nun hai sentito che l'ha detto pure l'Europa che l'Italia è 'l paese più frega-frega che ce sta? E pure tu che sei tanto scrufoloso… me pare che voi intellettuali dite cosi, o sbajo?”
     “Si dice: scrupoloso.”
     “Vabbè! Pure tu, che sei tanto 'scrupopoloso', chissà quante volte hai accettato de fa' un lavoro in nero o de pagà senza avé la ricevuta, e tutto pe' risparmià su le tasse…”
     E così Osvaldo, non convinto ma vinto da questi sillogismi ingiustificabili in teoria, però in pratica vincenti, si adattò a far parte del grande popolo del 'Cosi fan tutti'.
     Quanto è grande questo strano popolo? Molto, moltissimo. Mi vien da pensare che se un altro Grillo e un altro Casaleggio inventassero un 'Movimentocosìfantutti' prenderebbero il 90% dei voti. Altro che lo stentato 30% del M5S!

     Passarono un po' di giorni dedicati a rimettere ordine e a cancellare i segni della tempesta: asportare i rami rotti e le foglie strappate e ripiantare l'orto.
     Un mattino, era il 28 aprile e il tempo era piuttosto brutto, umido e, se non proprio piovoso, di tanto in tanto piovigginoso; quel tempo caratteristico della primavera, che non è affatto la buona stagione che la tradizione ci rappresenta, ma un periodo di transizione, due passi avanti e uno indietro dal freddo dell'inverno al caldo dell'estate. In aprile l'estate è come un miraggio: un giorno di sole ci illude che sia vicina e un giorno di pioggia ce la dimostra lontana.
    I due amici, o forse ora dovrei considerarli soci, scoraggiati dal tempo brutto si erano messi al lavoro all'interno facendo ordine in un magazzino a piano terra, quando sentirono in avvicinamento il rombo di una motocicletta. Era la 'Enduro' di Teresa, che si fermò proprio davanti al casale con uno spettacolare derapage, sconvolgendo lo strato di ghiaia pazientemente sistemato nei giorni precedenti. Teresa spense il motore, aprì la barra d'appoggio e scese scavallando agilmente. Indossava la sua consueta tuta tecnica e il casco integrale, il tutto di color rosso inferno, così che sembrava un diavoletto anche se le mancavano la coda e le corna.
     “Ciao, belli!” fu il suo saluto. E poi, con la solita disinvoltura, spiegò ai due lo scopo della sua venuta.
     “Il nonno vi vuole alla festa del primo maggio. Ecco gli inviti.”
     Osvaldo prese la busta guardando la siluette di Teresa con aria apertamente ammirativa perché la tuta aderente mostrava tutta la giovanile bellezza del suo fisico e commentò:
     “ Ma che bel messaggero degli dei, un Mercurio 'due punto zero'! Però dovresti venire con un mezzo volante, chessò, un elicottero, non una motocicletta… Volando, saresti un angelo, che vuol dire appunto messaggero. Così, in rosso, sembri una diavoletta tentatrice... bona però!”
     Era forse la prima volta da quando era stato lasciato da Gina che Osvaldo dimostrava apertamente l'interesse per la femminilità. Lo faceva a modo suo, con parole un po' ricercate e sfoggiando la sua istruzione classica. Teresa lo notò, fece una mossetta finto-ingenua ancheggiando e replicò:
     “Così è se ti pare, mio giovane Pirandello! Io sono l'uno e l'altro, un po' diavolo e un po' angelo. Ma non ti allargare troppo…”
     “Piuttosto… lasciamo stare angeli, demoni e teatro. Mi spieghi perché vieni tu a fare la messaggera o, detto più prosaicamente, la postina? Non mi pare che questo sia il tuo lavoro…”
     “Sono una molto curiosa e ho colto l'occasione per vedere come ve la cavate, due uomini soli…” e sorrise piuttosto ambiguamente.
     Teresa restò per circa un'ora informandosi dei danni della grandine e parlando degli argomenti più vari: politica sport economia, ma senza entrare in argomenti sentimentali, anzi evitando accuratamente di lasciarcisi coinvolgere, quando Osvaldo li toccava come per caso ma in realtà con la precisa intenzione di sondare una disponibilità di lei per un rapporto di amicizia e qualcosa di più.

     La sera, dopo la cena, Osvaldo chiese all'amico Sandro se conosceva bene Teresa e se gli poteva dire che tipo era, chi frequentava, se aveva rapporti con un uomo, se il suo venire a stuzzicarlo poteva essere una manifestazione di interesse. Sandro sorrise maliziosamente e chiese:
     “Perché? Mi sa che a te quella ti piace. Dico bene?”
     “Beh, sì. Lei mi stuzzica e a volte ci faccio un pensierino. Ma sono stato fregato una volta… anzi diverse volte. Anche prima di Gina ho avuto qualche flirt, roba più che altro innocente, ma mi sono sempre scottato.”
     “Non so che dirti, di preciso. Quello che so è che nun c'ha fidanzato, nun ce l'ha mai avuto. Qualcuno insinua che è lesbica. Però, per quello che se sa, nun c'ha manco amicizie strette femminili che se possa penzà… hai capito? Ma, se t'interessa, perché nun chiedi a Gavino? Me pare che esso t'ha preso in simpatia e, penzo, che nun je dispiacerebbe…”
     E Sandro fece un gesto significativo accostando e scostando ripetutamente gli indici delle mani per significare la formazione di una coppia.
     “Eeh, Sandro, quanto corri!” rispose Osvaldo. Il quale però telefonò a Gavino con la scusa di ringraziarlo per l'invito e, con molta diplomazia, gli chiese qualche notizia su Teresa. Gavino gli rispose in modo brusco, ma non scortese:
     “Non è argomento da trattare per telefono. Se hai tempo e voglia di sapere, viene domani mattina a trovarmi. Tanto le previsioni del tempo non sono buone e ti puoi prendere una pausa dal lavoro.  Però vieni solo. Ti sta bene verso le undici?”
                                                                    *     *     *
     Il giorno dopo, alle undici precise, Osvaldo stava nella grande stanza della casa di Gavino, quella che era salotto e studio insieme, e ascoltava attentamente.
     “Caro Osvaldo, so che hai un certo interesse per mia nipote Teresa e avrai notato che la cosa non mi dispiace. Per esempio al pranzo di pasquetta ti ho fatto mettere vicino a lei, perché mi sembra che anche lei abbia interesse per te. Questo mi fa molto piacere dato che è ora che Teresa trovi un po' più di equilibrio e di pace. Però vengo al dunque senza giri inutili di parole: un eventuale fidanzamento tra voi due non è facile. Non vorrei dire impossibile… ma stammi a sentire. Il racconto che sto per farti è confidenziale e mi devi promettere, anzi giurare, che non lo riferirai mai a nessuno. Lo giuri?”
     “No, non posso giurare, perché non credo nel giuramento. È una formula di comodo che ognuno si gestisce poi come gli pare. Certo, non mi costerebbe nulla dirti: “Lo giuro…”, ma sarebbe una falsità, un inganno. Invece ti devi accontentare di una promessa solenne. Ti prometto che non riferirò a nessuno quello che mi dici in via riservata.”
     “Ti capisco e la tua sincerità è sufficiente per crederti. Accetto la tua promessa ed ecco in breve il racconto che sto per farti. Ti sembrerà una storia ottocentesca, qualcosa come un romanzo di Émile Zola. Ma è tutto vero. Disgraziatamente, drammaticamente vero.
     Dunque, Teresa è nata ventotto anni fa ed è cresciuta in una buona famiglia qui in questa specie di tribù del Quercione; è stata una normale bambina, poi è divenuta un'adolescente come tante. Nel 2003 era una bella quindicenne, precoce fisicamente come sono spesso le donne di origine sarda, allegra e piena di vita anche più di come la vedi ora. E attirava l'attenzione dei maschi. Così, un giorno…”
     Gavino si fermò un attimo, chiaramente emozionato nel raccontare una storia tragica che avrebbe voluto dimenticata per sempre.
      “… un giorno venne stuprata… e rimase incinta. Non disse nulla neppure in famiglia. Era già allora una persona decisa e autonoma, ma priva d'esperienza, e perciò pensò di risolvere il problema da sola con… l'aborto. Chiese aiuto a un'anziana parente che qui da noi aiutava le donne che partorivano in casa. Non stupirti di questo. Oggi si partorisce in ospedale, in clinica, ma una volta, intendo fino agli anni quaranta, cioè prima della guerra, il parto era un evento di famiglia, da fare per lo più a domicilio con il solo aiuto dell'ostetrica, talvolta pure senza, ma con l'assistenza di una parente anziana ed esperta come un'infermiera. Però in certi ambienti tradizionali come il nostro, ancora oggi, se il parto si presenta semplice, lo si fa in casa, ovviamente anche con l'assistenza di un'ostetrica.
     C'era appunto una vecchia parente, di cui non dico il nome, molto esperta perché aveva assistito a numerosi parti. Quella donna, devo ammetterlo, utilizzava, e forse utilizza ancora, questa sua esperienza per aiutare le donne 'nei guai'… le aiuta ad abortire. Richiesta da Teresa, aiutò anche lei…”
     Gavino fece un'altra pausa. Si vedeva bene quanto gli era difficile il racconto. Ne approfittò Osvaldo per eccepire:
     “Ma con la legge 194, che c'è da tanto tempo, non sarebbe stato meglio abortire in ospedale?”
     “A te sembra semplice, ma Teresa voleva che nessuno sapesse, nemmeno la famiglia e ne aveva ottimi motivi. Aveva nascosto lo stupro e poi la gravidanza. Non poteva dire tutto in ritardo scatenando chissà quali reazioni.”
     “Sì, capisco. Teresa è forte, orgogliosa… ma, mi pare che un aborto in quelle circostanze, cioè dopo una violenza fisica, non dovrebbe essere qualcosa di cui vergognarsi, non dovrebbe essere un dramma. Cioè, voglio dire, lo è sul momento, ma a distanza di anni… quanti ne sono passati? Almeno una dozzina. Ora per Teresa dovrebbe solo essere un brutto ricordo. E comunque per me non è assolutamente una difficoltà.”
     Gavino scosse la testa in un modo che per Osvaldo significò che non era stato detto tutto. E quindi chiese:
     “Ma c'è dell'altro?”
     “Purtroppo sì. Il tentativo di aborto andò male. Teresa ebbe presto forti dolori e, il giorno dopo, un'emorragia. Fu necessario chiamare il 118, venne ricoverata e operata d'urgenza perché il caso apparve subito grave. Teresa rischiava di morire e…”
     “E…?”
     “… e  venne isterectomizzata… Teresa non può più avere figli.”
     “Posso chiedere chi fu il responsabile e se è stato denunciato?”
     “No! Non ti posso dire il colpevole. Comunque non fu denunciato. Sai? L'onore della famiglia per noi è importante. Fuori della famiglia nessuno ha saputo niente… almeno lo spero. Si disse che Teresa aveva un tumore ed era stata operata. La gente qui ci ha creduto.”
     A Osvaldo venne un orribile dubbio. Non sapeva se gli conveniva esternarlo rischiando di offendere. Ma la necessità di sapere non poteva essere trascurata.
     “Però tu sai tutto. Come mai? E ti prendi tanta cura di Teresa. Come mai? Hai… dei rimorsi? Non sarai stato tu a…?”
     Gavino ebbe uno scatto con la testa come se fosse stato schiaffeggiato. Reagì con parole dure.
     “Non ti permettere… Come puoi pensare una cosa simile? Se lo pensi vuol dire che lo stupro per te è roba normale. Pensi che io l'ho fatto? Vuoi dire che tu lo faresti, e magari l'hai fatto.”
     “Scusami. Sono stato sciocco. Non so nemmeno io come ho pensato una cosa simile…”
     “Sì, sei stato proprio sciocco e impulsivo. Impara a riflettere prima di tirare una conclusione così grave. Ti pare che se fossi io il colpevole Teresa mi vorrebbe bene? Come hai visto con i tuoi occhi… Comunque, ripeto, non posso dirti altro. Forse Teresa, se saprai conquistare la sua fiducia e il suo amore, te lo dirà lei… come l'ha detto a me che mi considera un nonno, e con i nonni ci si confida più che con i genitori.”
     Rimasero un po' in silenzio. Osvaldo meditava sul suo solito difetto di agire o parlare prima, e ragionare dopo; si propose di cambiare, di costringersi ad essere più prudente. Gavino aveva capito l'errore di Osvaldo, glielo aveva subito perdonato e si preparò a una ulteriore rivelazione.
     “Devi sapere, Osvaldo, che Teresa soffrì molto per quel disgraziato avvenimento. Cadde in depressione e dalla depressione uscì lentamente. Ora sta bene. Di solito è come l'hai conosciuta, allegra ed espansiva, ma di tanto in tanto ha momenti di tristezza. Ma la conseguenza più grave del… chiamiamolo incidente, è che non è stata più capace di avere un rapporto affettivo con i maschi. Si comporta cordialmente con tutti, ma appena uno tenta un approccio fisico, lei si chiude in sé, spaventata, e oppone un rifiuto assoluto e ostinato. A me ha spiegato che ha una vera e propria repulsione, una fobia come quella che tanti hanno per i serpenti o i ragni. Capisce che non c'è niente di male o di pericoloso nella carezza di un uomo, ma appena si sente sfiorata come donna, si irrigidisce e si nega.”
     “Ma allora, io? Mi sono illuso? Che devo fare?”
     “Questo è il motivo per cui ho voluto parlarti e ti ho detto cose che nessuno sa, nemmeno nella famiglia. Perché il tuo modo di dimostrare a lei che ti interessa, senza però tentare subito un approccio sensuale, le è piaciuto, l'ha fatta sentire sicura. Non ha avuto la solita reazione fobica, anzi si è sentita attratta da te. Sembrate fatti l'uno per l'altra, che siate predestinati. Tu credi nel destino?”
      “No, non ci credo.”
      “Nemmeno io. Però ci sono al mondo avvenimenti inspiegabili o casuali, come vincere al lotto. Se vinci, tu non sai per quale meccanismo hai vinto, ma hai vinto e questo è buono.
     Per il bene che voglio a Teresa e per la stima che ho avuto subito nei tuoi confronti spero… anzi, no, non spero, ma sento che la Divina Provvidenza, o il caso, o il destino, o … quello che ti pare, abbia fatto incontrare voi due, per il vostro bene.”

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