Montefiascone L'OPINIONE
Giuseppe Bracchi – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
mons. Carlo Caffarra
Ecce sacerdos magnus, qui in diebus suis placuit Deo. Euge, serve bone et fidelis. Intra in gaudium Domini tui”.
Ad appena una settimana dalla morte di mons. Carlo Caffarra, un’altra delle menti più vigili e più lucide del Vaticano II ha raggiunto la casa del Padre. Si tratta di mons. Brunero Gherardini. Aveva 92 anni.
Nato a Prato, mons. Gherardini è stato maestro di intere generazioni di sacerdoti, poi divenuti vescovi e cardinali. Per tanto tempo docente presso la Pontificia Università Gregoriana, esponente della Scuola Romana, ha poi insegnato nella Pontificia Università Lateranense quale ordinario di Ecclesiologia ed ecumenismo, guidando la delicata fase di transizione del post concilio ed il passaggio al nuovo ordinamento accademico. E’ stato uno dei massimi esperti e conoscitori di Lutero e dei rapporti fra cattolici e protestanti.
Fra le opere di mons. Brunero Gherardini, resta, a mio avviso, quanto mai di stringente attualità il volume su “Il Vaticano II. Alle origini di un equivoco”, dove l’evento conciliare, a parere dell’Autore “deve essere colto al di là delle apparenze e che di queste occorre liberarsi, per la gioia di toccare con mano la sua verità”.
Ogni capitolo, ogni paragrafo di questo excursus storico sono un contributo di esegesi biblica, di filologia, di storia ecclesiastica, filosofica e teologica, magari non di ampio respiro come fu Iota Unum di Romano Amerio, altro vigile maestro della Tradizione e della fede, ma comunque in grado di dimostrare che il colpo di mano del 13 ottobre 1962 portò il Concilio Vaticano II sulle posizioni alle quali “si erano opposte le sue Commissioni preparatorie”. Ne dipese l’equivoco di quell’antropocentrismo che allineò teologia e modernità, nonostante la radicale irriducibilità del pensiero moderno e della dottrina cattolica e di cui il frutto più maturo è stata l’elezione al soglio pontificio di Bergoglio.
Avremo modo di approfondire i retroscena di queste elezioni. Intanto accontentiamoci di un anticipo. Ma avanti ancora dall’anticipare, segnalo una delle ultime bergogliate. “Non posso perdonare i pedofili…” Ipse dixit. Ormai pare che uno degli equivoci attuali del Vaticano II sia la commistione dei ruoli, ovvero il confine labile fra Cristo, di cui Bergoglio dovrebbe – e sottolineo dovrebbe – essere vicario, e Bergoglio stesso. Eppure non aveva fatto il Bergoglio della misericordia, il tratto distintivo del suo pontificato? Non posso perdonare. La figura di Cristo al confronto impallidisce. Il figlio di Dio che aveva perdonato i due ladroni dall’alto della Croce e salvato l’adultera dalla lapidazione, si è visto superare dal vicario. Dio perdona, Bergoglio no. Vicario di Cristo o emulo di Terenc Hill? Continueranno a chiamarlo…. Trinità.
E veniamo ora all’anticipo annunciato. La legge di Murphy. Murphy, chi? Precisamente il card. Cormac Murphy O’Connor, il prelato che avrebbe avuto un ruolo determinante nell’elezione al soglio pontificio del card. Jorge Mario Bergoglio. In Gran Bretagna, è appena uscito un libro, “Le Chiavi e il Regno”, dove emergerebbero non pochi, nuovi elementi per capire certi retroscena dell’elezioni di Bergoglio, che non solo sarebbero in contrasto con quanto disposto dalla Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis sull’elezione del Sommo Pontefice, ma addirittura rasenterebbero la simonia. Arrivederci alle prossime puntate.