Viterbo CRONACA puntata monotematica

 

La Pietà Rondanini

Di tanto in tanto scrivo per questo vocabolario una puntata monotematica. Questa è una puntata monotematica dedicata al (non)rapporto tra Arte e Pacifismo.


Aggì

A   come  :  Autoreferenziale, Autoreferenzialità

     ‘Autoreferenziale’  è un aggettivo un po’ ricercato, tecnico, di uso non raro, anzi di uso piuttosto frequente, e spesso usato non appropriatamente per mettere in difficoltà chi fa discorsi ‘dal pulpito’. Lo usano i politici per accusarsi l’un l’altro di non condividere le idee altrui, ma di rimanere arroccati sulle proprie. Questa è cocciutaggine, sicumera, egocentrismo, non è autoreferenzialità. Oppure è diretto contro i politici quando vengono rimproverati di non curarsi dell’opinione comune, di non seguire il parere degli elettori. Ma nemmeno questa è autoreferenzialità, è piuttosto presunzione e scarso rispetto degli elettori.

    Autoreferenzialità è avere delle idee senza verificarle con spirito critico,  predicarle senza curarsi che altri le ascoltino, senza sollecitare un confronto, anzi evitandolo accuratamente, restare chiusi in sé o in un gruppo ristretto elitario, auto compiacersi di queste proprie idee come se fossero un gioiello prezioso da custodire.

     Autoreferenzialità è fede cieca.

     Talvolta l’autoreferenzialità convive con l’utopia, anzi si nutre di utopia.

     Gentile lettore! Le risparmio una disquisizione sull’utopia, sia perché ne ho già scritto (Vocabolario Impertinente - Parte 21), sia per evitare una sua probabile reazione tipo : “Me stai a rrompeee!”

 

A   come  :  Arte

     Le riflessioni esposte sopra mi sono state suggerite dalla lettura dell’articolo “La funzione critico-utopica dell’opera d’arte” pubblicato su questo giornale il 7 luglio a cura del  "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo.

    Leggo da tempo gli articoli pubblicati da quel Centro e ne apprezzo e condivido i contenuti, ispirati da una sincera passione per la pace;  ma qualche volta, non sempre, ma - ripeto - qualche volta mi viene il dubbio che l’autore o l’ispiratore di turno sia un po’ utopico, ovvero - come ho chiarito sopra - anche autoreferenziale. Nel caso di cui tratto l’ispiratrice è Giselle Dian, disegnatrice, pittrice, grafica, studiosa di fenomeni artistici e comunicazione multimediale.

      Riporto con il copia-incolla due frammenti dell’articolo citato:

“… e' stato argomentato come l'opera d'arte svolga una funzione di critica della realta' esistente e quindi si ponga costitutivamente in opposizione alla violenza dominante nella societa', quella violenza denunciando e smascherando, integralmente contrastandola”.

L'arte convoca alla lotta per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani; convoca alla lotta per proteggere il mondo vivente dalla distruzione”.    

     Non posso condividere la ossimorica fede, irenica e insieme bellicosa, di Giselle Dian, che piega l’arte ai suoi fini, siamo pure essi pregevolissimi.

     L’arte è libera espressione del sentimento e della creatività e non può essere, non deve essere, orientata o finalizzata a obiettivi specifici, sia pure alti e nobili come “la ricerca per la pace e i diritti umani”. La storia dell’arte è piena di opere ispirate da tutt’altro sentimento, diverso dalla pace, anzi spesso quelle opere sono state ispirate dalla guerra (come trionfo), dalla lotta (per la conquista), dalla vittoria (del più forte). Ciò è verificabile facilmente nell’arte figurativa e nella letteratura, ma lo si ritrova anche nella musica.  Queste non sono forse opere d’arte? Eppure queste opere celebrano ed esaltano il contrario della pace.

     In linea di principio l’arte non deve avere alcun fine, ma l’artista ha comunque il diritto di ispirarsi liberamente. Anche l’arte astratta nasce da un’emozione, da un’ispirazione, ma non dimostra né evoca alcunché di specificato. In sostanza, un’opera d’arte tanto più può definirsi “universale” quanto più trascende il motivo che l’ha ispirata.  E tanto meno un’opera è arte, è “universale”, quanto più è didascalica, quanto più è dimostrativa di una tesi.  

      Un’opera d’arte deve tendere all’universale, cioè a farsi “sentire” da tutti, nel presente e nel futuro. Se invece è finalizzata ad uno scopo e interessa coloro che da quello scopo sono toccati, sia pro sia contro e in quel certo momento, questa opera non è arte, ma artigianato (con tutto il rispetto per l’artigianato, ovviamente).

 

O   come  :  Ottimismo?

     Il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" enuncia spesso fiducia nella possibilità di realizzare una pace universale,  ripetendo che “la nonviolenza è in cammino” e mostrando un ottimismo che sa un po’ di autoreferenzialità. Ciò mi stupisce anche perché mi sembra in contrasto con quello che il responsabile del Centro, Peppe Sini, persona attivissima sensibile e aperta, pensa e scrive di se stesso.  Riporto da Voci e volti della nonviolenza, n. 289 del 21 gennaio 2009 : “… sono un materialista che non si fa illusioni … non sono e non mi ritengo affatto né una voce né un volto della nonviolenza (ci mancherebbe), sono solo un vecchio e corrucciato militante politico e un povero ed amaro amico della nonviolenza, e naturalmente un pessimo carattere perennemente insoddisfatto di sé.”

      Neanche io mi faccio illusioni. Però credo che sia giusto ed onorevole lottare contro ogni violenza e ogni ingiustizia. Ma attenzione, amici pacifisti! voi lottate contro la violenza fisica, e lottate soprattutto con le parole. Tuttavia esistono anche una violenza e un’ingiustizia verbali che possono far  male come la violenza fisica, e talvolta dalla violenza verbale nasce anche quella materiale, come ci documenta la cronaca di tante dimostrazioni di piazza nate pacifiche e finite in assalti, danneggiamenti, ferimenti e anche morti. Quante volte proprio voi pacifisti ne siete stati protagonisti e vittime?

     La nostra natura umana è quello che è. Vorremmo essere tutti belli, sani , giovani, ma la nostra natura ci rende, col tempo, decadenti, malati e vecchi. Forse nasciamo pacifisti (ma non ne sono sicuro), e in seguito la nostra natura, col crescere, ci rende aggressivi: è la lotta per la vita.  Credo dunque che l’aggressività, più o meno violenta, sia insita nella natura umana. L’educazione la può controllare e  sublimare (per esempio: con lo sport, con la meritocrazia), ma non ci trasformerà mai in tanti San Francesco o Gandhi. Non ci sarà mai una vera, completa e duratura pace francescana e neppure gandhiana … “finché il sole risplenderà su le sciagure  umane” (il virgolettato è tratto da “Dei Sepolcri”di Ugo Foscolo, un pessimista , molto più pessimista di me e perfino di Peppe Sini).

 

U   come  :  Universalità (dell’Arte)

     Forse il mio discorso sull’universalità dell’arte, e sulla sua alterità rispetto a tesi da dimostrare o fini da perseguire, può sembrare un discorso fumoso e addirittura autoreferenziale. Quindi cerco di spiegarmi meglio con un esempio.

     Michelangelo Buonarroti scolpì, come sua ultima opera, una ‘Pietà’, la così detta‘Pietà Rondanini’ (così detta perché fu per un certo tempo proprietà della famiglia Rondanini, ma non è questo che interessa). Vi lavorò fino a pochi giorni prima di morire e neppure riuscì a finirla.

     Michelangelo si ispirò ovviamente ai sentimenti di Maria, madre di Gesù, quando ebbe fra le braccia il figlio morto. Michelangelo però, in quell’opera, non ha espresso solo il dolore di Maria, ma il dolore di ogni madre, di ieri di oggi di domani. Quel dolore rappresenta il dolore di ogni madre per ogni figlio perso per una malattia, per un incidente, per una violenza, per una guerra.

Nella più celebre ‘Pietà’ di Michelangelo, che si trova in San Pietro, è riconoscibile l’ispirazione religiosa. Nella ‘Pietà Rondanini’ la religiosità svapora nel dolore universale, che non ha colore né politico né religioso.

       Henry Moore, uno degli scultori più originali e rappresentativi del secolo scorso, ha definito la Pietà Rondanini come “la scultura più commovente mai realizzata”.

     Questa è l’universalità dell’arte.

Aggì