Piazza della Rocca con la Rocca e la ex Caserma Giulioli negli anni '40

Viterbo CRONACA
Simonetta Valtieri, architetto viterbese, Professore Emerito di Storia e Restauro dell'Architettura dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria

Nell’ultima riorganizzazione del MIBACT, resa nota da pochi giorni, l’istituzione a Viterbo di una nuova Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la provincia di Viterbo e per l'Etruria Meridionale, che sembra giustificarsi “idealmente” nel territorio già Patrimonio di San Pietro in Tuscia con capitale a Viterbo, se attuata in modo ‘repentino’, dal punto di vista “pratico” porterebbe al caos e ad un allentamento della rete della tutela.

La ‘Storia della Tutela’ del territorio viterbese si trova oggi raccolta a Roma nelle strutture che per oltre un secolo l’hanno esercitata, ed è quindi necessario del tempo per organizzarne lo spostamento.

Sarebbe più proficuo, per ora, avviare la nuova sede come Ufficio distaccato dell’attuale soprintendenza di via Cavalletti a Roma, garantendovi la presenza di personale tecnico per alcuni giorni la settimana, a servizio dei cittadini oggi obbligati a recarsi a Roma.

Un trasferimento repentino delle ‘carte’ da Roma, ammesso che fosse possibile, interrompendo la continuità e la velocità delle procedure, causerebbe un lungo periodo di stasi e di disagio per i cittadini, trovandosi le pratiche pregresse, necessarie per l’istruttoria, tra gli incartamenti ‘imballati’ e da risistemare, non reperibili né a Roma né a Viterbo.

Le pratiche paesaggistiche più “pericolose” per il territorio soggette a regime ordinario, rischierebbero di passare per silenzio–assenso in difetto del necessario personale amministrativo per la protocollazione, oppure, se correttamente “ingressate”, di fermarsi a lungo per il necessario – ma difficile per le ragioni sopra esposte – esame istruttorio.

Va comunque considerato quanto evidenziato sui giornali dai sindacati ministeriali, che paventano la quasi assenza di personale nel nuovo ufficio, in quanto la maggioranza dei dipendenti della sede romana, “una sede centrale e raggiungibile anche dai pendolari”, “per ragioni di conciliazione vita-lavoro non potranno trasferirsi a Viterbo”.

Dunque la tutela non verrà “valorizzata”, come annunciato, ma difficilmente esercitata, e con essa subirà rallentamenti la stessa valorizzazione.

L’edificio di piazza della Rocca ex Caserma Giulioli, posto tra la Rocca Albornoz e le Scuderie bramantesche, indicata dall’Assessore del Comune di Viterbo, Laura Allegrini, sarebbe una sede ideale per la Soprintendenza, idonea anche per organizzarvi mostre connesse alle attività svolte sul territorio viterbese, ma richiede i tempi necessari alla sua acquisizione e rifunzionalizzazione con idonei uffici per le necessarie strutture tecnico-scientifiche e amministrative.

Il Museo nazionale Etrusco della Rocca Albornoz di Viterbo, potrebbe interagire con la nuova sede, seppur mantenendo la propria specificità.

Altra considerazione va fatta sulla denominazione e le competenze territoriali del nuovo ufficio di tutela.

Pur ritenendo fondamentale per Viterbo lo studio e la valorizzazione delle antichità etrusche, non si può dimenticare che il suo territorio ha importanti risorse riferibili a periodi storici successivi, anche se soltanto di recente (in particolare dopo la pubblicazione di Viterbo nel Rinascimento del 2012) si sta riscoprendo il patrimonio rinascimentale della città, patrimonio peraltro connesso al suo ruolo di capitale del Patrimonio di San Pietro in Tuscia.

La scelta di una sede su piazza della Rocca sembra quindi corretta, anche per assommare gli edifici ivi presenti un interesse culturale sotto tutti gli aspetti sopra citati: per il contenuto, archeologico, della Rocca, e per la vocazione dello spazio urbano a polo della città Rinascimentale, con le emergenze della Rocca Albornoz divenuta residenza papale e ristrutturata da Bramante, delle sue Scuderie a Sallupara (in via di recupero), del complesso di San Francesco (non abbastanza valorizzato, da cui proviene la Pietà di Sebastiano dal Piombo).

Costituisce il punto di partenza di un percorso scandito dalla presenza di altri, preziosi, edifici rinascimentali: attraverso via Cairoli si arriva al Tempietto della Peste e alla chiesa degli Almadiani, si raggiunge il centro della città con il palazzo del Comune, e attraverso la via Maria SS. Liberatrice si arriva all’eccezionale chiostro della SS. Trinità, lungo il percorso tangenziale, voluto dal cardinal Farnese per arrivare direttamente alla Rocca, che conduce alla vignolesca porta FAVL.

Fuori è la valle di FAVL – il cui nome racchiude la storia diffusa da Annio sulle origini mitologiche della città di Viterbo – e da lì si irradia il percorso che conduce al Bullicame, ai Bagni e alla vasta area verde che arriva fino alle masse di San Sisto, tutta da riscoprire, tutelare e valorizzare, nel rispetto del suo paesaggio culturale, scarsamente antropizzato, con insediamenti agricoli uniti a numerose presenze architettoniche e archeologiche.

Ricordata tra gli altri da Marziale, Tibullo, Vitruvio, Seneca e Dante, a chi arrivava da Roma attraverso l’antica via Cassia, l’area descritta si poneva come una vasta pianura biancastra ricca di edifici termali.

Oggi costituisce un ‘paesaggio culturale’ dalle caratteristiche uniche, tali da poter consentire la sua iscrizione alla lista del Patrimonio Mondiale qualora venisse redatto un management plan con il programma a medio-lungo termine della sua conservazione e gestione dei processi di cambiamento (management of change). Quest’area, a piena ragione, è stata recentemente vincolata dalla Soprintendente Margherita Eichberg.

Se il vincolo apposto si sovrappone e contrappone a pregresse ipotesi di sviluppo previste dal piano regolatore, alla costruzione di nuove strade a scorrimento veloce o di nuovi grandi complessi (alla base delle pur comprensibili obiezioni dell’ANCE, fondate sulla presunzione di diritti acquisiti), va considerato che il suo inserimento nel piano Paesaggistico regionale vede quest’ultimo prevalere per legge su eventuali disposizioni difformi contenute negli strumenti urbanistici.

Ma va considerata, soprattutto, la nuova visione di sviluppo sostenibile che si è affacciata all’apertura del nuovo millennio, e che sta premiando numerose realtà italiane ed europee che ad essa si sono adeguate. Nel 2000 gli Stati membri d’Europa, constatando il degrado del loro paesaggio culturale e la crescente diminuzione della diversità biologica e paesaggistica, hanno sottoscritto a Firenze la “Convenzione Europea del Paesaggio”, facendo emergere la sua natura antropica, riscoprendo in esso l'importanza del ruolo dell’azione umana e la nozione più ampia di paesaggio culturale della vita quotidiana, che richiede una cura permanente.

Nel corso degli anni successivi sono state definite politiche per la salvaguardia e gestione del patrimonio paesaggistico, riconoscendone l’importanza culturale, ambientale, sociale, storica, quale componente del patrimonio europeo ed elemento fondamentale a garanzia della qualità della vita delle popolazioni.

In Italia ne è derivato il Codice dei beni culturali e del paesaggio (2004, con modifiche successive), che attribuisce al MIBACT il compito di tutelare, conservare e valorizzare il patrimonio culturale e paesaggistico italiano, recuperando le competenze già quasi esclusive delle Regioni.

Il territorio italiano è più degli altri un palinsesto culturale, che attraverso “segni” soggetti a scomparire giorno dopo giorno, fornisce a chi sa interpretarlo informazioni sulla sua storia. La memoria del passato è trasmessa non solo dagli edifici dei centri storici, ma da quelli isolati nelle campagne, dai colori connessi ai materiali dei luoghi, dalle tecniche costruttive locali, dai tipi di coltivazione: cose che ci raccontano le variazioni subite con le diverse trasformazioni, nei secoli, della società e dell’economia.

L’Università di Viterbo ha un ruolo importante nell’individuazione delle diverse risorse locali, e i piani e i progetti che investono il territorio debbono essere attenti alla conservazione delle sue peculiarità, in quanto la salvaguardia degli elementi fisici che contribuiscono alla formazione del valore paesaggistico, la valorizzazione delle preesistenze storico-archeologiche, la qualità architettonica di quanto di nuovo si può costruire in armonia con la sua continuità visiva, gli insediamenti agricoli tipici da recuperare, costituiscono la base dello sviluppo sostenibile.

Possibile che Viterbo, ricca di storia e di monumenti, non scelga di incardinare il suo sviluppo sulle valenze della storia e del “paesaggio culturale” locale, denso di beni, anche immateriali, arricchendo il suo patrimonio di ulteriori risorse valorizzanti, anche in chiave economica, avendo esse assunto un valore riconosciuto e ricercato dalla società contemporanea?

Purtroppo le azioni politiche sono tese ad ottenere un riscontro immediato; ma se l’importanza da dare alla conservazione e alla tutela delle diversificate specificità da valorizzare non sono solo “parole”, bisogna avere il coraggio di impegnarsi per trasmetterle alle generazioni future, operando e pianificando in modo da proteggere ed esaltare quei valori che garantiscono, in un mondo globalizzato, l’identità culturale del territorio viterbese.

È necessario per questo istaurare un rapporto armonico tra tutela, valorizzazione e gestione, passando, in coerenza con le politiche comunitarie, da un approccio di progetto a uno di programma.

Nell’attuale divisione tra tutela e valorizzazione, disciplinate dal Codice, è ribadita la subordinazione di quest’ultima alla tutela. Nella realtà contemporanea, per contro, il nuovo Umanesimo che mette al centro l’uomo quale potenziale acquirente di beni e servizi considera il patrimonio culturale una merce come le altre, determinando la preminenza delle operazioni di valorizzazione dei monumenti e dei siti più famosi, a discapito della tutela e della valorizzazione del patrimonio diffuso, culturale e paesaggistico.

Va invece compreso, alla ‘macroscala’ – dove la conservazione del patrimonio storico si pone in rapporto con la politica e l’economia – il potenziale valore del patrimonio meno noto. E va capito che solo in questo modo, con le azioni di tutela, resteremo detentori di tutto ciò che è autentico, non riproducibile, dunque immensamente più prezioso.

 

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

chi è on line

Abbiamo 844 visitatori online

 

 I libri

di Mauro Galeotti

 

Cartonato - pag. 246 - euro 25,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it

Cartonato - pag. 808, a colori
da euro 120,00 a euro 80,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it