Viterbo CRONACA Comunque alla fine tutto si concluse in una risata
di Bruno Matteacci

Eravamo nel periodo della vendemmia dell'uva dell'anno 1945, avevo vari amici con cui passare la giornata facendo nuovi giochi e qualche marachella.

Quel giorno, Renato Feliziani, il fratello Marcello ed io decidemmo di trascorrerlo in solitudine in un piccolo appezzamento di terra, coltivato a vigneto che si trova prima dell'ingresso del cancello dello stabile chiamato Occhi Bianchi, sito sulla strada Tuscanese, dove abitavamo tutti e tre.

Il piccolo terreno, ma grande nella produzione era condotto a mezzadria da Flavio Feliziani, padre dei miei due compagni di gioco, con il quale la mia famiglia aveva ottimi rapporti di amicizia e di buon vicinato.

Eravamo giunti al tramonto, verso l'ora che i militari usufruiscono della libera uscita. 
A circa un chilometro dal luogo dove stavamo trascorrendo la giornata era ed è la sede dell'aeroporto dove erano molti militari che prestavano il servizio.

La strada Tuscanese passava proprio a filo del terreno e i militari, diretti a Viterbo, passavano a circa un metro dalla rete di divisione del terreno dalla strada pubblica.

Tutto iniziò con la richiesta, fattaci da un militare, per ottenere, gratuitamente, un grappolo di uva, richiesta che soddisfacemmo con piacere.

Ma la cosa non finì lì in quanto altri militari si fermarono per fare analoga richiesta, cosa che Renato ed io assecondammo con piacere, però alle condizioni da noi volute, cioè richiedemmo il pagamento di una modesta somma per ogni grappolo d'uva.

I militari di passaggio erano tanti, penso che il loro appetito e il gusto di mangiare uva fresca non era da meno, infatti, si creò una piccola fila in attesa di soddisfare il proprio desiderio.
Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, cosa successe?

Flavio, di ritorno da Viterbo, incontrò vari militari che con un grappolo di uva sulla mano ne gustavano la bontà: allungò il passo verso casa e, giunto sul luogo del misfatto rimase sbalordito quando vide che al di là della rete era Renato ed il sottoscritto che "vendevano" l'uva sotto lo sguardo innocente di Marcello, che era più piccolo di noi e non si rendeva conto della cosa.

La conclusione fu logica, meglio due scapaccioni che un rimprovero, sia da Flavio che da mio padre, che non ce li fecero mancare.

Comunque alla fine tutto si concluse in una risata poiché nella nostra fanciullezza sapemmo sfruttare l'occasione vendendo l'uva invece che regalarla e, a Flavio, consegnammo il danaro riscosso. 

Bruno Matteacci