Viterbo CRONACA Non più una struttura sociale in cui i molti siano soggetti a pochi
di Claudio Santella

 

Miei cari lettori, qualora decidiate di leggere questa mia chiacchierata, armatevi di pazienza, perché è lunga e forse noiosa, ma soprattutto, se mi prenderete per pazzo, ricordate che la pazzia è la logica dei pochi. Ciò doverosamente premesso eccomi a Voi.

Su una precedente edizione de “La città”, il direttore ebbe la bontà di pubblicare una mia chiacchierata nella quale mi chiedevo se fosse stato conveniente o meno andare a votare.

La domanda mi sorgeva per il fatto che, stanco ed infastidito del modo di agire dei nostri delegati politici, cercavo di raffigurarmi, desiderandola, una situazione sociale realmente e concretamente diversa.

Immaginandomi possibile realizzare una Società organizzata in maniera differente e, tanto per cominciare, una Società che non delegasse ad essere gestita, così come essa viene oggi gestita,  da un qualsivoglia chicchessia, privo di ogni remora sociale, uso a contrabbandare per interessi generali e pubblici fini che niente hanno a che fare con il pubblico interesse e che spesso si trovano ad essere in contrasto con esso. Fini meglio identificabili con interessi privati e di bottega.

Forse, mi dicevo, se riprendessimo il controllo delle nostre vite non andando a votare potremmo evitare che la barca su cui viaggiamo sia governata da poche mani ed eliminare o quanto meno avere il controllo diretto su ogni forma di potere gerarchico, centralizzato o decentrato che sia.

Per come sono organizzate, le varie società, da che mondo è mondo, attraverso il diritto positivo, la mia era una vera e propria utopia. Nessuno, infatti, si sofferma ad immaginare una forma di organizzazione del vivere sociale che possa essere realmente strutturata in maniera diversa.

Ed allora, mi sono detto, cerchiamo di realizzare il contrario: non più una struttura sociale in cui i molti siano soggetti a pochi, ma una struttura sociale in cui i pochi siano continuamente e realmente sottoposti al controllo dei molti.

Considerato inoltre che il potere di gestire la cosa pubblica viene delegato dai molti ai pochi attraverso l’esercizio del diritto di voto e che questi pochi, poi, sono soliti fregarsene altamente delle finalità della delega ricevuta, ho cercato di immaginare un modo diverso di delega elettorale.

Mi sono immaginato una delega che consentisse il controllo diretto sui delegati da parte dei deleganti, senza intermediari di sorta, una delega che obbligasse i delegati a rispettare la volontà dei deleganti, una delega che costituisse un intervento senza appello, senza ricorsi estremi, senza revocazione, senza opposizione di terzi; un intervento espresso non da giudici di mestiere attraverso il diritto positivo, ma direttamente dai sovrani del potere e basato sul diritto naturale.

Ho immaginato che periodicamente, diciamo a metà di ogni legislatura, ad ogni livello s’intende, si tenessero delle consultazioni popolari, e che, attraverso queste consultazioni, si contrassegnassero su apposita scheda, il nome o i nomi di coloro che, a giudizio popolare, non avevano adempiuto il loro mandato o lo avevano adempiuto meno degli altri. Orbene, a seguito di queste consultazioni, questi signori tornavano a casa e non erano immediatamente ricandidabili né in alcun modo rieleggibili, ed erano interdetti dai pubblici uffici per un tempo direttamente proporzionale alla qualità della carica ricoperta e dalla quale erano stati estromessi. Ma interdetti davvero, non alla Berlusconi. Contestualmente si provvedeva alla loro sostituzione. Un vero e proprio ostracismo, per dirla in parole povere.

Come prima volta si sarebbe potuta allontanare la metà degli attuali componenti le varie assemblee parlamentari, regionali, provinciali, comunali e quant’altro senza provvedere alla loro sostituzione: si sarebbe raggiunto, così,  lo scopo di dimezzare definitivamente in ogni dove i nostri rappresentanti.

Se si fosse posto, poi, come imprescindibile condizione di accesso, che chi si fosse candidato avrebbe dovuto avere una fedina penale “illibata” credo che il risultato sarebbe stato senz’altro ancor più positivo; del resto, per ricoprire un pubblico ufficio è richiesta tale condizione: a maggior ragione doveva essere richiesta per chi rappresentava il Popolo, a meno che non si volesse far credere che il Popolo meritasse di essere rappresentato da mascalzoni e quant’altro.

Il modo su come realizzare la cosa era da approfondire, naturalmente, ma, una volta messo in atto, molti parassiti sarebbero andati a casa e chi fosse stato eletto sarebbe stato costretto non solo a darsi da fare per gli altri, ma a darsi da fare di più e meglio dei suoi colleghi e, comunque, sempre nel rispetto della volontà espressa dai cittadini e nell’interesse dei medesimi.

Altre sanzioni avrebbero poi distolto l'idea di approfittare degli ultimi giorni di mandato a coloro che, prevedendo una probabile fuoriuscita anticipata, avessero pensato a far capanna della propria pancia: queste sanzioni avrebbero dovuto far rimpiangere la Giudecca di un certo Dante Alighieri.

Considerato ancora che il modo di essere amministrato, finora patito dal Popolo, ha portato ad una serie infinita di deficit pubblici, non sarebbe stato male prendere in esame la possibilità che le retribuzioni dei vari eletti, a qualsiasi livello, dovessero essere stabilite dal popolo, in occasione delle rispettive elezioni, mediante voto su apposita scheda.

Queste retribuzioni, comunque esse fossero state denominate, non sarebbe stato possibile variarle con leggi né in alcun altro modo, né affiancarle con altre prebende di qualsiasi genere. Per variarle sarebbe stato necessario aspettare la prossima tornata elettorale, e non è detto che non sarebbe stato possibile modificarle “in peius”. Sarebbe stata la volontà popolare a stabilirlo.

A questa risoluzione andava affiancata l’altra pertinente la revoca di tutti i benefici, di qualunque tipo, che nulla avevano a che vedere con il mandato elettorale: tutte cose da relegare nel capitolo delle utopie senza possibilità di fuoriuscita.

Sulle pensioni, poi, o come diversamente chiamano le loro entrate, c’era poco o niente da discutere: il periodo trascorso in qualità di delegato veniva considerato valido, a tutti gli effetti, per la maturazione del diritto alla pensione, che sarebbe stata percepita, però, al raggiungimento dell’età stabilita, e non da subito, così come tutti i cittadini: prendere o lasciare.

Un’altra cosa: la nomina a senatore a vita poteva essere revocata.

Avrei voluto vedere, poi, se, oggi, quando tutti affermano di non temere il giudizio popolare, quando tutti evidenziano le colpe altrui e si propongono come salvatori della Patria suggerendo azioni finalizzate a realizzare cose che poi non si sognano di fare, vi fosse stato qualcuno in grado di affermare ancora di non temere un giudizio popolare di siffatto tenore. Avrei voluto, anzi vorrei vedere quanti direbbero ancora: ”Andiamo a  votare”.

E stato realizzato tutto ciò? Sì?!, Ed allora andiamo a votare, come tutti affermano di volere, dopo aver riformato l’attuale legge elettorale nella forma sopra suggerita, naturalmente! Andiamo... andiamo...

Non temete, miei cari “lorsignori” sto solo scherzando: avrete notato, infatti, che il direttore, aderendo ad una mia preghiera, ha inserito nel titolo dicitura “la riforma dei poveri”, di quei poveri che non contano niente, è vero, ma che sono tanti, … e ciascuno dispone di un voto.

Claudio Santella