Viterbo CRONACA di “Antichi manifesti per santa Rosa e la sua  macchina”

M   come  :  Mostra

Il sindaco Leonardo Michelini
e Mauro Galeotti

     Ieri ero presente all’inaugurazione della mostra di “Antichi manifesti per santa Rosa e la sua  macchina”, mostra organizzata dal direttore Galeotti all’ICult  nell’ex mattatoio di Valle Faul.

     Altri ne hanno già fatto cronaca e commento, hanno ben descritto l’importanza dell’iniziativa, la suggestione che emanano le opere esposte e il germogliare di una cultura viterbese che sta timidamente, ma coraggiosamente nascendo per opera di volonterosi viterbesi come il nostro direttore. Coraggio Mauro (posso chiamarla per nome?), lei è un battistrada sulla buona strada!

      Uscito dalla mostra, mentre mi districavo lentamente nel traffico che aveva già un’intensità prefestiva, tra una sosta e l’altra ai semafori, pensavo che forse la rinascita dell’Italia potrebbe anche, almeno in parte, venire dalla riscoperta delle nostre antiche tradizioni, pure ingenue e popolaresche, tradizioni che sapevano mescolare sacro e profano, campanile e nazione, giochi di piazza e opera lirica, sentimento e coreografia.

     Ricominciare dal provinciale e dal comunale per costruire il popolo, perché, come dirò appresso, il popolo italiano, come nazione, non esiste. Ma oggi non esiste neppure più come campanile, distratto com’è da egoismo consumistico ed evasione nel mondo virtuale.

 

I   come  :  Italiani

     Due celebri scrittori del recente passato, Ennio Flaiano e Indro Montanelli, hanno descritto con poche precise parole noi italiani.

 

Ha scritto Montanelli (Storia d’Italia – L’Italia della controriforma – Capitolo XXX):

La sfiducia e lo scetticismo che d’allora in poi (*) dovevano marcare il carattere degl’italiani, e distruggerlo, trovano la loro più compiuta e disperata espressione in questo scrittore [Francesco Guicciardini]che finalmente dà ad ogni italiano la sua vera bandiera: el suo particulare”.

(*) Montanelli intende dire che gli italiani, dopo la breve e incompiuta  esperienza delle democrazie comunali, scelsero di essere governati da signorie e da stranieri, si infatuarono  dell’uomo forte,rimasero individualisti e rinunciarono a divenire nazione.

 

Ha scritto Flaiano (Aforismi):“La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”.

 

     In queste poche parole c’è la spiegazione del perché noi italiani non siamo quasi mai riusciti a:

- darci un governo democratico degno di questo nome, cioè un governo che governi per il popolo,

- comportarci da nazione, cioè sentirci un popolo e avere il senso dello stato,

- essere seri.

     In queste poche parole c’è la spiegazione del perché, nell’attuale crisi economica generale, siamo il paese dell’Europa che si comporta peggio: chi ci governa è incapace di prendere provvedimenti concreti, chi dovrebbe fare le leggi si trastulla in sterili discussioni, e il popolo … quale popolo? il popolo non esiste, noi siamo 60 milioni (circa) di individui privi di senso di appartenenza allo stato.

     Come aveva ragione Montanelli!

     In Italia c’è l’individualismo che al massimo si organizza in familismo e partigianeria, disprezza serietà e capacità, apprezza servilismo e favore personale.

     All’Europa presentiamo solo chiacchiere e, anche peggio delle chiacchiere, presentiamo atteggiamenti buffoneschi. Ufficialmente all’estero si fa finta di niente, come avvenne quando un nostro presidente del consiglio scherzò sul colore di un capo di stato e sull’anatomia di una collega. Ma i giornali…

     … per esempio, la recente vignetta dell’Economist mi ha offeso e, purtroppo, anche fatto vergognare di essere italiano.

     Se non avete presente quella vignetta, ve la descrivo: la barca dell’E.U., con a bordo Merkel Hollande Renzi e Draghi, sta affondando. Mentre Merkel e Hollande guardano in avanti indifferenti al naufragio dell’Europa, Draghi cerca di salvare la barca vuotando l’acqua con un secchio. Intanto  il nostro presidente Renzi, in evidente pausa relax, si gusta un gelato.

     Renzi, che già aveva dato una prova da buffoncello partecipando alla follia collettiva dei gavettoni (sia pure con buone intenzioni, questo posso ammetterlo, ma unico tra i big politici), non si è sentito offeso, anzi ha ripreso l’idea del gelato e lo ha offerto allegramente in una conferenza stampa, tra lo stupore dei giornalisti che, mi risulta, non hanno apprezzato né l’umorismo né l’omaggio.

     Come aveva ragione Flaiano! La situazione politica in Italia è [sempre]grave ma non è[mai]  seria”.

 

M   come  :  Meglio piangere?

     Non esistono solo il piangere e il ridere, se no sarebbe ovvio affermare che è meglio ridere che piangere.

     Esiste anche la serietà che significa: impegno nel fare, coraggio nelle scelte, comprensione dei sacrifici che bisogna fare, accettando di stare magari un po’ peggio adesso  per stare meglio in futuro.

     In Italia nessuno vuol fare mai sacrifici, e tanto meno li accettano coloro che, avendo una situazione economica discreta o buona o molto buona, potrebbero farli senza troppe difficoltà.

     I primi a ingegnarsi per scansare i sacrifici sono i politici (che dovrebbero dare l’esempio), poi vengono i ricchi. E non venite a ripetermi la massima, tanto pretestuosa quanto falsa, che afferma che  “anche i ricchi piangono”;  i quali ricchi non piangono nemmeno se si ammalano (tanto mica si fanno curare dal S.S.N., loro vanno a curarsi in cliniche di lusso o all’estero) e neppure piangono quando si scopre che sono disonesti  (perché tanto i loro soldi gli permettono di pagare i migliori avvocati e uscire quasi sempre indenni dai processi).

 

S    come  :  Storiella

     I miei tre o quattro lettori fedeli conoscono già quel “sotutto” di mio cugino Angelo. Come avviene spesso, Angelo sbircia quello che sto scrivendo e vuol dire la sua opinione. Ecco, appunto, è arrivato proprio adesso e sta curiosando.

     “No! – mi dice subito Angelo – non ti dirò la mia opinione, ma ti racconterò una storiella, la storiella della famiglia Despreconi”. Eccola.

 

     In una casa contrassegnata dalla targhetta “Famiglia Despreconi” si poteva osservare l’allegro tenore di vita che caratterizzava appunto quella  famiglia. Che era una famiglia numerosa, economicamente disinvolta per non dire sconsiderata, che si era abituata negli anni “grassi” a spendere più di quanto guadagnava, aveva fatto molti acquisti a rate e aveva accumulato un grosso debito che faticava a pagare; anzi il debito aumentava perché la banca  aveva aumentato ripetutamente il tasso di interesse. Comunque bene o male, più male che bene, riusciva a tirare avanti ostentando un’allegria esagerata e una ricchezza che non c’era.

     I vicini di casa guardavano, giudicavano male e aspettavano di vedere come sarebbe andata a finire. Intanto scuotevano la testa e sorridevano acidamente.

     Poi però vennero gli anni “magri”, la situazione economica generale peggiorò e alcuni componenti della famiglia Despreconi persero il lavoro; allora la famiglia si trovò in gravi difficoltà soprattutto nel ridurre il debito non più sostenibile. Gli anziani, che a turno facevano funzione di capofamiglia, presentarono  numerose proposte per ridurre le spese, ma ogni volta, ora le mogli ora i figli, sistematicamente si opponevano, così che non si attuava alcun risparmio  e la situazione si aggravava.

     Quando si arrivò a rischio di “default” il giovane figlio Renzino si improvvisò capofamiglia e disse: “Via i vecchi! Lasciate ‘he ci pensi io”. E con sollievo di tutti gli anziani, che si videro sgravati dall’onere e dalla responsabilità di prendere decisioni penose, Renzino venne acclamato capofamiglia.

     Renzino espose subito un rapido piano di riforme e promise che in cento giorni avrebbe risolto tutti i problemi. Ma il suo piano fu tanto rapido a dirsi quanto generico nei provvedimenti da prendere: ridurre le spese (si, ma quali?), vendere qualche bene improduttivo (si, ma come?), trovare lavoro ai familiari disoccupati (si, ma dove?)…

     Passarono i cento giorni, anzi quasi duecento, senza alcun miglioramento della situazione economica familiare, e Renzino disse: “Un si pole mi’a  far tutto in così  po’o  tempo! Qui gli è tutto da rifare. Datemi mille giorni di tempo e vi prometto che ‘n mille giorni s’aggiusta tutto!”

     I vicini di casa, quando lo seppero, si misero a ridere … e ridevano pure, però di nascosto, alcuni anziani “gufi” della famiglia.

(Segue? Forse. Come? Non si sa. I Despreconi sono imprevedibili.)

Aggì

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