Viterbo CRONACA Ho ritrovato i vecchi giornali che pubblicavo, insieme al direttore Aidala

Possiedo questa foto della Viterbese Calcio degli anni '70, qualcuno sa dirmi i nomi dei presenti?
Accosciato al centro vedo Benito Gori, il resto è... buio...
Porta la foto sul tuo computer e dammi una mano a scoprire i nomi.
Scrivimi alla email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., grazie. Mauro Galeotti

Caro Mauro, senz’altro sarà capitato anche a te, ogni tanto, di andare a frugare tra vecchi ricordi, in mezzo a tutte quelle cianfrusaglie che si mettono via, pensando ad un eventuale riutilizzo che non avviene quasi mai, o perché ti senti tremendamente attaccato a quell’oggetto, oppure, come troppo spesso accade, perché non te la senti proprio di buttare via qualcosa che hai fatto, creato, comprato magari per qualche occasione, o che ti ricorda qualcosa di bello della vita passata.

E accumuli libri, quaderni, foto, oggetti più disparati e alla fine sei stracolmo e non sai più dove imbucare, ad esempio, il cuscinetto dei timbri che ancora insisti a tenere sulla tua scrivania.

Un lungo preambolo per dirti che, cercando tra le vecchie cose, ho ritrovato i vecchi giornali che pubblicavo, insieme al Direttore Aidala, ai tempi della viterbese in serie “C” ovvero, “Il corriere Gialloblù”, divenuto negli ultimi tempi “La voce dello stadio”.

Naturalmente rilegati per stagione calcistica e con tanto di firme dei nostri vecchi beniamini: da Rigantè a Menegon, da Massitti a Staccioli, ecc. ecc. Per coloro che non hanno vissuto quel periodo, preciso che si trattava dei campionati 70/71, 71/72, 72/73. Erano tempi più sereni e non soltanto perché eravamo più giovani.

Ovvio che mi mettessi a sfogliare qualche pagina, rileggere qualcosa di quello che scrivevo allora, anche criticando il modo o i termini di ciò che avevo pubblicato magari sulla spinta di una sconfitta della squadra. Tra i vari scritti, mi ha fatto piacere rileggere una vecchia rubrica che scrivevo firmandomi Lutor: “Sassate in piccionaia”. Con questo titolo a quel tempo sottolineavo fatti, avvenimenti, comportamenti, decisioni e risultati della squadra, della società, dei giocatori, degli arbitri, dei tifosi.

Sassate in piccionaia voleva significare, appunto, tirare sassi dove stavano i piccioni, per farli uscire fuori, per mettere loro paura, per sollecitarli a volare; la rubrica doveva servire a questo scopo. D’altra parte era questo il significato che davo io, e credo anche tutti gli altri, al titolo. Inoltre per tutti noi il termine Piccionaia significava gli ultimi posti del teatro Unione (che allora funzionava) ed era dalla piccionaia che partivano gli applausi più calorosi o i fischi più potenti; era la piccionaia a decretare il successo o meno di uno spettacolo. Anche questo doveva essere, forse con troppa prosopopea, lo scopo della mia rubrica

Oggi, con Internet a portata di mano, se cerchi piccionaia trovi che è “Il locale all’ultimo piano delle vecchie case, soprattutto di campagna, e spesso ricavato nel sottotetto, che serve all’allevamento dei piccioni” e anche “La porzione più alta della galleria o dei palchi di teatro e cinema. Per metonimia, i termini "loggione" e "piccionaia" vengono utilizzati anche per riferirsi agli stessi spettatori. Data la lontananza dalla scena, il costo è minore”. Addirittura alla voce “Sassate in colombaia” dell’Enciclopedia Treccani si trova “Fare o dire cosa che rechi danno a sé stesso e a proprî amici o compagni”. E’ una definizione a cui non riesco a dare una giusta interpretazione: mi tiro i sassi da solo? Li tiro agli amici? Mi sembra alquanto contorta e ne lascio lo studio a chi ne sa più di me.

Io, caro Mauro, ho deciso: mantengo il significato di una volta fregandomene di ciò che dice l’enciclopedia. Se tu me lo consentirai, senza scadenze fisse, ogni tanto ti manderò qualche “sassata” che senz’altro riguarderà in maniera critica non me o i miei amici, ma coloro che a mio giudizio (ancora prosopopea), non stanno facendo alcunché di valido. Prometto, comunque, che le mie “sassate” potranno anche contenere, se ci saranno, cose piacevoli e giuste. Del resto, ho detto sopra che dalla piccionaia possono partire applausi o fischi, vediamo quali saranno di più. Naturalmente saranno firmate non da Luigi Torquati, ma da Lutor.

E inauguriamo subito la rubrica:

Vendola e le Regioni: il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, commentando la manovra governativa con i relativi tagli alle Regioni, ha dichiarato: “Io penso che sarebbe opportuno consegnare le chiavi dei governi regionali a Palazzo Chigi". Personalmente ritengo che sia la cosa più giusta che si possa fare in Italia, considerato il costo delle Regioni, il magna-magna che si è scoperto (ci sarà ancora qualcosa da scoprire?), l’inutilità, la burocrazia, l’assenza di decisioni valide, contrapposte a quelle strampalate.

Forse, caro Mauro, ricorderai quanto scrissi nel lontano febbraio di quest’anno, ma credo sia opportuno anche per i lettori che lo ripeta. Dicevo: “non condivido l’abolizione o un eventuale accorpamento delle Province. Quelle che si devono abolire sono le Regioni, che oltre ad essere un magna-magna (in questi giorni stiamo assistendo ad inchieste che vedono indagate 17 Regioni su 20), non possono essere eque nel dare alle varie province e comuni quanto in realtà spetterebbe; il capoluogo della Regione fagocita molte risorse economiche, specialmente se si tratta di Roma e anche la sproporzione dei seggi incide sulle decisioni regionali.

Lo Stato, a mio giudizio, invece di dare soldi alla Regione, dovrebbe garantire alle varie province un importo, partendo da una percentuale comune, basato su due fattori importanti: il numero degli abitanti e l’estensione del territorio. Sarà poi cura delle province stesse applicare quella “addizionale”, oggi regionale, che varierà, pur fissando un tetto massimo, a seconda dei bisogni della singola provincia.

Le competenze che oggi hanno le Regioni, sempre per come la vedo io, devono essere date alle Province, tranne quelle inerenti la Sanità, per le quali la Provincia dovrebbe svolgere solo funzioni di controllo. La Sanità deve tornare allo Stato, partendo dal presupposto che tutti i cittadini italiani, in fatto di salute, devono avere le stesse garanzie, devono pagare lo stesso ticket, devono poter usufruire dei medesimi servizi”.

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Matera è la città italiana designata Capitale europea della cultura 2019. In una dichiarazione a Repubblica, il poeta, "paesologo", Franco Arminio ha detto: "Matera è stata considerata la vergogna nazionale per tanto tempo, finalmente è tornata a essere un luogo bellissimo. E' una città che ha vissuto un disastro, ma che ha saputo reagire e trasformarsi guardando al futuro”.

Le altre città concorrenti erano Ravenna, Lecce, Perugia, Siena e Cagliari. Le escluse potranno comunque portare a termine i loro progetti grazie a "Italia 2019", un fondo creato appositamente per l'occasione, dal ministero per i Beni Culturali.

Viterbo non c’era tra le città candidate, ma per il futuro credo che, volendo, possiamo sperare, tenuto presente che, come Matera, stiamo partendo con il piede giusto: siamo in gara per essere considerati una vergogna nazionale.

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Leggendo un’editoriale di Clemente Mimun mi sono soffermato su un argomento. Diceva: “A Roma, dove abito, ma accade anche in altre città, circolare è ormai un'avventura. Le zone a traffico limitato vanno ben al di là del centro cittadino. Chi decide? I sindaci. Sono loro, d'imperio, a blindare un quartiere, ad aumentare le strisce blu a pagamento, senza creare altrettanti parcheggi gratuiti?”. Io aggiungo, a non rispettare la percentuale dei posti per invalidi e quote rosa.

A Viterbo non è il Sindaco senz’altro. L’ideatore di chiusure, di eliminazione di parcheggi, ecc. si chiama Alvaro Ricci.

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E affrontiamo il tema spinoso delle unioni civili. Ricordi, caro Mauro, quello che scrivesti all’epoca del famoso registro viterbese? “Ma chi proibisce a due uomini di vivere insieme, a due donne di vivere insieme, proprio nessuno, registro esistente o no”. Io aggiunsi in un mio articolo “Ognuno deve essere libero di fare, purché si rispetti la legalità, quello che crede e nessuno può sindacare il suo operato”.

L'art. 29 della Costituzione italiana sulla famiglia è senz’altro importante, ma credo che l’art. 3 della stessa Costituzione lo sia ancora di più: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

 A questo punto, dovendo tenere presente che il mondo va avanti e sono cambiate del tutto le esigenze delle persone, che l'Italia è pienamente inserita in un contesto, quello europeo, molto avanzato dal punto di vista dei diritti civili, anche chi è cattolico come me, deve interrogare la propria coscienza, nella consapevolezza che il rispetto della vita e della libertà altrui viene prima di tutto. Così come ogni persona di buon senso dovrebbe evitare il ripetersi di una “guerra di religione” anche perché l’esperienza del passato ci dimostra che tali guerre si sono risolte con sconfitte per tutti.

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So benissimo che state dicendo “Hai detto tanto, ma in definitiva non ti sei espresso chiaramente”. Avete ragione, ho fatto solo una premessa e tenendo conto di questa, dico che personalmente posso anche considerare i PACS francesi, le leggi Scandinave sulla convivenza, quelle dei Paesi Bassi, il modello tedesco, ma a titolo di conoscenza.

Credo che in ogni caso, comunque la si pensi, occorre confrontarsi senza pregiudiziali e che i tanti conflitti che si stanno aprendo, dimostrano che l'assenza di una legge è comunque la scelta peggiore e rischia, peraltro, di aprire le porte a forme di supplenza (vedi sindaco di Roma) che non tutelano coloro che ne usufruiscono.

Ben venga, dunque, una legge che deve prevedere gli stessi diritti e doveri delle coppie eterosessuali: reversibilità della pensione, diritto alla successione in caso di morte e la possibilità di assistenza negli ospedali e nelle carceri.

Ma non mi parlate di figli da adottare, né di chiamare “famiglia” tale situazione.

Lutor

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