Vetralla CRONACA D'EPOCA Il fatto narrato si riferisce a un passato – anni 60 – in cui esistevano ancora le classi maschili e quelle femminili

Tratto da "Piazza Marconi", notiziario dell’Istituto Comprensivo
Anno X – Numero 241 24 novembre 2014
Piazza Guglielmo Marconi, 12 – Vetralla
- www.icpiazzamarconi.it

Vetralla, l'edificio scolastico negli anni '50 (Archivio Mauro Galeotti)

Quella mattina, ci eravamo da poco insediate in classe, quando si affacciò alla porta dell'aula il Direttore.
Era scuro in volto.
- Signora, vorrei chiederle un favore.

Nella quarta classe maschile il maestro ha dovuto assentarsi per motivi gravi. Se la sentirebbe di coprire per questa mattinata la classe rimasta scoperta?

- Ma... le mie alunne...? (una trentina di bambine vivacissime di terza)

- Nella sua classe verrebbe la signora x… che lavora in segreteria.

Non ero entusiasta della proposta, (in verità alquanto strana), ma accettai ugualmente. Presi dallo scaffale della bibliotechina un libro molto amato e molto usato da cui attingevo la maggior parte delle letture in classe. Era un'ottima antologia per ragazzi della scuola media, curata nientemeno che da Italo Calvino.

Con questo strumento in mano, sempre rivelatosi efficacissimo ad attrarre e interessare gli alunni - mi ritrovai davanti alla porta della quarta classe maschile. Qui restai, ovviamente, molto sorpresa dal fatto che non vi trapelasse alcun suono o rumore.

Avevo appena aperto la porta, che un proiettile – che poi si rivelò essere un duro cancellino ricoperto di gesso - mi sfiorò il viso e andò a colpire con forza un'anta della porta.

- Bene – mi dissi -cominciamo proprio bene...

Mi avviai alla cattedra, mentre nell'aula, tra grida e risate sgangherate, si svolgeva una sfrenata danza. Alcuni in piedi sui banchi si esibivano in gesti di trionfo, altri facevano mostra di tenersi la pancia per il gran ridere....

La mia immobilità (seduta in cattedra con il libro innanzi) e soprattutto – credo - l'assenza di una pur minima reazione verbale da parte mia, li incuriosì talmente che la danza sfrenata cominciò a sedarsi.

Ad alcuni però venne l'idea di mettere in atto un'altra strategia provocatoria. Mi mostravano con grande enfasi due bacchette poggiate sulla cattedra invitandomi a usarle – Come fa il maestro!!- mi dicevano con tono di quasi fraterno consiglio.

Fallito anche questo tentativo, uno di essi si recò dietro la lavagna e ne uscì tenendo in mano un vero e proprio bastone nodoso.

- Questo ce vo' mae' ! - A questo punto passai all'azione.

Presi bacchette e bastone e con gesto deciso andai a riporle dietro la lavagna.
E finalmente parlai. La mia intenzione - dissi - era di passare con loro una parte della mattinata in qualche attività piacevole, come per esempio leggere una bella novella che pensavo li avrebbe divertiti.

La proposta fu accolta da sonanti – Uh!!!! Uffa!!!

Aprii ugualmente il libro e cominciai a leggere. Avevo scelto “La capretta del signor Seguin” di Alphonse Daudet. Il racconto mi sembrava adatto alla situazione con quella protagonista ribelle, desiderosa di libertà...

All'inizio non fu facile carpire un poco di attenzione, malgrado l'utilizzo delle mie cosiddette virtù di ”attrice”. Poi bastò che fosse proprio qualcuno degli alunni, di quelli che avevano cominciato a drizzare le orecchie, che imponesse il silenzio ai disturbatori, ché la lettura potesse continuare fino alla fine.

Vedevo qualche volto animato dall'attenzione, qualche sguardo acceso nel silenzio dell'aula e questo mi bastava per gridare intimamente “vittoria”.

Richiusi il libro e mi avviai alla porta seguita da qualche – Ciao mae'!- e persino da qualche sporadico - Grazie, maestra!- Ma se un vincitore c'era stato in quella baruffa (usiamo questo eufemismo) scolastica, era stato solo e soltanto il nobile efficacissimo esercizio della lettura in classe con la viva voce dell'insegnante.

Teresa Blasi


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