Viterbo SENTIMENTO E FANTASIA Giulio e Valeria si scambiano rapidamente informazioni: tutti e due in pensione, tutti e due vedovi
di Agostino G. Pasquali

 

     Una domanda: “Sei sempre bravo ad aggiustare …?”

     All’ufficio postale di Roma Prati, Giulio è in attesa che sul tabellone luminoso esca il suo numero per andare allo sportello, quando si sente rivolgere quella domanda da una signora che siede vicino a lui. 

      Resta perplesso a guardare la signora che, di fronte al suo stupore, gli chiede di nuovo:

     “Sei sempre bravo ad aggiustare le cose? Sei Giulio, no?”

     Giulio non è fisionomista, non ha una buona memoria visiva e, a distanza di tempo, non riconosce proprio le persone che ha incontrato in un lontano passato, specialmente se gli anni, come succede normalmente, ne hanno cambiato l’aspetto. Ma se la moda fa cambiare l’abbigliamento e se gli anni modificano l’aspetto fisico, la voce di solito rimane pressoché uguale. Giulio riconosce quella voce, sorride alla signora e le risponde, finalmente:

     “Ma tu sei Valeria! Che sorpresa! Chi avrebbe pensato di incontrarti qui. Come stai? Vedo che stai benissimo. Hai un aspetto splendido. Non sei cambiata per niente…”

     “Bugiardo! però gentile. Ma se non mi avevi nemmeno riconosciuta. Era un po’ che ti guardavo, ma tu manco per niente. L’unica cosa che ti interessava era il tabellone delle chiamate…”

     Giulio e Valeria si scambiano rapidamente informazioni: tutti e due in pensione, tutti e due vedovi, Giulio con due figli lontani che vede di rado, Valeria senza figli. Storie ordinarie di anziani rimasti soli in una grande città, dove vivono di ricordi, di televisione e di qualche visita di parenti.

      Intanto appare sul tabellone elettronico il numero di Giulio che, avviandosi allo sportello, dice a Valeria: “Appena ho fatto ti aspetto…  qui fuori…”

       Mentre fa le sue operazioni allo sportello Giulio ripensa a tanti anni fa, quando conobbe Valeria, e i ricordi gli ingolfano la mente. E’ commosso e sbaglia a rispondere alle domande, sbaglia a contare il denaro, tanto che la sportellista lo guarda in modo strano e gli chiede : “Signore, non si sente bene?”

*     *     *

     Intorno alla metà degli anni sessanta del secolo scorso, sono passati quasi cinquant’anni, Giulio e Valeria erano stati due giovanissimi impiegati che avevano vinto un concorso pubblico dell’Istituto Nazionale *** ed erano stati assegnati alla sede di Viterbo.

     A Viterbo, entrambi romani, lontani da casa, soli e un po’ disorientati in un ambiente nuovo, provinciale e perciò chiuso e diffidente, avevano fatto amicizia in ufficio e di tanto in tanto si trovavano a passare un po’ di tempo insieme: una passeggiata, un cinema… , ma le affinità e i rapporti finivano qui.

     Valeria, che veniva da una famiglia di impiegati di  “Torpignattara”, era una brunetta tutto pepe, espansiva e un po’ rustica, ed  era stata lei a prendere l’iniziativa di farsi un po’ di compagnia; Giulio, serioso e un po’ timido, era figlio di un funzionario di banca e di una insegnante che abitavano “in Prati”. A Viterbo Valeria aveva preso domicilio in un convento di suore che facevano pensione per signorine; Giulio viveva in una camera in affitto.

      Il primo pomeriggio di una domenica di fine febbraio, una della rare domeniche nelle quali entrambi non erano rientrati a Roma, avevano concordato di andare a Ronciglione a divertirsi un po’ perché c’era il carnevale con sfilate in costume e carri allegorici.

     Giulio aveva l’auto, una FIAT850 che aveva ricevuto in regalo dalla famiglia appena gli era arrivata la notifica della nomina e l’assegnazione a Viterbo. “Così vieni a Roma quando ti pare e comunque tutte le domeniche … o quasi…”  aveva detto il padre consegnandogli le chiavi dell’auto.

     Arrivati a Ronciglione trovarono una grande confusione: gente che si accalcava e spintonava, ragazzi mascherati che facevano scherzi buttando mortaretti e spruzzando un  liquido fetente; un arlecchino che rincorreva una colombina urtò malamente Valeria e le ruppe un manico della borsetta.

     “Niente paura! te la aggiusto io.” Disse Giulio, ma quell’atmosfera troppo confusionaria non piaceva più a nessuno dei due.   

     “Allora facciamo un salto al lago di Vico, sta qui vicino, ci prendiamo un po’ di sole, due chiacchiere e una passeggiata, e passiamo un pomeriggio tranquillo.”

     Questa fu la proposta, non proprio entusiasmante, che un Giulio deluso fece ad una Valeria ancor più delusa di lui. Però sempre meglio della confusione…

     Fermarono l’auto vicino alla spiaggia, in un terreno spianato di recente e sommariamente coperto di ghiaia, chiaramente una preparazione per un parcheggio della prossima stagione estiva. Passeggiarono un po’ chiacchierando amichevolmente, poi l’umidità del lago e il freddo precoce li indussero a rientrare in auto. Giulio estrasse dal portabagagli una busta che conteneva attrezzi da artigiano e in pochi secondi aggiustò la borsetta di Valeria. Poi accese l’autoradio, una rarità per quei tempi in un’utilitaria come la sua. Ascoltarono in silenzio un po’ di musica…

       C’è da ricordare che, come ho già detto, tra Giulio e Valeria c’era solo un rapporto tra colleghi d’ufficio ed è difficile dire se la simpatia che provavano reciprocamente poteva divenire qualcosa di  più di un’amicizia, anche perché Valeria era fidanzata e contava di sposarsi presto, appena avesse ottenuto il trasferimento per Roma, che aveva già chiesto e che le era stato promesso dagli opportuni agganci sindacali. E Giulio era un giovane all’antica , serio e rispettoso, anche troppo, sia pure per quei tempi.  Il ’68 era vicino, ma non era ancora arrivato.

       Però la dolce bellezza del paesaggio, il lago azzurro appena increspato, i riflessi del sole che giocava con le onde creando spruzzi d’argento, la musica dolce che veniva dalla radio, gli effluvi di  profumo buono che provenivano dal corpo di Valeria, fecero venire a Giulio “pensieri proibiti”. Quando dalla radio uscì la voce ingenua e fascinosa di Gigliola Cinquetti che cantava “Non ho l’età per amarti…”  Giulio esclamò:

     “Noi però l’età ce l’avremmo! Tu che dici?”

     “Non ci provare nemmeno col pensiero!” Così Valeria gelò Giulio.

      Rimasero in silenzio: Giulio imbarazzato per aver osato troppo e Valeria pentita per aver risposto d’impulso e duramente.  Per rompere il silenzio che era calato fra i due e per superare l’imbarazzo non restava che muoversi, cioè tornare a Viterbo.

      Giulio avviò il motore, inserì la marcia e lasciò la frizione. Si sentì una mitragliata di sassolini nei parafanghi, ma l’auto non si mosse. La ruota posteriore destra girava a vuoto e sprofondava nel terreno. “Niente paura!” disse Giulio. Scese dall’auto e montò sulla ruota una catena da neve. Risalì in macchina, avviò il motore e l’auto si mosse di qualche centimetro, ma si fermò di nuovo con un’altra mitragliata di sassolini: ora slittava la ruota posteriore sinistra.

     “Niente paura!” scherzò Valeria imitando l’intercalare di Giulio, “Ora monti l’altra catena. No?”

     “Non ce l’ho l’altra catena.”

     “Cosa? Io non ho mai sentito una scemenza simile. Avere una sola catena! E ora che fai?” chiese Valeria con un’aria seccata e preoccupata.

     “Scendi tu e spingi!”

     “Nemmeno per sogno! Nemmeno se mi preghi in ginocchio!” disse Valeria scendendo dall’auto e mettendosi in posizione per spingere.

     Giulio cominciò a ridere: “Ce l’ho, ce l’ho, l’altra catena. Ho scherzato!”

     Risero tutti e due. L’imbarazzo era finito. Giulio mise anche l’altra catena e l’auto uscì dallo sterrato.

     Mentre tornavano a Viterbo Valeria commentò:

     “Però! Sai aggiustare le cose e te la cavi bene nelle difficoltà. Non sei come Sandro, il mio fidanzato, che in un caso come questo non saprebbe che cosa fare. Pensa che domenica scorsa ha forato una gomma e, se non lo aiutavo io, non avrebbe saputo come cambiarla. Però è tanto premuroso e romantico!”

     “Grazie!” rispose Giulio un po’ acidamente “Io invece sono soltanto pratico, so cavarmela bene;  sono un po’ meccanico, idraulico, elettricista… se hai qualche problema, niente paura! chiamami. Servo tuo!”

     “Se non fossi fidanzata, ci farei un pensierino. Mia madre mi dice sempre che in casa ci vuole un marito Black&Decker, non come mio padre che è buono, affettuoso, romantico, ma non sa nemmeno cambiare una lampadina. E così è pure Sandro; ma che vuoi? a Sandro gli voglio bene.”

*     *     *

     Giulio intanto ha finito il suo daffare allo sportello, esce e aspetta Valeria all’esterno dell’ufficio postale.  Dopo pochi minuti Valeria arriva con passo spigliato ed elegante, i capelli biondi (ma non era bruna?) mossi dalla brezza, un bel sorriso sincero. A Giulio sembra quasi giovane.  Valeria gli dice:

     “Allora mi confermi che sei ancora bravo ad aggiustare? Avrei qualche problema con l’impianto dell’acqua calda. Puoi venire a casa mia a vedere?”

     “Mah? Ci vogliono degli attrezzi. Poi oggi è tutto così tecnologico e complicato. Non so se sono in grado…”

     “Non sei cambiato per niente, Giulio! Sei sempre un ingenuo! Non hai capito che è una scusa per riallacciare una vecchia amicizia? Sai? Non ci siamo più visti, ma ti ho sempre ricordato con simpatia e con un po’ di bene. Come dicesti quella volta, al lago di Vico? Te lo ricordi? Allora mi dicesti: “L’età ce l’abbiamo!”  E oggi? Ne abbiamo troppa, d’età, almeno per certe cose. Ma tu un po’ di bene me lo vuoi ancora?”

(Continua al n° 2, per leggerlo, clicca qui)

Agostino G. Pasquali

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