Viterbo RACCONTO Hilario, lo scriva bene, glielo ripeto lettera per lettera: H-I-L-A-R-I-O, coll’acca, mi raccomando
di Agostino G. Pasquali

 

     Alle ore 4.00 a.m. del 16 gennaio 1952 nasceva, nel reparto maternità della Clinica Villa Celestiale, il primogenito del cavaliere Walter De Bonis. 

Era costui un ricco proprietario terriero residente nel comune di Capretta Sottana, dove era  riverito e rispettato, ma ci viveva con disagio perché si sentiva sacrificato nelle sue ambizioni.

   Perciò riponeva nel figlio grandi speranze e quindi aveva deciso che il figlio sarebbe dovuto diventare un avvocato e dedicarsi alla professione e alla politica. “Ne faremo un onorevole -diceva- e, perché no? un ministro!”

     Ma poteva un futuro ministro della repubblica nascere a Capretta Sottana? (No! Orrore!) e perciò, all’approssimarsi del parto, aveva provveduto a ricoverare la moglie presso la migliore e costosa clinica del capoluogo della provincia.

      Alle ore 11.00 dello stesso giorno 16 gennaio 1952, il cavaliere Walter De Bonis si recò allo sportello dell’Ufficio Anagrafe per dichiarare la nascita del primogenito. Quanto al nome doveva essere Hilario, scritto proprio così perché sosteneva: “Ci vuole l’acca iniziale, essendo l’originale latino Hilarius. Infatti i francesi e gli inglesi scrivono rispettivamente Hilaire e Hilary, il che è decisamente più elegante dell’italiano Ilario”.

     Dunque, con la rituale presenza di due testimoni, il cavaliere De Bonis stava dichiarando all’ufficio dello stato civile il nome da assegnare al neonato. Disse con tono autorevole:

     “Nome: HILARIO, lo scriva bene, glielo ripeto lettera per lettera: H-I-L-A-R-I-O, coll’acca, mi raccomando, perché… vede? È una tradizione di famiglia che il nome proprio abbia una consonante rara. Mio nonno si chiamava come me Walter con la w doppia, mio padre si chiama Oskar colla kappa, mia sorella Mirtha coll’acca ‘Mirt-h-a’, e io, come ho detto, mi chiamo Walter colla w doppia. Hilario era il nome del  mio bisnonno, che fu ai suoi tempi dignitario alla corte del papa Pio IX.  

     Perciò la prego di non sbagliare, scriva HILARIO coll’acca. Vede? Il nome così scritto, anche se nella pronuncia l’acca non si sente, si addice al cognome DE BONIS che, come può vedere dal ‘DE’, ha una sua nobiltà. Non per vantarmi, ma da ricerche fatte da un istituto specializzato, noi De Bonis abbiamo una discreta quota di sangue blu.”

      L’impiegato annuì e lo rassicurò : “HILARIO  coll’acca. Non dubiti”.

      Quell’impiegato era un tipo burlone e, soprattutto, detestava chi si dava le arie, perciò scrisse: Nome: ‘Hilario Collacca’. Non intendeva assegnare al povero bimbo innocente quel brutto doppio nome, ma solo divertirsi un po’ facendo firmare dichiarante e testimoni per poi strappare la scheda e rifarla, ma dopo aver fatto arrossire di vergogna quel presuntuoso.

       Quando la scheda fu completata e consegnata per le firme, l’impiegato venne chiamato al telefono e fu sostituito momentaneamente dal capo dell’ufficio, al quale comunque spettava la firma per la convalida dell’atto. I tre, il padre dichiarante e i due testimoni, firmarono senza neppure guardare l’atto (c’è stato mai qualcuno che, di fronte ad un pubblico funzionario, legge prima di sottoscrivere?)  e l’atto di nascita fu trascritto nell’apposito registro. Quando l’impiegato burlone tornò era già tutto fatto e lui, per non rischiare un rimprovero, se ne stette zitto. Mica l’aveva firmato o registrato lui, quell’atto!

       In questo modo entrò ufficialmente tra i cittadini italiani un nuovo De Bonis con lo strano nome proprio di  ‘Hilario Collacca’.

*     *     *

       Il cavaliere De Bonis non si accorse dell’equivoco e rimase convinto di aver dato al figlio il nome Hilario. Così lo fece battezzare e così lo presentò a parenti e amici. E pure nell’elenco dei residenti del paese di Capretta Sottana, dove risiedeva la famiglia De Bonis, il bimbo fu registrato come Hilario, e Hilario fu per tutti.

      Ottenne la carta d’identità come De Bonis Hilario, e così fu iscritto all’asilo, alle elementari, alle medie, alle superiori e all’università dove si laureò, naturalmente in legge, sempre con questo nome.

       Ma il nome completo ‘Hilario Collacca’ non era distrutto o perso, dormiva nei polverosi archivi del capoluogo e uscì fuori in tutta la sua discutibile dignità in occasione della patente di guida.

La carta di identità del comune di residenza era stata sempre sufficiente, addirittura anche all’università, ma la prefettura, per concedere la patente di guida, pretese l’ ‘estratto di nascita’ che doveva essere redatto, sulla base di controlli anagrafici accurati, ‘estraendo’ i dati dal registro dello stato civile tenuto dal comune di nascita.

        Quando videro l’estratto di nascita, Walter (il padre) e Hilario (il figlio) inorridirono, pensarono ad un errore e si precipitarono nella città a protestare. Ovviamente non ci fu niente da fare. E così il nostro giovane ebbe, oltre la carta di identità che riportava De Bonis Hilario, la patente di Guida che riportava De Bonis Hilario Collacca.

        Hilario, ogni volta che doveva esibire un documento, presentava la carta di identità perché della patente si vergognava, ma era sempre sulle spine perché sapeva che quel documento era errato, e non furono pochi i problemi che ne derivarono. Ma in qualche modo riuscì a tirare avanti.

        Hilario era peraltro un tipo molto scrupoloso e soffriva sia per il nome brutto che aveva ma teneva nascosto, sia per l’ambiguità delle sue dichiarazioni, tanto che si aspettava da un giorno all’altro qualche guaio serio e, magari, una denuncia per falso ideologico.

        Intorno all’età di trent’anni Hilario si fidanzò con una certa Amalia e presto si preparò per il matrimonio. Non rivelò alla fidanzata il suo ‘vergognoso’ segreto e con l’approssimarsi del giorno delle nozze sentiva sempre di più la necessità di confidarle il suo vero e completo nome. Ma, ogni volta che cercava di affrontare apertamente il discorso, se ne ritraeva temendo il ridicolo.

        A pensarci bene, ‘Collacca’ è poi tanto ridicolo? Direi di no, ci sono nomi ben più ridicoli e chi  li ha, li porta con spirito, magari ci soffre pure un po’, ma non ne fa un dramma.

       Il tormento di Hilario stava nella consapevolezza che il suo nome gli era stato attribuito proprio per dargli nobiltà e invece, per un errore, una disattenzione, forse un dispetto, era stato ottenuto l’effetto contrario. Su questo cercava di ragionare e di trovare un equilibrato compromesso : accettarlo e sopportarlo quel nome, ma non ci riusciva.

       Il giorno prima di fare le carte per il matrimonio, cioè richiedere le ‘pubblicazioni’, non si era ancora confidato con la fidanzata, ma temeva che in occasione delle pubblicazioni ‘Collacca’ sarebbe venuto alla luce; quindi era particolarmente inquieto e la sera quando andò a letto, dopo essersi rigirato alquanto, prese malamente sonno e sognò.

     Era in chiesa, la cerimonia del matrimonio era iniziata e stava per arrivare il momento critico. Il sacerdote leggendo il libro chiese:

“Tu, Hilario … Come c’è scritto qui? Strano. Sembra cancellato qualcosa. Dunque tu Hilario vuoi prendere … Amalia…”

     Hilario tirò un respiro di sollievo pensando che qualcuno avesse pietosamente cancellato l’altra parte, quella ridicola, del suo nome e disse:

“Sì.”

“E tu, Amalia, vuoi prendere … Hilario  Collacca… Collacca?…Gesù! Che significa?”

     E tutti a ridere.

     E l’eco in chiesa ripeteva: “Collaccaa… Collaccaaa… Collaccaaaaaaa…”

     E tutti continuavano a ridere, tutti, anche la sposa che dette uno spintone ad Hilario e scappò via…”

Hilario si svegliò a terra. Era caduto dal letto.

*     *     *

     Quel sogno fu liberatorio. Hilario capì che non doveva continuare ad aver paura del suo nome, lo disse finalmente ad Amalia che lo accettò senza problemi, anzi lei si divertì quando lui le raccontò cos’era successo quel giorno all’anagrafe.

      Diversi anni dopo, il D.P.R n.396 del 3.11.2000 semplificò le procedure per rettificare i nomi ridicoli e Hilario riuscì ad eliminare quel ‘Collacca’. Tuttavia tenne l’acca iniziale di Hilario.

     Però ancora oggi questa anomalia gli procura qualche piccolo fastidio. Per esempio ieri era in un’agenzia di viaggi per prenotare un volo. L’impiegata gli ha chiesto con aria un po’ canzonatoria:

     “Scusi, come si scrive Hilario? Lei mi ha detto con l’acca iniziale, ma allora la seconda ‘i’ come va? Deve essere ‘y’ come Hilary Blasi?”

Agostino G. Pasquali

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