Viterbo PENSIERI La Shoah è la vergogna non solo di un popolo, quello tedesco, ma di un mondo intero che ha fatto finta di non vedere perché era più comodo così
di Agnese Galeotti

 

«Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no… » (Primo Levi, Se questo è un uomo)

Difficile esprimere un pensiero che non sia retorico nella Giornata della Memoria.

In tanti si mobilitano per dedicare qualche minuto della propria vita in questo giorno per tale causa. La verità è che il "Giorno della Memoria" dovrebbe essere 365 giorni all'anno e forse ancora non sarebbe sufficiente a rendere onore e rispetto ai milioni di Ebrei massacrati.

Forse è pecca della storia far sembrare le tragedie meno vere, meno dure, meno personali.

Sì perché un conto è leggere sui libri di storia "Uccisi milioni di ebrei" di cui non vedi i corpi, gli occhi, non ne conosci il vissuto, un conto è vederli martoriati, squarciati, fracassati, deturpati, ammassati gli uni sugli altri nudi e putrefatti.

Tutto cambia se cominci a vederli così e anche a dare un nome a quei corpi. Io ho letto molti libri sugli ebrei e li leggo tutto l'anno. E in ogni libro che leggo c'è il cuore delle persone. Il nome di qualche disgraziato vittima di tale follia. I ricordi, i sentimenti.

Genitori strappati ai figli e viceversa. Se capitasse a te che leggi? Prelevato da casa tua o ancora peggio se prelevassero tua madre o tuo sorella o tuo padre, così d'improvviso, sbattuti su un camion senza nessuno che ti dica quale destinazione avrà e il perché. Per poi non avere più notizie. Io credo che questo sia sufficiente a far impazzire una persona. Invece non c'è mai fine al peggio.

Viaggi interminabili su vagoni merci pieni di esseri umani in condizioni disumane, costretti ad urinarsi e defecarsi addosso davanti a decine di altre persone tutte ammassate. Persone che fino al giorno prima erano dottori, studenti, studiosi, dentisti, casalinghe, persone dignitose, con il pudore delle persone civili. Tutto buttato al vento da un giorno all'altro.

Chiusi in un vagone come fosse una grande cassa da morto. Ore e giorni interminabili prima della meta.... la meta della morte. Nei libri che ho letto ci sono testimonianze di tante persone, tutte diverse ma molto simili. Trovi l'ebreo che era l'ultima feccia sulla faccia della terra.

Niente "riguardi" per gli ebrei. Sì perché nello stesso campo di concentramento erano presenti non solo ebrei, ma anche prigionieri di vario tipo. Omosessuali, asociali, zingari, prigionieri politici, ecc. Gli ebrei erano quelli che nella tragedia comune erano trattati peggio possibile. Ho letto storie di madri, madri come la tua o la mia, storie da strappare il cuore e farti incazzare a morte.

In uno di quei maledetti viaggi in treno lunghissimi ed estenuanti, c'erano una madre e un figlio.

Arrivati a destinazione il "carico" del treno veniva fatto scendere e smistato in varie file, i bambini (inutili al lavoro quindi ingombranti e immediatamente indirizzati alle camere a gas) e donne abili al lavoro e non. Le "non abili" venivano mandate per direttissima alle camere a gas. 

La madre di cui racconto, al momento in cui una SS è venuta a strappargli il figlio dalle mani ha fatto di tutto per tenerlo con sé, perché a quel punto neanche il diavolo ti fa paura se il prezzo è tuo figlio e tra le SS di diavoli ce ne erano del peggior tipo.

Comunque la cosa che mi ha colpito molto di questa parte del racconto è che alla fine della "lotta" tra la madre e la SS, quest'ultima spinge la madre col figlio nella fila dei "gasabili", dicendole "Per me è la stessa cosa!" ...La stessa cosa... Una vita in meno o in più, non contava niente. Tanto per lui erano solo feccia.

Oppure la storia di un uomo con madre polacca e padre tedesco, un uomo che si è salvato solo perché suo zio gli aveva imparato l'arte della fotografia e nel campo serviva un fotografo abile nel suo lavoro al servizio delle SS.

Questa storia in particolare racconta dell'onore di questa persona. I superiori per cui lavorava, delle SS, cercavano di farlo ricredere sulle sue radici essendo il padre tedesco in lui c'era del sangue ariano.

Poteva essere questa la sua salvezza. Invece lui non ha mai accettato di rinnegare le origini di sua madre e si è sempre ritenuto un polacco continuando a rischiare la sua vita nel campo da prigioniero. Lui era incaricato di fotografare tutte le persone che entravano nel campo, ebrei, zingari, omosessuali, malati, disabili, gemelli, donne e uomini, in seguito costretto a documentare le foto dei massacri mascherati da studi scientifici del dottore della morte Josef Mengele.

Il fotografo di Auschwitz racconta tra i tanti episodi di un gruppo di ragazzine fatte spogliare nude davanti ai suoi occhi per essere fotografate su ordine del medico Mengele. Racconta l'episodio come straziante per lui e soprattutto per le ragazzine impaurite e disperate nel ritrovarsi denudate della loro intimità davanti un uomo e soprattutto senza capirne il motivo. Alla fine le ragazzine finiranno come cavie per gli esperimenti all'interno del lager e moriranno.

Un'altra storia che mi ha colpito, racconta di un ebreo obbligato a lavorare presso il forno crematorio. Costretto a vedere scene di ogni genere. Costretto a mentire e tranquillizzare i deportati appena scesi dai convogli ed indirizzati alle camere a gas con la scusa di essere docciati dopo il viaggio estenuante.

Il suo compito era tranquillizzare le persone, farle spogliare dicendo, mentendo, di sistemare tutti gli effetti personali nel modo migliore, così che finita la doccia ognuno avrebbe ritrovato le proprie cose al posto giusto senza creare confusione. Mentire sapendo che nessuno sarebbe uscito vivo da quelle "docce". Finita la doccia della morte, lui e i suoi compagni di lavoro dovevano estrarre i corpi dalle camere a gas.

Corpi ammucchiati gli uni sugli altri, ammassati davanti a una porta che non si sarebbe riaperta se non dopo la loro morte. Racconta dei particolari, dell'odore acre di quei corpi dovuti alla morte data dal gas. Racconta degli inizi e della fine, come nel tempo cambiava la sua visione della situazione, era diventato un lavoro, lo era dovuto diventare per non impazzire. Racconta la tecnica studiata dopo un bel po' di esperienza per tirar fuori corpi scivolosi resi tali dalla morte subita.

E racconta anche che a conclusione di ogni esecuzione, il suo gruppo doveva ripulire tutto e riverniciare le pareti della camera a gas per non destare sospetti nei prossimi sfortunati. Non tutti sanno, almeno io l'ho scoperto da poco leggendo un libro a riguardo, che in alcuni campi di sterminio era presente un bordello, dove le donne ebree erano costrette a prostituirsi in cambio di un po’ di caldo e un pasto sicuro. Donne che hanno dovuto barattare la loro dignità per sopravvivere qualche giorno in più rispetto alle altre.

Maltrattate e stuprate dalle SS che le consideravano bestie, anzi forse anche meno di esse. Donne soggette a prendersi ogni tipo di malattia e se questo non bastasse anche insulti di ogni tipo e brutalità di varia specie.

Queste e tante altre sono le testimonianze sui libri, testimonianze importantissime e che noi giovani dobbiamo coltivare nella mente di quelli più giovani di noi perché non vadano perse.

Gli anni passano per tutti e non di meno per i testimoni dell'olocausto che si trovano ad essere sempre più vecchi e meno capaci di testimoniare quel che è stato.

La Shoah non è la storia di un popolo, ma di persone singole, una per una con la propria vita distrutta, i propri amori strappati, i propri diritti calpestati.

Un dramma che va visto singolarmente e non nel complesso, perché lì nel campo in mezzo a migliaia di altri come te eri solo. Il dolore tuo lo sentivi solo tu.

La tua fame la provavi nel tuo stomaco. La paura e la tristezza per i propri cari era personale ed unica in ognuno.

La Shoah è la vergogna non solo di un popolo, quello tedesco, ma di un mondo intero che ha fatto finta di non vedere perché era più comodo così. Perché non avere la certezza di una cosa vuol dire che quella cosa forse esiste o forse no.

O semplicemente era più facile esser dalla parte del più forte.

Per fortuna in questo mondo qualcuno ha deciso di fare la differenza anche se oramai troppo tardi per milioni di persone.

Agnese Galeotti