Viterbo CRONACA VIPPESCA 6

La Chiesa di santa Maria in Gradi, a sinistra, e la Domus Dei

Venerdì 11 aprile, i VIP (Viterbesi In Pensione) si ritrovano a casa di Aggì (che sono io) per la ormai consueta riunione settimanale.

Luigi, Alfonso e Giulia sono arrivati puntuali alle ore 16.  Giulia ha portato una delle sue celebri crostate per l’ora del tè.

Angelo invece è in ritardo e Giulia, puntigliosa come sempre, lo rileva così:

“Ecco, lo immaginavo, il ‘Presidente’ ha già preso le cattive abitudini da ‘presidente’, infatti, comincia a comportarsi proprio da ‘presidente’, cioè facendosi aspettare”.

Ma io so che Angelo è già in cammino per venire; mi aveva preavvisato con un sms che si doveva fermare qualche minuto per fare delle foto, foto che ci avrebbe mostrato e che avrebbero potuto costituire un buon argomento del giorno.

Lo dico a Giulia che subito ritira la critica chiedendo scusa.

Giulia è una ex sessantottina non pentita (l’ho già detto più volte e questa sarà l’ultima) e quindi non è mai disposta a sorvolare sulle irregolarità, ma è onesta e riconosce subito il torto se ha torto o, come dice lei senza peli sulla lingua, ‘se ha pisciato di fuori’.

Ci sistemiamo comodamente a far due chiacchiere alla buona, solo per ammazzare il tempo. (Povero tempo! Tutti lo ammazzano, ma lui continua a far girare gli orologi. Deve avere più vite lui che tutte le colonie gattine del mondo messe insieme).

Poco dopo arriva Angelo.

*     *     *

Angelo ci mostra le foto sul display della macchina fotografica e ci chiede se riconosciamo il posto.

Si vedono una via e dei palazzi, ma la piccolezza dell’immagine non ci dà la possibilità di identificarli. Angelo propone di collegare la fotocamera al televisore.

Armeggiamo un po’ con cavetti e telecomandi, ci suggeriamo manovre per lo più sbagliate e c’impicciamo a vicenda (quanto è complicata la tecnologia digitale per noi “diversamente” giovani!), ma dopo alcuni tentativi vediamo sullo schermo le immagini.

Qualcuna sta di traverso, ruotata di 90°, ma pazienza: guarderemo con la testa piegata di lato.

Alfonso : Sì, ora capisco!
Quella è via Santa Maria in Gradi e i palazzi sono quelli antistanti l’università. Gli stessi palazzi, con vista sul lato di via San Biele, sono stati fotografati da viale Diaz, stando al muretto che congiunge la stazione FS con Porta Romana.

Angelo : Bravo! Si vede che sei un carabiniere esperto nei rilievi e riconoscimenti fotografici. E la tua esposizione è degna di una perizia dei RIS.

Giulia : Smettetela con i giochini e i complimenti. E tu, Angelo, spiegaci che significa ‘st’esposizione.

Angelo : E invece vi faccio un’altra domanda. Vi sembra un’immagine decente della nostra città quella che mostrano le mie foto? In particolare è un’immagine degna dell’Università e di Porta Romana?
Tenete conto che Porta Romana è la prima immagine di Viterbo-centro per chi viene dalla Cassia Sud o scende dal treno alla stazione, e l’Università è la prima immagine di Viterbo-centro per chi arriva dalla strada Cimina.

 

Aggì : E’ vero. Anch’io, ogni tanto, quando porto il cane a spasso e percorro via San Biele, noto la bruttezza di quella zona.
Non solo, ma mi chiedo anche chi ha autorizzato la costruzione di quella specie di caricatura di grattacielo che chiude la prospettiva su Porta Romana e sulle antiche mura proprio sull’angolo tra viale Diaz e via Santa Maria in Gradi.

 

Alfonso : Passando in quei luoghi, proprio davanti all’università, ho notato quelle costruzioni che non si capisce bene che cosa siano. Sembra un accrocco di un antico palazzo centrale con addossate ai due lati delle costruzioni più recenti.
La parte destra di queste è abitata, la parte di sinistra, che un tempo mi pare fosse utilizzata da un gommista, è attualmente chiusa.
Vedo nella foto che il vecchio palazzo che sta al centro è apparentemente un rudere pericolante, invaso da erbacce e piante selvatiche, col tetto in rovina e in parte coperto da lamiere ondulate, come una bidonville.

Luigi : Se permettete vi do io qualche chiarimento.

Angelo : Certo! Dicci pure… del resto tu, oltre a me, sei l’unico del nostro gruppo che è viterbese d.o.c.  
Ma mentre tu sei un appassionato cultore della viterbesità, io, lo confesso con dispiacere, conosco bene la storia d’Italia, l’ho anche insegnata, ma so poco della storia della nostra città.

Luigi : Non ti devi dispiacere, né sentirti in difetto, perché questa parte di Viterbo, che tu hai fotografato, è sconosciuta per quasi tutti i Viterbesi.

Dunque, le costruzioni di cui si tratta hanno come cuore una costruzione del XIII secolo denominato Domus Dei. E’ l'edificio centrale che Alfonso ha descritto come apparentemente pericolante. E pericolante lo è effettivamente. Ma veniamo alla storia.

La Domus Dei era un ospedale situato sulla via Francigena voluto da un ricco esponente della nobile famiglia Gatti che lo fece erigere sulle fondamenta di un vecchio palazzo dell’altra nobile famiglia dei di Vico, edificio poggiante su un dirupo roccioso che insiste su via San Biele.

Verso la fine del 1200, non ricordo l’anno preciso, il Gatti donò ai Domenicani della Chiesa di santa Maria in Gradi, la Domus Dei, restaurata e attrezzata a ospedale per i bisognosi, affinché vi fossero ospitati non solo i poveri della città, ma anche i pellegrini che percorrendo la via Francigena attraversavano Viterbo per andare e tornare da Roma.

La Domus Dei quindi entrò a far parte del complesso di S. Maria in Gradi (monumentale convento dei Domenicani), cui era collegata con un cavalcavia.
Il convento vero e proprio fu trasformato in carcere alla fine dell’800, pochi anni dopo la fine dello Stato pontificio, mentre la Domus Dei fu espropriata dallo Stato, il quale poi la cedette a privati che ne modificarono non solo l’interno, tramezzandola, ma anche porte e finestre.

In prevalenza fu utilizzata come garage, officine, cantine. Alcune delle antiche finestre si vedono ancora oggi, anche se murate.

Alla Domus Dei furono addossate altre costruzioni, ma l’antica Domus fu trascurata e sta andando in rovina. Mi risulta che una famiglia, che abita accanto alla vecchia costruzione, teme che avvengano crolli.

Il proprietario della Domus, un facoltoso signore, invitato a mettere in sicurezza l’edificio, ha fatto pochissimo. Le autorità dovrebbero provvedere al posto e a spese del proprietario, come è doveroso per legge.

Finché l’ex convento fu un carcere, l’incuria e la decadenza della Domus Dei non importò a nessuno, ma ora, che l’ex convento è sede dell’Università della Tuscia, istituzione che dà lustro alla città, quella situazione di degrado, che tu hai documentato con le foto, è inaccettabile.

Angelo : Grazie Luigi. La storia che ci hai raccontato dà un’aura di nobiltà a quello che a me è sembrato soltanto un rudere brutto da vedere, pericoloso perché prossimo a crollare e fastidioso per l’Università alla quale sta proprio davanti chiudendole la visuale verso viale Diaz.

Alfonso : E allora che cosa facciamo? O meglio, dal momento che noi non possiamo fare niente, che cosa possiamo proporre? e a chi?

Giulia : Io sono per buttar giù tutto, compreso, anzi per primo, quel palazzone che sta all’inizio di via Santa Maria in Gradi. Non solo è stonato per forma e dimensione, posto com’è tra Porta Romana e l’Università, ma anche per il suo colore ocra, piuttosto volgare nel contrasto con il grigio del peperino delle mura.

Angelo : Complimenti, Giulia, per la tua impulsività che risolve i problemi distruggendo! Ma adesso pensiamoci un attimo e sospendiamo per l’ora del tè. Aggì, tu offri le bevande. So che Giulia offre la crostata di cui ho già sentito il profumo e notato la bella doratura delle strisce a losanga sulla marmellata bruna. Uuumm!

*     *     *

Mentre ci gustiamo voluttuosamente la torta, mi viene un dubbio sull’uso talvolta improprio della lingua italiana. 

Chissà perché diciamo ‘ora del tè’, dal momento che noi non siamo inglesi e per lo più beviamo di tutto meno che tè?

Infatti, Luigi predilige il caffè (che io gli aromatizzo con uno schizzo di liquore cremoso a base di panna e whisky), Alfonso adora la birra (con la crostata? Si! anche con la crostata!), Giulia è analcolica (si dovrebbe dire astemia, ma lei dice in quel modo e guai a contraddirla!) perciò beve succo di frutta, Angelo sorseggia (non beve, sorseggia) il vermouth (con dittongo ‘ou’ e ‘h’ finale perché è un raffinato. Ricordate? ve lo avevo già detto in occasione del primo incontro dei 3VIP).

Ah! Ho dimenticato di dire che cosa beve Aggì. Io? prima il caffè e poi volentieri anche il vermut (senza ‘ou’ e senza ‘h’, perché io non sono raffinato come Angelo).

*     *     *

Angelo : Riassumiamo la situazione: la Domus Dei è una pregiata testimonianza del Duecento e come tale andrebbe recuperata e valorizzata, ma è gravemente deperita e non sappiamo se il recupero sia possibile.

Le costruzioni che la affiancano sono anonime e dovrebbero, io penso, seguire la sorte della Domus, cioè eliminate o adattate al recupero della Domus stessa, con un occhio all’antistante Università e al suo stile. A proposito: avete notato che meraviglia sta venendo dalla ricostruzione della Chiesa dell’ex convento?

Giulia : Già! Se riesci a vederla, perché è orientata verso viale Diaz e ci trovi di mezzo quel coso, quel grattacielo nano dal colore sgargiante!

Angelo : Ora, per concludere, propongo che ognuno faccia una proposta, secondo il suo punto di vista…

Giulia : Comincio io, ma con una premessa. Se ho capito bene la Domus Dei è oggi proprietà privata e il proprietario, pur essendo ricco, se ne frega e la lascia andare in rovina.

Un tempo, negli anni post 1968, io sostenevo, come tanti, che la proprietà privata è un furto. Oggi non sono più così ‘fondamentalista’, ma in un caso come questo penso che il proprietario abbia l’obbligo di tutelare per noi e per nostri figli un pezzo di storia e di bellezza che i nostri avi hanno costruito. Non si dà da fare? Allora il Comune espropri subito e poi si vedrà.

Aggì : Io sono rimasto sorpreso e affascinato dall’uso antico della Domus, che fu anche un ospizio per i pellegrini della via Francigena.

Oggi ci sono parecchie iniziative per rilanciare il ‘turismo e la religiosità della via Francigena’, via che passa proprio davanti alla Domus. Perché non restaurare sia la Domus sia le costruzioni che la affiancano per farne un albergo o un ostello ‘ad hoc’?
Che cosa aspettano i proprietari a farlo direttamente o ad interessare qualche grosso costruttore?

Alfonso : Mi associo ad Aggì. Anzi vorrei aggiungere che in generale sarebbe ora di migliorare l’aspetto e l’abitabilità della città storica, invece di costruire a macchia d’olio anonimi casermoni periferici che poi, con la crisi in atto, rischiano di restare inutilizzati.
Luigi, come leggiamo spesso su lacitta.eu, si batte per la valorizzazione del centro città. Uniamoci a lui.

Luigi : Ti ringrazio. E perché non riassociare il complesso della Domus Dei all’ex convento, ora università, com’era un tempo? Anzi guarda un po' questo antico dipinto! Sulla sinistra si vedono Porta Romana con la torre adibita a campanile della Chiesa di san Sisto.


Potrebbe ospitare una facoltà, o la casa dello studente. Pensate a un cavalcavia, come era una volta, e si vede bene nel dipinto, un breve tunnel all’uscita del quale si aprirebbe la vista proprio su Porta Romana!

Angelo : Benissimo! Tante buone proposte che mi auguro non restino sogni di noi vip (viterbesi in pensione) che siamo vip in minuscolo.  I VIP veri, quelli ricchi e potenti, a Viterbo ce ne sono, si sveglino. La crisi si supera anche così, investendo nella storia, nella cultura, nel turismo. Basta piangere, anzi piagnucolare come tanti don Abbondio, preoccupati solo di difendere la propria piccola tranquillità e il modesto benessere.

(Nota finale: e vi pare che Angelo non citava ‘I promessi sposi’?) 

Aggì

I precedenti del Club dei 3 VIP (Viterbesi In Pensione)

Si è riunito il Club dei 3 VIP, se hai coraggio leggi il comunicato
Riunione del Club dei 3 VIP (Viterbesi In Pensione)

In merito al Club dei 3 VIP
Club dei 3VIP. Terzo incontro
Club dei 3VIP. Quarto incontro
Chiacchiere tra… VIP, Viterbesi In Pensione