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LA MAREMMA CHE FU
(narrazione poesia contrasto poetico)

Alla fine dell'articolo sono elencati i titoli degli articoli precedenti con link per essere letti      

Il dilemma professionale

Una premessa. Gli artigiani hanno sempre rappresentato una categoria sociale superiore ai braccianti e contadini, tant’è che,venendoci in aiuto il lessico, i primi esercitavano un mestiere e gli altri un lavoro. La cosa era particolarmente presente anche nella nostra Maremma, ove le due categorie erano le principali.

Così molte famiglie di lavoratori cercavano di far imparare ai figli un mestiere, quando, a costo di grandi sacrifici, non decidevano di mandarli in seminario (altro che vocazioni!).

Mi sembra giusto, prima di passare al raccontino, passare in rassegna i diversi mestieri esercitati e, data la mia propensione alla poesia, lo faccio nei versi di quartina:

Or giova ricordar altre persone,/ di certo amiche dei nostri villani/ vivendo nella loro condizione/ dell’opera nell’essere artigiani.// Nella famiglia si inviata il figlio/ ad imparare subito il mestiere,// quindi fu seguito quel consiglio/ da più persone, assai perite e fiere.// La povera bottega del barbiere/ non era solo posto per rapare/ ed i clienti, nelle tarde sere,/ dopo i capelli stavano a parlare.// Furono tante le teste rapate/ dalla perizia del nostro artigiano, / che nel tagliar faceva spidocchiate/ con gli occhi fissi sulla svelta mano. // Chiamaste il carradore con fagocchio/ ed artigiano questo fu del legno,/il cui mestiere richiedeva l’occhio/ e in qualche carro ne rimane il segno.// Del calzolaio voglio pur parlare:/ riparò lui tante sdrucite scarpe,/ ma giova maggiormente ricordare/ il nuovo cuoio trasformato in arte. // Con i suoi ferri messi sul banchetto/ lui spesso per la strada lavorava/ e canticchiava, spesso nel dialetto, / mentre solava oppure imbullettava: // E già chiamaste poi con mulinaio/ chi frantumava il grano per farina;/ lui certo fu legato col fornaio/ che vidi desto, prima di mattina.// Per ultimo mi preme menzionare/ il maniscalco, che era pure fabbro;/ il buon somaro seppe lui solare,/ ferma la bestia, fermo pure il labbro.// Tant’altri furon già i bravi mestieri/ praticati allor da quegli artigiani;/ non è poi tanto tempo, sembra ieri:/ erano quelli giorni di villani.

Ed ora passiamo al raccontino.

Uno di questi era il calzolaio più importante del paese, perché non soltanto riparava (in questo caso si sarebbe chiamato ciabattino o, peggio, ancora pecione, in senso dispregiativo), ma realizzava scarpe su misura per uomo e donna.

Chi scrive ha avuto la fortuna, da bambino, di calzare un paio di sandali, che ancora ricordo per la buona fattura e per il penetrante odore del cuoio.

Aveva inoltre un non so che di signorile e si distingueva, oltre che per la perizia professionale, per una sorta di paziente severità.

Per tutto questo godeva della stima di tutti i compaesani e molti genitori avviavano i figli a imparare il mestiere nella bottega di Luigi, che poteva vantarsi del titolo ambito di mae’, maestro, Egli accoglieva sempre l’allievo di turno con cordialità e con un sorriso enigmatico. Iniziava la lezione con l’indicazione dei nomi degli attrezzi professionali, subbia, trincetto, treppiede, etc., poi si passava man mano all’apprendimento del cucire tra loro due tomaie con il punto incrociato, mentre tirare lo spago con la pace, risultava di difficile impresa. Di solito, il risultato non era conforme alle aspettative del maestro e alle speranze dell’allievo, per i punti risultanti fuori posto o lenti. Allora si doveva ricominciare e, per abituare all’arte della pazienza, prima che a quella del cuoio, il nostro Luigi consegnava chiodini e semenze, cioè bullettame minuto, spesso arrugginito, perché recuperato da vecchie scarpe, dicendo: ragazzi’, vedi un po’ di drizzarli, che ancora sono buoni!.

Immaginate il martirio delle dita del povero piccolo apprendista per le martellate, che inesorabilmente erano date! Così per i più, ben presto, finiva quell’avventura, con gran dispiacere delle madri, e con l’immancabile asserzione: Io non voglio fare il calzolaio. E’ meglio diventare pecoraio!.

Questo accadeva nella Maremma che fu.

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La Maremma che fu, gli articoli precedenti

La Maremma che fu - L’Angelo
La Maremma che fu - Il tradimento

La Maremma che fu - Il cantastorie del ricordo

La Maremma che fu - La semina

La Maremma che fu - L’emigrante

La Maremma che fu - Un pomeriggio d’agosto

La Maremma che fu - Il risveglio

La Maremma che fu - Equivoco lessicale

La Maremma che fu - Disputa politica-religiosa
La Maremma che fu - Il banditore
La Maremma che fu - Una grazia poco celeste
La Maremma che fu - Ricordi della scuola elementare

La Maremma che fu - Secondo Contrasto sociale

La Maremma che fu - Primo Contrasto sociale

La Maremma che fu - Una strana processione

La Maremma che fu - Alla villana

La Maremma che fu - L’investitura

La Maremma che fu - Cultura e fede

La Maremma che fu - Il Carnevale

La Maremma che fu - Un piangente vignaiolo

La Maremma che fu - Una cosa buffa

La Maremma che fu - La nostra scuola

La Maremma che fu - In chiesa

La Maremma che fu - Menu villano

La Maremma che fu - I nostri giochi

La Maremma che fu - Un venerdì di passione

La Maremma che fu - Il ciocco

La Maremma che fu - Una cristiana abitudine (o dell’Anima)

La Maremma che fu - Il rito
La Maremma che fu - Una vendemmia bisestile
La Maremma che fu - Due ambulanti
La Maremma che fu - Il calendario contadino
La Maremma che fu - Un equivoco canzonettistico
La Maremma che fu - L’origine

La Maremma che fu - Il pecoraro
La Maremma che fu - La Trinità
La Maremma che fu - La villania

La Maremma che fu - Due poeti
La Maremma che fu - L’iniziazione
La Maremma che fu - Fotografia
La Maremma che fu - Bracciantato
La Maremma che fu - Una porchetta infelice
La Maremma che fu - Il confine
La Maremma che fu - Questua*
La Maremma che fu - Lupo di macchia
La Maremma che fu - La lupa
La Maremma che fu - La fiera
La Maremma che fu - Al lavatoio II
La Maremma che fu - Serenata maremmana
La Maremma che fu - Dal barbiere
La Maremma che fu - Al forno
La Maremma che fu - Don Giustino
La Maremma che fu - Zazzerone
La Maremma che fu - Zooerastia
La Maremma che fu - Canto del soldato contadino
La Maremma che fu - In vino veritas?
La Maremma che fu - Verso Natale
La Maremma che fu - Il vecchio contadino
La Maremma che fu - Nel pollaio
La Maremma che fu - Due pulcini devoti a Bacco
La Maremma che fu - Canto dello zappatore
La Maremma che fu - Ricordo di un maremmano calzolaio e ballerino di tango
La Maremma che fu - La festa nel podere
La Maremma che fu - Due quadrupedi
La Maremma che fu - Un maremmano calzolaio e attore
La Maremma che fu - Canto del buttero
La Maremma che fu - Al forno
La Maremma che fu - Fidanzamento contadino - Il dovere coniugale
La Maremma che fu - La vecchia bracciante
La Maremma che fu - La ferratura
La Maremma che fu - Il raccolto
La Maremma che fu - Era il tempo del brigante Tiburzi*
La Maremma che fu - Canto del vecchio pecoraio
La Maremma che fu - Il somaro Zampacorta e il contadino Cambiasomaro
La Maremma che fu  -one od –ette
La Maremma che fu - La transumanza
La Maremma che fu - Buon appetito!
La Maremma che fu - In vino veritas
La Maremma che fu - Eroi di Maremma
La Maremma che fu - Terra amata
La Maremma che fu - Coito interrotto
La Maremma che fu - L'antica madre