Pietro Angelone – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

Il sole malato

Il sole, malato intossicato, guarda noi, che guardiamo quello che pochi altri ci fanno guardare, per convincerci alla vacuità della presenza.

Il sole malato intossicato guarda la madre africana dalle lacrime asciutte, lacrime di sale mediterraneo, e senza più latte nei seni penduli.

Il sole, malato intossicato, piange lacrime nere di maledetto petrolio che scende dal cielo senza nuvole lordando quello che fu verde e azzurro.

Il sole, malato intossicato, ricorre alla protezione di una nuvola per un gatto che evapora sangue sull’asfalto di petrolio e, vicino, un corpo d’uomo respinge la curiosità racchiusa in lamiere plastificate, dimentica del segno di croce, segno di pietà.

Il sole malato ha desiderio di spegnersi e restituire quell’originaria luce, che già fu, come fulgore, compagna al cammino dell’esistenza.

Sì, ha desiderio di spegnersi per non essere complice di una cecità che ammala gli occhi di luce artificiale, ma che non aiuta a vedere lo sguardo attonito e fisso del bambino africano.

Così il sole, malato intossicato, vorrebbe suicidarsi con i suoi raggi e spegnersi nel sudario delle tenebre, sì che le gocce del suo sudore siano d’origine a una terra-deserto.

E la luce che fu, più non sia.

Aveva ragione il Leopardi.

E più non sia e il niente sia.