Francesco Mattioli, sociologo

La storia del Cristianesimo primitivo è terreno di caccia di gran parte degli studiosi atei, convinti di trovarvi elementi a favore delle loro tesi.

Tutto ciò è plausibile,  perché i dati storici e letterari da cui partire sono pochi, spesso labili, e quindi vi si può argomentare tutto e il contrario di tutto. Non entro nel merito, ciascuno può vederla come crede. Tuttavia, quando da una visione personale si intende esportare al pubblico,  e magari persino ad un pubblico specialista, il proprio pensiero allora la metodologia scientifica, in questo caso prioritariamente – ma non  solo – storiografica, deve necessariamente prevalere.

Troppi studiosi del cristianesimo primitivo in vena di contestazione della documentazione tradizionale si affidano ad occhi chiusi ai lacerti di vangeli apocrifi scritti duecento anni dopo la vicenda di Gesù da alcune sette pseudocristiane che cercavano di adattare il loro pensiero alle pruderie popolari del territorio.  Un esempio smaccato al riguardo è quello che riguarda il ruolo di Maria di Magdala, su cui si sono ricamate storie di vario tenore, da quelle degne più di un rotocalco d’oggidì che della scienza biblica, a quelle che la vedono una improbabile esponente ante litteram del femminismo.  

Si dibatte se i vangeli canonici abbiano finito per mettere in ombra altri vangeli – Paolo già negli anni ’50 del I secolo ne contava più d’uno – ma mentre per i canonici la datazione, per stile letterario e contenuti, viene comunque limitata entro il I secolo (compreso quello di Giovanni), per gli apocrifi disponibili, tranne forse per quello di Giacomo, tutto li conduce ad ambienti prevalentemente gnostici della metà del II secolo.

Ancor peggio si va per il periodo delle persecuzioni dei cristiani, iniziate con Nerone dopo l’incendio di Roma.  Qui la documentazione è quasi del tutto affidata alle memorie patristiche, perché almeno fino a Diocleziano le notizie di parte romana sono estremamente scarne e non  autorizzano molti voli pindarici. 

Ovviamente le memorie “cristiane” sono agiografiche perché esse stesse avevano funzione catechetica; ma su un punto si può essere certi, che al di là di certi “infiocchettamenti”, i dati archeologici e letterari disponibili e una meditata applicazione della sociologia dei movimenti sociali ci dicono che già nel terzo quarto del I secolo la separazione tra giudei e cristiani era bella che conclusa.

Priscilla non era ebrea e quindi già intorno al 60, trent’anni dopo la Passione, c’erano cristiani “gentili”. I cristiani furono perseguitati perché effettivamente non ponevano l’Imperatore avanti a Dio (davano molto meno a  Cesare che a Dio, insomma…), diversamente da quanto facevano i cultori di Mitra e Iside, due divinità molto di moda a Roma nel I secolo. Ma le rivolte ebraiche (quella del 70 e quella del 132, per esempio) non uscirono dalla Palestina.

Consiglio di consultare su tali argomenti veri esperti di vario orientamento,  come Jossa, Calimani, Sanders, Dunn, Dickson, Meeks, o Theissen, uno che proprio cattolico non è, ma che ammette che “la quantità dei materiali è troppo scarsa per fare affermazioni definitive sulla natura del primo cristianesimo”. 

Certe tesi quindi rischiano di passare più per delle esternazioni ideologicamente orientate che per argomentazioni storiografiche. Specie se poi per argomentare si attinge ad un Davide Donnini, che non è il massimo dell’attendibilità storiografica, studioso fantasioso che è riuscito  a farsi qualche scampolo di notorietà solo distorcendo la metodologia storiografica ad uso dei negazionisti e dei complottisti in servizio permanente.  Temo che nel suo caso il termine studioso significhi nel senso letterale originario del termine, un “appassionato”, piuttosto che uno “scienziato”. 

Non è un caso che costui venga sistematicamente ignorato dalle fonti accademiche pur di diverso orientamento, nazionali e internazionali; mi diceva un collega (ateo) che si occupa di storia delle religioni che non è né con le “passioni” di un Donnini, né con quelle esattamente contrarie di un Socci, che le scienze bibliche possono progredire in modo intellettualmente onesto.  C’è però da dire qualcosa ancora al riguardo: negli ambienti anglosassoni, anche protestanti, c’è la tendenza evidente a screditare  tutto ciò che suona “cattolico” (ad esempio, scagliandosi sul Vangelo di  Matteo, togliendo la paternità e dando datazione tarda e “accomodata” alle Lettere di Paolo, ecc.).

C’è un gruppo di pseudo-scienziati, negli Stati Uniti,  il  Jesus Seminar, che si diverte ogni anno a limare dai Canonici tutto quello che non  si può attribuire direttamente a Gesù: secondo loro, sono rimaste poche decine di parole. Strano, perché la memoria storica d’allora si sviluppava oralmente attraverso modelli ripetitivi recitati  a memoria. E ancor più strano, il Jesus Seminar “apre” ai Vangeli gnostici del II secolo. A  dimostrazione che, sul tema, nel migliore dei casi Pinocchio abita dappertutto e il suo naso si allunga particolarmente proprio tra i detrattori del cristianesimo primitivo, i quali non hanno neppure un gran che di materia bruta per portare avanti le loro posizioni  forzosamente anticonformiste e alternative.

(Rinvio al mio “Il corpo del Cristo. Gesù, Vangeli, Sindone: un approccio di sociologia della scienza”, LIbreriauniversitaria, Padova, 2016)