Cellere POESIA Anche la morte di una bella gallina può causare dolore, rimpianto e, in questo caso, anche pentimento
di Mario Olimpieri

 

La gallinella “de Gigge”

         O gallinella, gallinella mia,

         tu m’hai tolto la pace e l’allegria

da quando una “panacca” sulla testa

io t’assestai facendoti la festa,

         a causa di quell’uovo giornaliero

         che tu facevi e poi mangiavi intero.

Io giudicavo male e quel misfatto

l’attribuivo a qualche grosso ratto

         o ad un’altra gallina che, furbetta,

         l’uovo sfornava e lo mangiava in fretta.

Allor con accortezza proprio logica

e con visita mia ginecologica,

         inserendo nel giusto posto il dito,

         iniziai a tener, con questo rito,

sotto controllo le nove galline

tutte le sere e tutte le mattine.

         Da queste strane visite turbato,

         il gallo si mostrò preoccupato:

delle sue spose fu davver geloso,

assunse un portamento assai focoso

         ed intervenne in modo convincente

         contro di me che in maniera innocente

ero già pronto con l’esperto dito.

Cantando, disse irato ed agguerrito:

“Tu, caro Gigge, tra moglie e marito

non devi mai più mettere quel dito!”.

Così fu, e perciò cambiai sistema,

e in altro modo risolsi il problema:

         ogni gallina fu presto costretta

         a fare l’uovo sotto una cassetta,

al fine di conoscer con certezza

chi l’uovo consumava in segretezza

         e, detto fatto, fu scoperto che

         era quella del quinto coccodè;

essa l’uovo con gioia avea gustato,

ed il padrone ancora ben fregato.

         Ma i conti aveva fatto senza l’oste,

         perché, con decisioni forti e toste,

nel controllar preciso ogni cassetta

scoprii la gallinella maledetta,

         la qual subì la sorte meritata

         e che all’inizio è stata già svelata.

Fui dispiaciuto a uccidere il pennuto,

e in più rimasi affranto e pure muto

         quando notai che quella gallinella  

         era piena di uova, grassa e bella,

ma il colpo inferto fu sì micidiale

che riparo non c’era a tanto male.

         La misi nella pentola a bollire

         per calmare la rabbia e le mie ire:

ne ottenni un pasto squisito oltremodo,

e mai gustai migliore e ricco brodo.

         O gallinella, ti penso ogni giorno,

         però per te ormai non c’è ritorno.

O gallinella, gallinella mia,

tu m’hai tolto la pace e l’allegria.       

 

Mario Olimpieri

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