Montefiascone STORIA Alla morte dell'imperatore, nel 1250, papa Innocenzo IV festeggiò l'evento con parole di giubilo
di Quinto Ficari

 

Pierre Mortier Blaeu 1704

Nel Medio Evo, il controllo politico militare di Montefiascone, in virtù della straordinaria importanza strategica che per diversi motivi ricopriva, era determinante nel perenne conflitto tra impero e papato. Sin dai tempi di Federico I gli Hohenstaufen tenevano il territorio di Montefiascone in grande considerazione.

Anche il figlio del Barbarossa, Enrico VI di Svevia, considerava la fortezza di Montefiascone il sito naturale per governare il territorio circostante. Suo fratello Filippo I, Duca della Tuscia, qui aveva stabilito la sua sede.

In seguito alla morte dell'imperatore “papa Innocenzo III cercò di assicurarsene il possesso, rallegrandosene quando lo ottenne nel 11981, e affrettandosi a farselo riconoscere dalla corte di Palermo2. Nel 1203 Innocenzo III inviò a Montefiascone come castellano un suo parente, dichiarando, nella lettera di nomina, la posizione eminente che aveva nel governo papale della Tuscia3” . Lo storico tedesco Werner Goetz, titolare di storia medievale presso l'Università di Erlagen (Norimberga), considerato uno dei maggiori esperti tedeschi di storia italiana medievale, in una sua pubblicazione: “Da Pavia a Roma attraverso Lucca, San Gimignano, Siena, Viterbo”, 4 ipotizza che San Flaviano in Montefiascone sia stata la cappella di una fortezza sveva.


Quest'ultima ipotesi, inizialmente contestata e non presa in considerazione (forse un po' troppo frettolosamente)5, è invece coerente con quanto riscontrato e pubblicato qualche anno dopo dalla rivista “Quellen und Forschungen”, prestigiosa ed autorevolissima pubblicazione annuale a cura dell'Istituto Germanico di Roma, (specializzata nello studio e l'approfondimento di pagine storiche che riguardano la Germania e l'Italia dal Medio Evo fino ai giorni nostri).

In un editoriale riguardo il volume 198 del fondo Garampi dell'Archivio Segreto Vaticano, si dimostra, documenti alla mano, che un diploma del 1185 emanato a favore di Montefiascone da Federico Barbarossa, per vari motivi ritenuto un falso, sia stato invece autentico, e che Montefiascone era effettivamente la sede di un castellano imperiale, nonché il capoluogo del distretto amministrativo più a sud del regno degli svevi nell'Italia Centrale6.

Detto questo, è abbastanza evidente che le testimonianze documentali su questa porzione di Medio Evo relative al dominio degli svevi a Montefiascone risultano spesso annacquate. Considerato che questa sorta di “amnesia” riguarda addirittura la presenza “fisica” del personaggio sicuramente più carismatico non solo della famiglia sveva, ma dell'intera storiografia medievale, Federico II Hohenstaufen di Svevia, è forte il sospetto che anche a Montefiascone si sia esercitata nei confronti dello “Stupor Mundi”, e di tutti i suoi collaterali, per cancellarne e ridimensionarne il ricordo, quella spietata pratica di manipolazione e decontestualizzazione della memoria storica nota come Damnatio Memoriae.

Alla morte dell'imperatore, nel 1250, papa Innocenzo IV festeggiò l'evento con parole di giubilo, in una lettera piena di commenti sprezzanti nei confronti dell'imperatore, indirizzata al clero e al popolo del regno di Sicilia 7. Altri, come Giovanni Villani8, raccontarono che ad uccidere Federico II non fu la malattia, ma l'ambizioso figlio Manfredi. Diffondere la notizia della morte per mano del proprio figlio, il più amato, era evidentemente considerato un contrappasso . L'antico avversario era morto, ma non poteva essere perdonato.

Guai a chi osava mettersi contro la chiesa ed il papa. Gli ultimi anni di vita di Federico II dovettero essere molto difficili, tra sconfitte militari, scomuniche papali e defezioni di comuni tradizionalmente a lui fedeli.

L'ipotesi che ci possa essere stata una particolare ferocia nel tentativo di cancellare la memoria storica degli Staufen nella Tuscia prende ulteriormente consistenza considerato che uno dei più spietati avversari dell'imperatore fu un viterbese, il Cardinale Raniero Capocci, con cui Federico ebbe a che fare sia sul piano militare che su quello della ideologia: le doti di stratega del cardinale furono determinanti nella sconfitta che i viterbesi inflissero alle truppe dell'imperatore del 1243, (evento che segnò probabilmente l'inizio della fine per le sorti di Federico II), e non meno feroce Raniero Capocci si comportò per quanto riguarda la propaganda: strettissimo collaboratore di Gregorio IX, sicuramente influenzò la stesura del testo della bolla di scomunica del 1239 e del successivo manifesto pubblicato subito dopo.9


In seguito all'elezione di Innocenzo IV, convinse anche il nuovo papa, che inizialmente voleva perseguire una politica di pacificazione, ad adottare la sua intransigente linea politica nei confronti di Federico II.
Il cardinale promosse, attraverso la diffusione di due libelli intitolati “Aspidis ova “ e ”Iuxta vaticinium Ysaie”, un’accanita propaganda contro l’imperatore, per far fallire ogni possibilità di compromesso.

I suoi testi, incentrati sul profetismo escatologico, sfruttavano la diffusa paura dell’imminente fine del mondo (che alcuni interpreti di Gioacchino da Fiore avevano collocato nel 1260), ed erano di una durezza inaudita: “Se il papa (Gregorio IX) era stato il primo a inserire Federico II in una cornice apocalittica, gli scritti di Ranieri da Viterbo, zeppi di ogni orrore profetico-apocalittico, dimostrano che lo Staufen era davvero il precursore dell’Anticristo” (Kantorowicz, 1976, p. 591).

Le cose non erano però sempre andate così, anzi... Il suo giudizio nei confronti di Federico II fu, nei primi anni, molto positivo: come Gregorio IX, anche il cardinale giunse a definire la maestà soprannaturale dell’imperatore e il suo carattere angelico, che lo elevava al rango di “un secondo cherubino in segno della somiglianza con il Figlio unigenito”.

A questo punto ritorniamo alle vicende di Montefiascone: nel 1234, il senato romano capeggiato dal potente nipote di Onorio III, Luca Savelli, dichiarò che il patriomonium di San Pietro apparteneva alla città di Roma. Papa Gregorio IX fu costretto ad allontanarsi, non prima di emettere un anatema nei confronti del senatore, ottenendo però l'effetto di inferocire ancora di più i romani. A questo punto Gregorio IX affidò al cardinale Raniero Capocci la “defensio patrimoni beati Petri”, e chiese aiuto ai sovrani cattolici d'Europa.

In questo frangente anche Federico II portò soccorso al papa, che ricambiò il favore scomunicandogli il figlio, Enrico VII di Germania, che si era alleato con i comuni della Lega Lombarda contro il padre, permettendo così all'imperatore di agire contro di lui e contro i principi tedeschi che si erano ribellati sotto la guida del figlio dello Staufen.10Le truppe pontificie di stanza a Rieti si ricongiunsero con quelle imperiali ed in pochi mesi ottennero una vittoria definitiva, (battaglia di Viterbo, 8/10/1234), infliggendo ai romani pesanti perdite.

Federico II, nel frattempo aveva stabilito il proprio quartier generale a Montefiascone11. In questo periodo di permanenza a Montefiascone, (Agosto-Settembre 1234), l'imperatore, che tra l'altro pare si cimentasse spesso nella caccia al falcone, emise diversi atti amministrativi di una certa importanza, la cui eleganza formale fa ritenere che a Montefiascone operasse la cancelleria imperiale al completo.12

Con uno di questi atti in particolare, in data 8 settembre 1234 , Montefiascone fu il palcoscenico di un evento di rilevanza storica assoluta, in quanto con questo documento Federico II ridimenzionava,13 il valore di precedenti atti stipulati dal papa con il re di Francia in seguito alle conseguenze della Crociata Albigese contro il Catarismo.

Si tratta di una donazione a Raimondo VIII Poiters, Conte di Tolosa, del Contado Venassino.

Questo documento, conservato presso gli Archivi Nazionali del Ministero della Cultura francese, con sigillo d'oro, oltre ad essere dal punto di vista storico/politico importantissimo, è probabilmente uno dei documenti meglio conservati a firma dell'imperatore giunti ai giorni nostri... seppure noto in quanto documentato in varie circostanze, è l'ennesimo documento/circostanza legata/o alla presenza degli svevi di cui ci si era dimenticati. Coincidenze o Damnatio Memoriae...?

Quinto Ficari

 
1Historichen Studien – Das Testament Heinrich VI Versuch einer Widerlegung Von Fritz Gerlich dr. Phil. Berlin Verlag von Emil Ebering 1907.
2“Historia Diplomatica Fridirici Secundi”. Tomus I Huillard-Bréholles P.L. N 1852.
3“Studi su Innocenzo III” A. Maccarone, Ed Antinore, 1972 - P.L. Regesta INN. III, I, 544.
4 Du Mont , Monaco di Baviera, 1972.
5 “San Flaviano cappella di una fortezza sveva?” Biblioteca e Società. G.Breccola. Viterbo, vol XL, settembre 2000.
6“Quellen und Forschungen”, a cura dell'Istituto Germanico di Roma 65/1985.
7Epistolae saeculi XIII, III, nr 32, p.24
8“Nuova Cronica”. Giovanni Villani, I, cap. VI, 41, pp. 331-332
9“Federiciana” Treccani 2005 Tommaso di Carpegna Falconieri.
10“Storia della città di Roma nel Medio Evo”F.Gregorovius, Antonelli e Basadonna, 1874.
11 “Cronica” Niccolò della Tuccia, Tomo 1, pag.15 -16.
12N.d.A. : Della cancelleria imperiale di Federico II faceva parte anche un Von Tanne Waldburg, Enrico di Tanne, parente di Federico di Tanne, il vassallo imperiale di Filippo I Hohenstaufen morto in battaglia a Montefiascone nel 1197 in seguito agli scontri che si scatenarono con il diffondersi della notizia della morte di Enrico VI di Svevia. “ Cancelleria dell'Impero” Federiciana 2005 .
13“Sovranità del Papa sulla città di Avignone e Contado Venessino “,G.M. Parascandalo, J.S. Maury, Editore Giovanni Zempel, 1791, pag.28.Istoria della città di Avignone e del contado Venesino” Castrucci , Venezia 1678.

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