Viterbo CRONACA Con un leggero colpo di spugna, dunque, pare si siano cancellati secoli di storia
Giuseppe Bracchi

 

Santa Rosa di Viterbo

Ho letto il comunicato della nostra Curia vescovile in merito al trasferimento delle Suore terziarie francescane del Monastero di Santa Rosa in altra sede, la cui presenza, col tempo, i viterbesi si erano abituati ad apprezzare ed amare, sia perché legata, all'interno dello stesso Monastero alla presenza del corpo incorrotto di Rosa, patrona della Città di Viterbo, sia perché le stesse suore vestivano quell'abito che Rosa in vita avrebbe voluto vestire, ma che non le fu consentito indossare, se non dopo la morte.

Con un leggero colpo di spugna, dunque, pare si siano cancellati secoli di storia. Ma tant'è. Il comunicato della Curia vescovile, caro Mauro, pur freddo e burocratico quanto vuoi e come tu stesso, del resto, hai messo in evidenza, credo che non possa dirci di più. Così come, a mio avviso, credo che il Vescovo di Viterbo, mons. Lino Fumagalli, non avrebbe potuto né possa fare più di tanto per impedire ciò che è stato deciso dalla Sede Apostolica. E quando si dice Sede Apostolica, equivale a dire Papa Francesco o Dicasteri e Congregazioni che agiscono in suo nome e per suo conto.

Del resto la materia espressamente prevista dal CIC (Codice di Diritto canonico della Chiesa latina, diversi aspetti e diversa regolamentazione sono previste dal CCEO, ovvero il Codice di Diritto canonico che detta norme comuni per le 21 Chiese cattoliche orientali che si rifanno, ad esempio, al rito bizantino, maronita, caldeo, siro malabarese o siro malankarese e via discorrendo), ovvero la materia degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, nel Codex Iuris Canonici, è regolata dal Libro II, riguardante il Popolo di Dio, Parte III e comprende in tutto ben 173 canoni (cann. 573 - 746).

Tale materia, dunque, è assai vasta, profonda e minuziosamente regolata, dove ampia autonomia, peraltro, viene lasciata, pur con le dovute chiarificazioni, alle leggi ed agli statuti dei singoli istituti o congregazioni, laddove spesso è tradotto in norme il patrimonio o il testamento spirituale dei rispettivi fondatori (si pensi ai Francescani, ai Gesuiti, ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice, tanto per citare solo alcune gocce nell'immenso oceano degli Istituti di Vita consacrata, sia maschili che femminili).

E questo perché, come stabilisce in apertura il can. 573 § 1 “La vita consacrata mediante la professione dei consigli evangelici è una forma stabile di vita con la quale i fedeli, seguendo Cristo più da vicino per l'azione dello Spirito Santo, si danno totalmente a Dio amato sopra ogni cosa....”. Ed il §2 dello stesso canone: “Negli istituti di vita consacrata, eretti canonicamente dalla competente autorità della Chiesa, una tale forma di vita viene liberamente assunta dai fedeli che mediante i voti o altri vincoli sacri a seconda delle leggi proprie degli istituti professano i consigli evangelici di castità, povertà ed obbedienza...”.

Nelle Università Pontificie, quella degli Istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica è addirittura materia opzionale, affrontata cioè dagli studenti come scelta personale nel curriculum studiorum stabilito per il conseguimento della Laurea in diritto canonico, proprio perché l'eventuale scelta venga fatta nella consapevolezza di dover affrontare materia assai difficile e complessa.

Chi scrive ha preferito approfondire altri aspetti del Diritto canonico, fra questi la materia matrimoniale. Ci vorrebbe l'ausilio di un canonista, quale io non sono, e per di più con una certa esperienza (maturata attraverso anni ed anni di studio e di pubblicazioni) unitamente ad una approfondita conoscenza del Libro II – Parte III del CIC, quale quella posseduta, per esempio, dal chiarissimo prof. Gutierrez, mio stimato docente di Costituzione gerarchica della Chiesa.

Peraltro, proprio il can. 584 della Sez. I (Gli istituti di Vita consacrata) Titolo I (Norme comuni a tutti gli istituti di vita consacrata) sembrerebbe venirci incontro, eludendo ogni possibile confronto o dissidio: “Sopprimere un istituto spetta unicamente alla Sede Apostolica, alla quale è pure riservato disporre dei relativi beni temporali.”

Magra consolazione per tutti noi, quella di doverci affidare ai pensieri, ai comunicati, alle possibili ipotesi, alle fredde norme di un Codice o quant'altro. Ma di più non possiamo fare. Parlare di crisi delle vocazioni in un comunicato stampa, appare certamente riduttivo.

Ci vorrebbe ben altro. E comunque è tutta un'altra storia, impossibile peraltro da affrontare nello spazio di un articolo. Intanto prepariamoci a ricevere queste suore Alcantarine (Istituto femminile religioso di diritto pontificio) la cui fondazione risale al 1869, in quel di Castellammare di Stabia, in uno dei quartieri più degradati della città, da parte del sacerdote Vincenzo Gargiulo, insieme alla terziaria francescana suor Maria Agnese dell'Immacolata, al secolo Maria Luigia Russo.

L'attività e la presenza nella Chiesa e nella società di queste suore sembra essere del tutto in sintonia con l'attuale pontificato di Francesco: catechesi, opere parrocchiali, centri diurni, case famiglia, centri d'ascolto e animazione di strada.

Pur con un velo di nostalgia, attendiamo fiduciosi.

Giuseppe Bracchi

 

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