Blera CRONACA CHE VIENE DAL CUORE DI CHI CE L'HA Mi chiedo, con quale coscienza, in questo periodo prenatalizio, si è potuto sradicare tre ottuagenarie dal luogo a cui hanno dedicato la maggior parte della loro vita?

 

Esistono ancora uomini con la U maiuscola, come il mio amico Giuseppe Bellucci. Uomini con profondi sentimenti, a differenza di tante "maschere" viterbesi, che in questa vicenda delle suore Clarisse, si sono nascosti, non hanno detto una parola, ma santa Rosa sa chi sono.

Mauro Galeotti

Caro Mauro, le tue illuminanti osservazioni sulla lettera della Curia vescovile, che chiaramente non alimenterà polemiche, non per dignità ma per indifendibilità delle proprie argomentazioni, dovrebbero svegliare le coscienze dei viterbesi non più certamente figli di quel Gatti che fece scoperchiare il tetto del conclave.

Mi accorgo invece che al di là di qualche sporadico intervento, la cui lettura fa pensare più ad un tiepido “io c’ero” piuttosto che un segno virile della coscienza cittadina, Viterbo non sa esprimere. Conseguenza logica anche questa di una città che non sa guardare al futuro semplicemente perché non sa difendere la propria storia, il proprio passato.  

 

Così come ci vengono sottoposti i fatti delle Clarisse sa di sovvertimento di ogni logica elementare. Qualsiasi Istituzione, degna di questo nome, si preoccupa di assicurare la continuità con un cambio graduale del personale affinché la memoria non subisca un trauma irreversibile e al contempo non vada disperso il patrimonio storico accumulato negli anni.

Nel caso in questione, la gradualità poteva essere stata affrontata da tempo, sempre ammessa l’impossibilità, tutta da dimostrare, di non poterlo fare con le suore dello stesso ordine.

Ciò che rattrista e indigna è che, a fronte di un Papa così attento al dialogo e alla trasparenza, a Viterbo avviene un fatto che è tutto l’antitesi.

Se il responsabile di questo colpo di mano, che tale lo ritengo per la sua drastica e improvvisa attuazione, avesse avuto un minimo di gratitudine  verso le tre sorelle ottuagenarie per il compito da esse svolto in tanti anni e con tanta dedizione, si sarebbe premurato di avvertire per tempo la comunità con un comunicato o attraverso le  parrocchie urbane, e avrebbe perfino chiesto aiuto per la soluzione di un problema più grande delle proprie forze. Ma questa è pura utopia in un mondo in cui l’altezzosità mascherata cozza violentemente con l’umiltà.

Ora mi chiedo, con quale coscienza, in questo periodo prenatalizio, si è potuto sradicare tre ottuagenarie dal luogo a cui hanno dedicato la maggior parte della loro vita? Una vita che adesso si affaccia sull’incognito di un futuro in cui come foglie al vento, sono state disperse. Ci sarà mai  per loro qualche psicologa che le aiuterà a superare questa loro intima tragedia? Perché è ben noto  che con l’andar degli anni, ci si radica sempre più all’ambiente conosciuto e quanto se ne teme l’allontanamento!! Mancavano forse posti letto per non farle finire i loro giorni nel luogo a cui hanno dedicato una vita intera? Non credo, se precedentemente il numero delle clarisse era maggiore.

Ammesso che fossero dimostrate, ma qui il dubbio è forte, tutte le strade percorse per dare continuità a tale ordine monastico senza esiti positivi, non potevano essere state fatte convivere con le nuove arrivate?

Perché questo, così come si presenta, non è un trasferimento di opportunità, è una punizione!

Non passa giorno senza che la Chiesa non inviti a riflettere sulla sensibilità da attuare verso i deboli, soprattutto bambini e anziani. A Viterbo come viene applicata questa sensibilità?

Qualcuno dei notabili viterbesi, dei “tutti d’un sentimento” del 3 settembre, si è preoccupato di segnalare questa “carità cristiana” al Papa? O lo ritengono affare di cui non immischiarsi perché fatto interno della Chiesa?

Chi non difende i propri valori oggi, non sarà in grado di evitare il depauperamento del patrimonio morale e materiale domani! E queste tre Clarisse erano un patrimonio, un simbolo che andava difeso a spada tratta, anche con manifestazioni. Ma Viterbo non è città da manifestazioni e lo si vede!

Si può accettare l’ignoranza, ma non l’ipocrisia.

E adesso a Natale, la festività che risveglia i sentimenti migliori, si vada pure ad enfatizzarli, ma non si potrà ingannare la propria coscienza.

Giuseppe Bellucci

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