Viterbo STORIA DELLA NOSTRA CITTA'... MA A CHI FREGA?
A te interessa sicuramente visto che mi leggi, ma pensa se un monumento carico di storia come la Domus Dei debba finire nel nulla.
Mauro Galeotti

 

Dipinto del 1737 in cui si vedono, al centro la Domus Dei,
a destra la Chiesa di santa Maria in Gradi e a sinistra Porta Romana

Uno dei monumenti viterbesi che sta cadendo a pezzi, nel vero senso della parola, è l'antichissima Domus Dei, in Via santa Maria in Gradi, proprio davanti al complesso chiesa e convento omonimi.

E’ una parte della storia di Viterbo di notevole valore storico della quale, in fondo all’articolo che sto scrivendo, darò le notizie relative alla sua presenza nella nostra città.

Si nota facilmente percorrendo Via santa Maria in Gradi, Via san Biele, che il tetto della Domus Dei è crollato nella zona centrale, poi è mal coperto con le tegole e con bandoni di metallo ondulato, insomma peggio di così un monumento viterbese non poteva essere trattato.

La Domus Dei col tetto crollato vista da Via santa Maria in Gradi

Foto del tetto della Domus Dei nel 2006 (Foto Mauro Galeotti)

Foto del tetto crollato della Domus Dei nel 2006 (Foto Mauro Galeotti)

Non c’è da parte di nessuno il rispetto per quella storia che tanto animò la Domus Dei nella sua vita, procurandole ormai da anni, troppi anni la morte sicura.

E sì, perché per me, ogni monumento della nostra Viterbo, è come fosse una creatura viva, che respira, che parla, che racconta, grazie alle sue mura, alle sue finestre, alle sue porte, alle sue scritte, alle sue sculture e la Domus Dei aveva tutto ciò.

Sì, perché è stata depredata di un bellissimo bassorilievo e di una epigrafe che sono stati portati al Museo Civico, senza avere la sensibilità di collocarvi copie.

Il bassorilievo che era sulla facciata della Domus Dei, ora al Museo Civico

Al loro posto semplici e angoscianti vuoti.

Sì, perché aveva la facciata dipinta con santi dalla classica aureola e sono andati perduti, si intravedono in una foto del 1915.

Ed oggi?

Il tetto caduto fa entrare, negli ambienti, acqua e sole, indebolendo la robustezza dell’edificio, tanto è vero che cadono capriate, pietre, cornicioni, canali per le acque e solai.

La Domus Dei vista da Viale Diaz

E’ diventato un pericolo pubblico specialmente per chi vi abita vicino, per chi ha uniti, alla Domus Dei, i muri della propria abitazione.

Attualmente il tetto si presenta in quattro diverse situazioni: bandone ondulato, tegole, tetto crollato, bandone ondulato arrugginito, tutti in precario stato.

Nel 2006, vedi le foto qui sopra, ebbi l’occasione di salire su un terrazzo di una casa unita alla Domus Dei e fotografai il tetto ormai crollato, era in tegole.

La facciata della Domus Dei, oggi

L'ingresso della Domus Dei, oggi

Proprietario dell’immobile è l’amico Giuseppe Chiarini, il quale credo sia a conoscenza della grave situazione in cui si trova lo stabile ed allora perché non provvedere al ripristino prima che accada qualcosa di serio? Con conseguenze davvero dispendiose e pericolose?

Perché non metterlo in vendita?

Qualche istituzione, come ad esempio l’Università, la Fondazione Carivit, la Banca di Viterbo, il Comune di Viterbo, la Regione Lazio, potrebbero riadattarlo per sala mostre, per un museo, per sala conferenze, il rettore Alessandro Ruggieri, perché non prova a contattare Giuseppe Chiarini e cercare di ridare vita alla struttura?

Soldi ci vogliono è vero, ma se nessun farà niente, niente accadrà, e se niente accadrà, la Domus Dei la perderemo, per la certa possibilità di crollo delle mura a causa delle infiltrazioni di acqua, del gelo che allenta la presa delle pietre.

Il problema più grande è... “ma chi me sente!”.

Ma ecco la storia e alcune foto.

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L’Ospedale Domus Dei, la storia tratta dal mio libro, pesante cinque chili, del 2002, “L’illustrissima Città di Viterbo”

Nel suo testamento, datato 12 Ottobre 1289, Visconte Gatti, capitano del popolo nel 1268, lasciò a Gradi duecento lire per l’approvvigionamento di paramenti sacri e libri, lire venticinque per un calice d’argento e dieci salme di vino annuali da destinare alle messe.

Dispose, inoltre, che alla sua morte (1306) il proprio corpo fosse sepolto nella chiesa, inoltre stabilì che buona parte dei suoi beni, tra cui un palazzo, fossero destinati alla costruzione di un ospedale da erigersi ove avessero deciso i frati domenicani.

Nel 1290 i fratelli Manfredi e Pietro V di Vico, figli di Pietro di Vico, donarono ai Domenicani un edificio, posto avanti alla loro chiesa, ed un orto. Fu deciso quindi di collocarvi l’ospedale voluto da Visconte e già nel 1292 furono intrapresi i lavori di ristrutturazione; ben presto, fu denominato Ospedale Domus Dei.

Il 30 Giugno 1293, sotto il priorato di Ugone degli Uberti, Visconte Gatti, per salvare l’anima sua e della moglie Teodora Capocci unitamente a quella dei suoi parenti, donò ai frati di Gradi un arredo di venticinque letti con relativi materassi in cui potevano essere accolti e ricoverati gli infermi poveri. Era il più ricco e ampio ospedale della città.

Visconte, il 7 Novembre 1298, donò alcune terre in conto della dote di Teodora, defunta, che aveva espresso la volontà di effettuare tale donazione all’ospedale.

Sulla facciata dell’Ospedale Domus Dei, era, su lastra di marmo, la seguente epigrafe, conservata nel Museo Civico:

† A(nno) D(omini) MCCL-XXXXII D(omi)n(u)s Visconte Gattus milex / Viterbien(sis) de Britonibus: edificavit et do / tavit de bonis suis itsud hospitale q(uo)d / voluit nominari Domus Dei pro remissio / ne peccatorum suorum in subsidium paupe / rum qui orent Deum pro ip(s)o et pro a(n)i(m)a uxoris / sue q(uo)d eis misereri dignetur. / Opus aut(em) istius ymaginis fieri fecit dictus / milex sub ann(o) D(omi)ni mill(esimo) trecentesimo tertio.

Tradotta: Nell'anno del Signore 1292 il nobile Visconte Gatti dei Brettoni, milite viterbese, edificò e dotò con i suoi beni questo ospedale, che volle fosse chiamato Casa di Dio in remissione dei suoi peccati, a soccorso dei poveri che preghino Dio stesso per lui e per l'anima della moglie sua perché si degni aver compassione di loro. La scultura di questa immagine fece fare il detto milite nell'anno del Signore 1303.

L’epigrafe era murata sotto ad un bassorilievo marmoreo, anche questo conservato al Museo civico, ove è raffigurata la Madonna in trono col Bambino e con ai loro piedi i dedicatari in preghiera nelle persone di Visconte Gatti e di sua moglie Teodora Capocci.

Oggi l’opera è murata sulle pareti del loggiato del Museo civico.

Leggo sul libro, relativo alle Memorie storiche dei signori di Vico, scritto da Francesco Cristofori (1888):

«A cura del Conte Francesco dei Gentili Lenzi mio Zio materno, allora Assessore dei Lavori pubblici il Municipio con lodevole premura nel 1876 circa, fece trasferire la bella Madonna di stile arcaico (malamente ritoccata, come il ch(iarissi)mo Prof. Giuseppe Rossi mio buon amico mi accerta) staccata diligentemente dal muro nel civico museo, con non lieve fatica, e con istruite precauzioni, ed ivi ora si ammira».

Trovo pure in merito a quanto sopra, in un documento di consegna, che il 7 Gennaio 1913 i «fratelli Ugo e Carlo Carletti del fu Gorgonio, proprietari di un affresco e di un bassorilievo esistenti nella facciata della Domus Dei situata avanti l’ex Convento di S. Maria di Gradi, sono venuti nella determinazione di consegnare al Comune della loro Città natia le due suddette opere d’arte perché vengano conservate in perpetuo presso il Museo Cittadino», il museo in quel periodo era entrando il portone del Palazzo dei Priori, l’ingresso a destra, sotto la balconata.

La facciata era tutta affrescata e in una vecchia fotografia si potevano ancora vedere alcune figure di angeli.

Antonio Muñoz nel 1912 scrive che «sull’intonaco della facciata si riconoscono ancora le tracce delle vecchie ornamentazioni a fresco».

La facciata della Domus Dei verso il 1913 col bassorilievo e l'epigrafe

Padre Pio Semeria in proposito scrive sulle Memorie:

«Sono antiche le pitture a fresco sulla parete dell’Ospedale di Gradi (quelle che rappresentavano i diavoli i quali minacciavano di subbissare Viterbo, che ne fu liberata per intercessione della Madonna Liberatrice, sono state barbaramente ricoperte di bianco nell’anno 1824».

Nel 1304, riferisce Giacinto Nobili, i fondi, donati dalla famiglia Gatti all’Ospedale, consistenti in mulini e terreni, furono devastati dalla parte avversa e un serio pericolo di distruzione lo corse anche la Domus Dei stessa.

Il cardinale Giovanni Boccamazio di Tuscolo († 10 Agosto 1309) concesse benefici all’Ospedale il 30 Giugno 1309, seguito da Pietro e Manfredi di Vico e da Giovanni de’ signori di Bomarzo. La struttura acquistò notorietà ovunque tanto che vi sostarono celebri personalità.

Fra’ Ruggero di Bartolomeo, in data 26 Settembre 1310, cedette in oblazione, una casa al Ponte Paradosso. Due anni dopo, il 20 Gennaio, Madonna Fiordimaggio donò un orto nella Valle di san Cristoforo e Consiglio Anfanelli donò un palazzo il 5 Marzo 1315.

Ma il merito di massimo splendore si deve a fra’ Consiglio Gatti, il quale donò all’ospedale un casamento con orto in Viterbo in contrada Fonte del Sipali, lo dotò di venti letti e di personale fisso ed esperto nel settore della medicina.

Raniero Gatti nel 1317 concesse tutti i suoi diritti su una tenuta a Vitorchiano e, nel 1323, Venturoso e la moglie Berta offrirono una casa in san Sisto e una vigna a san Cristoforo. Un oliveto ed una vigna furono donati nel 1341 in Contrada Freddano, lo stesso anno un orto ed un uliveto a Porta Salciccia.

Altre donazioni furono concesse nel 1360 da mastro Giacomo di Gianni, che donò una vigna in Contrada Pusciglio. 

Simone di Ceccarello, nel 1365, unitamente alla moglie Flora, donarono una casa a san Sisto. Una vigna in Contrada Mandriale presso La Quercia fu donata nel 1370 da mastro Giovanni di Roberto.

L’ospedale posto in posizione strategica, per il controllo di chi voleva avvicinarsi alla città, era oggetto di tentato possesso da parte delle fazioni viterbesi (1423) a tal punto che papa Martino V fu costretto a chiedere aiuto al vescovo di Montefiascone contro Antonio Ticci, Giovanni Caprini e altri che attentavano anche ai beni dell’ospedale stesso.

Il 10 Maggio 1465, su invito dei frati, papa Paolo II lanciò un anatema contro chi dava molestia all’Ospedale e ai suoi possedimenti in Norchia, Respampani, Roccaltia e Casale.

Giorgio di Gregorio Schiavone, industriale viterbese, nel 1478 morì nell’Ospedale, al quale lasciò tutti i suoi beni. E’ questa una delle ultime donazioni alla pia istituzione.

Dal secolo XVI l’Ospedale non ebbe più l’antica importanza e la decadenza fu continua e inesorabile, infatti, ospitò di tanto in tanto qualche raro pellegrino a causa anche dello stato di abbandono in cui fu lasciato.

Anticamente un arco, sovrastante la strada, univa la Domus Dei con la Chiesa di Gradi, fu fatto costruire nel secolo XIV dai frati Domenicani.

Fu restaurato nel 1471 da Niccolò Bussi il quale fece apporre l’epigrafe riportata da Cesare Pinzi:

«Nicolaus De Bussis […] hoc vetustate collapsum / duxit instaurandum arcum […] prioratus magistri / Ludovici [Angelelli de’ Gentili] de Viterbio, curantibus executoribus d. / Andrea de Spiritibus et rectoribus artis aromatariorum / MCCCCLXXI».

L’arco fu fatto demolire per dare maggior vista su Porta Romana nel Settembre del 1818, su ordine di monsignor Benedetto Cappelletti, delegato apostolico, come riferisce anche Carlo Antonio Morini nelle sue Memorie manoscritte. 

I frati elevarono una sentita protesta, sedata poi dal cardinale Gaspare Bernardo Pianetti.

Scrive Luca Ceccotti (1868):

«Molti ricorderanno ancora, che un arco, le cui imposte si veggono tuttavia, traversava la strada, e congiungeva la fabbrica dello Spedale al muro esterno dell’atrio anteriore alla chiesa [di Gradi]; che quest’arco o volta portava un’altra fabbrica unita al corpo principale dell’edifizio sebbene di minore elevazione. Ebbene questa appendice copriva il bassorilievo e le pitture della fronte attuale, ed era forse in origine la cappella dello Spedale, di cui l’incassato, che conteneva la Madonna, era per avventura l’altare».

Intanto nel 1837, scoppiò una epidemia colerica, la Domus Dei fu utilizzata quale lazzaretto per accogliere le donne ammalate e per cimitero fu individuato un terreno chiamato il Barco.

Alla fine dell’800 l’edificio della Domus Dei era di proprietà di Gorgonio Carletti, il quale, come riferisce Cesare Pinzi, curò il restauro del bassorilievo della facciata.

Sul lato sinistro guardando la facciata, prossima alla Via santa Maria in Gradi, era una colonna con sopra una croce, Pinzi scrive che si disse «Croce Minosella, da cui nel secolo XV prese il nome la contrada».

La croce, sparita, detta Minosella nel cimitero della Domus Dei, era sulla sinistra
di chi sta davanti alla facciata della Domus Dei
(Foto Sorrini e Betti del 1961)

La croce con la colonna sembra siano andate distrutte nel Maggio del 1969, mentre un’altra voce afferma che sono state smontate e conservate da un privato, senza alcuna autorizzazione.

Sul fianco destro della Domus Dei è un cortile nel quale è una fontana che lasciava cadere l’acqua in una vasca rettangolare in peperino. 

Ad essa è unito un piccolo lavatoio e sulla parete è una lastra in peperino con inciso 1904 M. M., che stanno ad indicare sia l’anno di esecuzione che le iniziali di Marino Marinelli, in quel tempo proprietario della fonte e di vari locali ivi esistenti.

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Oggi la Domus Dei attende solo, amaramente, il crollo.

Ma è giusto tutto ciò dopo tanta storia?

Mauro Galeotti

P.S. Se hai ancora voglia di conoscere la storia della Domus Dei e la sua importanza riporto qui sotto uno scritto di Antonio Muñoz che pubblicò, nell'agosto del 1913, sul Bollettino d'Arte.

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La Domus Dei. - Visconte Gatti delia nobile famiglia dei Brettoni, benemerito cittadino viterbese, volle fondare nella sua città un ospedale e scelse il luogo incontro alla chiesa di S. Maria di Gradi, fuori della porta detta allora di S. Sisto, ora Romana. Demolite le case che sorgevano in quel punto si diede ad elevare un grosso edificio tuttora esistente; un fabbricato con tetto a capanna, contenente due vaste corsie sovrapposte, con larghe finestre, aperto sulla strada romana, incontro al santuario di Gradi, i cui monaci incaricò di provvedere all'assistenza dei poveri (1).

La costruzione fu fatta nel 1292 ; nel 1303 decorò poi la facciata dell'Ospedale, a cui aveva imposto il nome di Domus Dei, con pitture e con un bassorilievo. Questo rilievo (fig. l) che esiste ancora oggi [siamo nell’agosto del 1913 n.d.d.] è degno di illustrazione; rappresenta la Madonna col Bambino in braccio, seduta in trono sotto una edicola gotica; un santo nimbato, di minori dimensioni della Madonna, presenta a lei raccomandandoli i fondatori dell'ospizio, Visconte Gatti e Teodora Capocci sua moglie, inginocchiati ed oranti.

A destra dell'edicola ne è dipinta un'altra a fresco, sotto la quale sta un angelo; il busto eli un altro angelo si vede al disopra dell'edicola marmo rea. Le basi di questa portano uno scudetto con lo stemma dei Gatti: tre barre orizzontali. Al disotto del rilievo un'iscrizione ce ne dà la data:

« A. D. MCCLXXXXII . Dominus . Visconte. Gattus . Milex .

Viterbiensis . De . Britonibus . Eclificavit . Et . Do

Tavit . De . Bonis . Suis . Istud. Hospitale . Quod .

Voluit . Nominari . Domus . Dei . Pro. Remissio

Ne . Peccatorum . Suorum . In . Subsidium . Paupe

Rum. Qui. Orent . Deum. Pro . Ipso . Et . Pro. Anima. Uxoris .

Sue. Quod . Eis . Miserere . Dignetur.

Opus . Autem . Istius . Imaginis . Fieri. Fecit . Dictus .

Milex . Sub . Anno. Domini . Millesimo. Trecentesimo . Tertio. »

Il rilievo che è uno dei rari esempi di scultura trecentesca a Viterbo, ha forme schematiche nel panneggio; lo direi ispirato da modelli oltramontani. Se pure non è opera di qualche maestro borgognone. Anche certi particolari del costume, come la berretta che porta in capo la Madonna, non trovano riscontro nell'arte nostrana (2).

Nel secolo XIV i frati Domenicani costruirono un cavalcavia tra il loro convento di Gradi e la Domus Dei, nella quale per mezzo di questo arco si penetrava per una porta posta al disopra del bassorilievo. La facciata della Domus Dei era decorata di pitture, che sono scomparse sotto l'imbiancatura, e così pure l'arco.

In un manoscritto di iscrizioni viterbesi, conservato nella Biblioteca Comunale (N. 43) leggiamo: «Da notarsi che nel fine del detto arco verso Viterbo vi è il miracolo di S. Michele nella Grotta di Monte Gargano quando vi andò nella grotta di detto santo il bue a refuggiarsi, che non ostante il detto luogo immune il di lui persecutore tirolli la frezza onde il Santo fe' quella indietro tornare con percuotere lo stesso che la tirava, di più vi era registrato il breve di Bonifazio nono sopra l’indulgenza per la festa di Maria sempre Vergine Annunziata».

Queste pitture dovevano trovarsi nell'arco; sulla facciata ancora sotto la imbiancatura, per essere i contorni fortemente graffiti, si riconoscono le va rie rappresentazioni che v'eran dipinte in tanti scomparti: l'Annunciazione, la Presentazione al Tempio, la Trasfigurazione (?), la Crocifissione. Per quanto è possibile giudicare dei contorni e dalla forma delle architetture che appena si intravede, le pitture rimontavano al secolo XIV, e potevano convenire alla data del 1303.

In basso nella facciata si vedono ancora due finestrine gotiche lobate.

(I) CESARE PINZI, Gli ospizi medioevali e l’Ospedal Grade di Viterbo. Viterbo, 1893, pag. 100.

(2) Il bassorilievo con le pitture viene in questi giorni distaccato dal posto e trasportato nel Museo Civico [posto a destra di chi entra il portone del Palazzo dei Priori, la porta a destra sotto il balcone], ceduto in deposito perpetuo dai proprietari della Domus Dei, signori Carletti.

Antonio Muñoz

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