Viterbo CRONACA Alto, magro, sguardo spiritato, volto diafano, voce solenne e cadenzata
di Vincenzo Ceniti

Surreale intervista di trent'anni fa a Mario Signorelli pubblicata nella rivista Tuscia del 1983.

Lo storico Mario Signorelli

Ho letto che venerdì prossimo Antonello Ricci, sempre più abile e agile nella ricerca di curiosità storiche per le sue originali “passeggiate” tra le antiche pietre di Viterbo, ci dirà di Mario Signorelli (1905-1990) “L'uomo che parlava con gli etruschi”.

 

L'occasione mi fa tornare alla mente un'intervista che gli feci trent'anni fa, quando aveva 78 anni, pubblicata nella rivista “Tuscia” (30/1983) dell'allora Ept.

Alto, magro, sguardo spiritato, volto diafano, voce solenne e cadenzata. Lo ricordo così in quel gelido gennaio del 1983 quando andai a trovarlo a casa sua in un vecchio edificio di largo Cesare Battisti a Viterbo per ascoltarlo parlare degli etruschi. “Sono in contatto con gli etruschi e con altre entità spiritiche (mi disse allora) dal 14 novembre 1964”.

Quel giorno Giuseppe Signorelli ebbe l'idea di ispezionare alcune grotte del Riello (nei pressi di Viterbo), fino ad allora inesplorate. Lo guidò (diceva) la curiosità di alcune letture di Annio, il frate - aggiungiamo noi - vissuto alla fine del Quattrocento cui i viterbesi devono le storie fantastiche sulla nascita della loro città.

In quelle grotte, invase dalle acque e dalla melma, in un'atmosfera di terrore, il nostro Vate avrebbe raccolto la prima trasmissione trascendentale, come degli impulsi magnetici diretti alla psiche che si sono, poi, trasformati in concetti.

Una prima serie di scavi (a suo spese come polemicamente mi precisò) lo portarono ad interessarsi anche ad un'altra zona, poco distante dalla prima, detta “Macchia grande” prossima ai luoghi dove alcuni anni dopo avrebbe scavato il re archeologo Gustavo VI Adolfo di Svezia.

Ma ecco la notizia sensazionale “Lì a Macchia grande gli etruschi mi dissero che c'è il Fanum Voltunna.  Molti credono che io abbia usato mezzi magici o organizzato sedute spiritiche. Niente di tutto questo. Mi sono limitato a raccogliere le voci di questi esseri superiori che hanno sempre agito di iniziativa loro. Non parlo quindi con gli etruschi, come affermano i miei detrattori. Da quando ho percepito il primo impulso trascendentale sono quotidianamente in contatto con loro. Sono uno schiavo e mi devo limitare ad ubbidire”.

“Gli spiriti mi hanno rivelato che la loro città sacra, il Fanu di Velthurcia (dal nome delle due divinità Velth e Urcia), detto comunemente il Fanu di Voltunna, si disponeva su due ali, una al Riello (lungo la strada che conduce alle terme di Viterbo) e l'altra a “Macchia grande”, a sei  chilometri più a est.. In questa località (continua Signorelli)  sono racchiusi i ruderi di un villaggio preistorico risalente a circa 50mila anni fa”.

“Qui gli etruschi, utilizzando preesistenti insediamenti, hanno ricavato il  sacrario, ricco di tesori e preziosi documenti sulla loro esistenza, che ha un'estensione di circa 30mila ettari. Cade dunque una delle tesi più accreditate secondo cui il Fanu si troverebbe a Bolsena nei pressi del lago. A 'Macchia grande' ho individuato otto portali, peraltro visibili, che sono stati murati dagli etruschi nel 250 a.C. anno in cui queste popolazioni abbandonarono quei luoghi”.

“Le porte conducevano nelle viscere della rupe tufacea (sono sempre le sue parole) che si compone di tre strati. I primi due sono emergenti dalla superficie e quindi a tutti noti. Per scendere però al terzo ripiano occorre il permesso degli etruschi  che me lo hanno negato. Informai della rivelazione tutte le autorità competenti, compreso l'allora presidente della Repubblica (Antonio Segni), ma nessuno mi credette”.

“Nel 1979, un medico di Milano, dopo avermi ascoltato, è penetrato con lo spirito nella città sacra attraverso un cunicolo lungo una trentina di metri ed ha potuto vedere cose meravigliose tra cui un cavallo d'oro massiccio a misura naturale, i rotoli contenenti il testo originale dell'evangelista Matteo (e qui ci sarebbe da discutere) ed altri tesori dell'antichità. Sarei potuto entrare anch'io, ma per ordine espresso degli spiriti ho rinunciato”.

La conversazione con Mario Signorelli andò avanti a ruota libera, finché presi coraggio e gli dissi “Ma lei in effetti chi è?”. La risposta fu di quelle che chiariscono ogni dubbio “Io sono un etrusco, un perispirito, vissuto da sempre”.

Ma non finì qui.

Venni a sapere da Signorelli che gli etruschi erano centomila. “Sono sempre stati centomila. Cinquemila di loro costituivano la classe elitaria (sacerdoti, vestali, addetti al culto ecc. ). Gli altri rappresentavano il popolo: uno stuolo di onesti lavoratori, agricoltori, artigiani, pescatori, commercianti e minatori. Quest'ultimi concentrati nelle zone di Vetulonia, Populonia e isola d'Elba”.

“I sacerdoti gli unici a comandare (è sempre Signorelli a parlare), erano dodici: si chiamavano Lucumoni e si riunivano una volta all'anno proprio nel Fano di Voltunna”. Fin qui niente di nuovo come le informazioni che mi dette sulla loro  religione, sui confini dei loro territori ed altre cose risapute. Ma ecco la notizia sensazionale.

Signorelli mi rivelò che i sacerdoti non volevano che i veri volti degli etruschi fossero conosciuti dai posteri, proprio per impedire che si svelasse la verità. Quindi le pitture parietali delle tombe di Tarquinia sono un falso.

”I volti ritratti sono di altre popolazioni, le scene di banchetti, di sport, di giochi, di divinità, sono greche. Neanche gli strumenti musicali sono etruschi. Tutto quello che ci hanno tramandato Tito Livio e i suoi contemporanei è una menzogna”.   

Prima di congedarmi, Signorelli me ne disse un'altra.

“Questi rapporti che ho con le entità spiritiche hanno lo scopo di salvare le generazioni di oggi. La nostra esistenza è sull'orlo del tracollo: ingiustizia, odio, avidità per le cose terrene, hanno trasformato l'uomo in un barbaro.

Ci potremo salvare solo ritornando alla vita semplice e serena degli etruschi: io rivelo il loro messaggio di pace sperando che qualcuno l'ascolti. Più non posso fare”.

E nemmeno noi!

Vincenzo Ceniti
Console di Viterbo del Touring Club


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