Viterbo CRONACA Te porto ‘n cunsijo pe’ risolve ‘l problema de le disoccupate…
di Aggì

 

H   come  :  Ho sognato (Meco Torso)

     Ormai Meco Torso mi ha adottato come ‘alter ego’ o, come si dice oggi fantascientificamente parlando, mi considera un ‘avatar’.  Di tanto in tanto mi si presenta in sogno perché si è fissato nell’idea che io debba essere il suo portavoce.

 

     Ma con tanti viterbesi d.o.c. proprio me doveva cercare?  me, che sono un viterbese acquisito?  Ha detto: “Adè una quistione de fìlinghe (perdonate il suo inglese approssimativo), co’ tte c’ho il  fìlinghe perché ce piace a tutt’a due de pijà un po’ pel culo, ma solo pe’ scherza’, senza cattiveria”.  Così ha pure deciso di abitare a casa mia (ricordate la puntata 32 di questo vocabolario?)

     La notte scorsa è tornato e gli ho chiesto subito:

- Ma non puoi presentarti per mezzo di internet? con una mail o con skype, invece di disturbare il mio sonno?

- Nun so’ bbonooo. Internette è roba vostra, de li tempi vostri. E poe come fo’ a procuramme nicchename e passavo’ o come caz... se dice? Nun te lamenta’! Tanto, in mentre che tu dormi, chiacchieramo.

- Che vuoi, oggi, cioè ‘sta notte?

- Te porto ‘n cunsijo pe’ risolve ‘l problema de le disoccupate…

- Niente meno!

- Voe sete troppo cumplicate. Ve ‘nventate indennità de disoccupazione, cassa ‘ntegrazione normale, straurdinaria, ‘n deroga, mobbilità, salario de cittadinanza… Poe va a feni’ che le disoccupate vere nun pijano gnente, in mentre che le lavoratore ‘n nero se pijano pure l’indennità.

- Forse è vero, ma sapessi com’è difficile esaminare le situazioni e verificare le condizioni…

- Propio accussì! Allora, pe’ conto de la CSSPES “Commissione superiore de studio de li problemi economico-sociali”, te vengo a da’ sto cunsijo, se me fai finì de parla’…

- Ma di che commissione parli?

- E daje, a ‘nterrompe. Allora l’anime sante del paradiso, l’anime de queloro che hanno lavorato co’ le mane, e c’hanno ancò le calle ma le deta, hanno fatto ‘na Commissione, senza gettone e senza rimborso spese, diarie e quant’antro. Mica come voe! La commissione ha penzato che doverissevo fa’ a sto’ modo: invece de dà le ‘ndennità pe’ nun fa’ gnente, mannate a lavora’ chi nun c’ha ‘l lavoro, lo pagate ‘n po’ meno del lavoro normale, come l’indennità o ‘n po’ de più…

- … ma è il lavoro che non c’è…

- Come? La città nun è propio polita, le aiole so’ ‘bbandonate, le strade so’ piene de buche, le funtane so’ verde de alghe, le mure so’zozze e piene de pannatara, li musei  e l’opere d’arte nun se visiteno perché nun c’è chi opre e chi fa survejanza, l’intonico de le palazze è ‘mbrattato de scritte, come le dite voe? Muràlesse? A dì accussì pare ‘n’arte, ma è solo zozzeria.

- Ma questi lavori devono essere appaltati…

- Bravo! Accussì ‘nvece de dà qualche euro a chi nun c’ha lavoro, fate guadagna le solite ‘mprese che, bene che va, costeno ‘l doppio quanno so’ oneste, sinnò se freg… zitto! E’ mejo che me sto zitto.

- Ma questi sono lavoretti, e finiti questi?

- ‘ntanto cominciate. Poi ce so’ li lavori pubblici ‘n po’più grossi: strade, restauri de palazzi, scole decrepite e, come dite voe co’ le parolone, “la messa in sicurezza del territorio”. A ‘nventavve parolone sete brave e fate ‘n figurone, ma poi nun fate gnente. Solo chiacchiere e le pagate pure care ‘ste chiacchiere  perché le dite, penza ‘n po’, “consulenze”!

- Comunque questi lavoratori bisogna pagarli. Lo sai che gli enti locali non possono spendere? Non ci sono disponibilità finanziarie e, comunque, c’è il vincolo di stabilità.

- Aoh! Ma see de coccio! Nun capisci. Pe’ dda’ le ‘ndennità senza fa’ lavora’ l’euri li trovate? Pe’ le consulenze pure? E pe’ fa’ quarcheccosa de utile no?

- Ma forse lo Stato? Per le grandi opere?

- Que’ è n’antra quistione. Ce penza ‘n’antra Commissione. La mia se occupa de’ quistioni locali.

- Però, vedo che pure voi, in paradiso, fate come noi: commissioni, commissioni, …

- Qui c’hai raggione. So’  vecchi vizzi, che ce semo portati da la terra.

- Va bene, Meco. Domani, appena mi sveglio, quello che hai detto lo scrivo, anche se mi sembra ingenuo e mi attirerà un bel po’ di ridicolo. Ma ora lasciami dormire.

- Ma prò torno! ‘n te lo scorda!

 

S   come  :  Solitudine dei primi (della classe)

     Quando mi iscrissi al primo anno del liceo, ero un nuovo. Provenivo da un’altra regione e non conoscevo nessuno dei compagni di classe. Ma questi si conoscevano bene tra di loro e fecero in modo di lasciare a me l’unico posto libero, quello che nessuno voleva perché era accanto al primo della classe, naturalmente al primo banco e ovviamente davanti alla cattedra.

      Per ragioni di riservatezza non dirò il nome di quel compagno poco desiderabile, ma lo chiamerò  ‘De- primi’, nel senso che era un cervellone, il classico ‘primo della classe’, ma anche uno che ti deprimeva il morale per la inarrivabile bravura e la scontrosità. Non mi dimostrò mai, nei tre anni di condivisione del banco, né amicizia né simpatia. Pensava solo a studiare. Era talmente preparato che spesso metteva in difficoltà anche gli insegnanti con obiezioni e critiche.

      ‘Deprimi’ divenne prestissimo uno stimato insegnante di latino e greco e, qualche anno dopo, preside d’istituto.

      Passarono gli anni e con l’esperienza mi resi conto che per combinare qualche cosa nella vita bisogna disporre di una ottima preparazione oppure di una forte raccomandazione. Non disponevo di appoggi e per mia scelta non li cercai; perciò fui costretto ad impegnarmi nello studio e nel lavoro. Non sono mai stato un “secchione”, né a scuola né nella vita lavorativa, non ho mai cercato di essere un “primo”, ma ho cercato sempre di fare bene. Qualche volta ho dovuto sacrificare vita privata, amicizie e divertimenti.  Questo è un male, ma talvolta è necessario per evitare un male più grave. E allora ho cominciato a capire Deprimi e a rivalutarlo nel ricordo. E ho capito la solitudine dei ‘primi’ e l’antipatia che li circonda. Non credo che ci si debba comportare proprio come loro, ma ritengo che sia saggio utilizzare un po’ della loro laboriosità e del loro impegno.

     Gentile lettore, lei si chiede forse che cosa vuol significare questa chiacchierata? Ecco la conclusione.

       Domenica scorsa,in attesa della finale dei mondiali di calcio, ho sentito in TV il giornalista Piero Sansonetti augurarsi la vittoria dell’Argentina  perché - ha detto- “questa Germania ci ha rotto le palle!” e ho pensato che la Germania è un ‘primo della classe’ e, come tale, è in ‘solitudine e antipatia’. 

      Quale è la morale?

Non voglio fare il moralista, ma consiglio un esame di coscienza ai tanti italiani che la pensano come Sansonetti, fanno battute volgari, disprezzano la serietà e la bravura e sono soddisfatti di un’Italia tra gli ultimi… e non solo nel calcio.

Aggì

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