Viterbo CRONACA Mauro ci delizia con un’altra sfaccettatura della sua sterminata collezione di reperti tutti riconducibili a Viterbo e provincia
di Giuseppe Bellucci

 

Mauro Galeotti davanti a un manifesto del 1926

Puntuale come è nel suo carattere inconfondibile per precisione e serietà, Mauro Galeotti, direttore di questa testata, ha aperto oggi pomeriggio, 1° settembre, i battenti della mostra di vecchi manifesti: “Santa Rosa e la Macchina”, che egli stesso ha allestito a Viterbo all'iCult, l’ex mattatoio sulla Valle di Faul.

L’amico collezionista ci delizia con un’altra sfaccettatura della sua sterminata collezione di reperti tutti riconducibili a Viterbo e provincia.

Il suo smisurato amore per la città non lo manifesta con ampollosità retoriche a cui ci siamo dovuti abituare, ma, complice anche il carattere umile e schivo ancorché orgoglioso, lo dimostra con i fatti.

E i fatti sono condensati questa volta in una carrellata caleidoscopica di manifesti celebrativi della festa di santa Rosa che datano dal 1657 al 1985, gli anni seguenti li ha ma... a casa.

 

Il sindaco Leonardo Michelini e Mauro Galeotti

 

Già nell’ingresso si respira un’atmosfera d’altri tempi, di quelle che ti rapiscono e ti obbligano a riesumare mentalmente il vissuto, anche non troppo recente, perché i programmi delle varie epoche, con le loro frasi ormai desuete, riportano inevitabilmente alla nostra giovinezza e oltre.

Sono manifesti in cui si onora la Santa patrona con le dovute funzioni religiose, ma anche con quelle attività popolari in cui la gente è invitata a partecipare per contribuire ad essere e sentirsi “tutti d’un sentimento”.

Ma soprattutto, ciò che colpisce, forse perché da troppi anni se ne avverte la mancanza, è l’inserimento di rappresentazioni teatrali di alto livello. Sia che si tratti d’inizio Novecento che degli anni sessanta, esse sono il polso della vivacità culturale della Viterbo dell’epoca.

Una vivacità che, purtroppo, è andata sempre più affievolendosi fino ad essere, ai giorni nostri, solo un ricordo con cui taluni ancora si riempiono la bocca. Ma solo quella.

E’ attraverso la lettura di questi manifesti che si poteva ritenere meritato il titolo, per una cittadina di provincia, di “città d’arte e di cultura”. Titolo che oggi, a mio modesto avviso, stenta assai a risalire la china. 

 

Giulio Curti, Raffaela Saraconi, Mauro Galeotti

 

L’interessantissima mostra che l’autore, presente il sindaco, Leonardo Michelini, ha quasi implorato venga accolta e raccolta dalle istituzioni così come quella fotografica sulla “Belle époque”, già avvenuta, affinché non sia disperso un patrimonio così importante per il cammino storico di Viterbo, è da augurarsi trovi la giusta collocazione per le fruibilità future.

Sono intervenuti anche Mario Brutti, presidente della Fondazione Carivit; Raffaela Saraconi, assessore comunale; Francesco Aliperti di Archeoares e Giulio Curti, responsabile della struttura iCult-Bic Lazio in Via Faul 20.

Solo così, conservando a beneficio dei posteri, questo materiale di ingente valore storico-culturale, si potrà sistemare un piccolo tassello per la rinascita di Viterbo città della cultura!

Giuseppe Bellucci

... se li è montati uno per uno

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