Viterbo RIFLESSIONI CURIOSE Miaooooo, miaooooooo, miaooooooooooo

Questa mattina, durante una delle consuete visite ai miei cari al cimitero di San Lazzaro, qui a Viterbo, ho nuovamente incontrato un gattino… nero!

Come ben sapranno gli avventori abituali, non è così raro ivi incontrare questi animaletti, tanto che qualcuno ha definito i gatti “padroni” del cimitero, forse non senza un velo di polemica.

Non voglio assolutamente entrare nel merito di questa “spinosa” questione: mi limito a raccontarvi il fatto buffo occorsomi, e le mie relative curiosità, ormai appagate.

Più di una volta il suddetto gattino mi ha attraversato la strada: sembrava quasi aspettarmi, mi scrutava, da lontano, con i suoi occhi furbi, mi guardava… in “gattesco”, poi, al mio sopraggiungere, -zac!- mi saltellava davanti con quell’agilità propria dei felini!

Fin qui nulla di strano, se non fosse che, dicerie popolari, asseriscono porti sfortuna, ed esortano a cambiare strada talora si verifichi il fattaccio.

Ora, per una persona come me che, in quanto a procacciarsi millantati anni di sfortuna è un asso (ho all’attivo vari specchi rotti, sette anni di sfortuna ciascuno assicurati!), un innocuo gattino par nulla… però sono troppo, troppo curiosa ed ho cominciato a chiedermi le ragioni di questa diceria, scoprendone delle belle!

Nella mia mente, la causa di questa triste fama era imputabile al colore stesso del pelo dell’animale: il nero è da sempre messo in relazione con una dimensione diabolica.  

Nel nostro immaginario collettivo ricordiamo il gatto nero come il servitore di fattucchiere di paese e di streghe, e l’animale in cui esse si trasformavano per compiere malefici.

Inoltre proprio il nero è il colore del lutto e della morte per eccellenza! Naturalmente tutto ciò ha esercitato la sua nefasta influenza, ma altre ragioni a questa si affiancano; almeno due sono accreditate come origine e causa di questa fama negativa.

La prima risale al Medioevo quando le strade, di notte, erano completamente buie: non si vedeva nulla e, a maggior ragione, non si vedevano i gatti neri! Ora immaginate di attraversare, di notte, una strada buia, magari su una carrozza trainata da cavalli. Con voi, oltre all’oscurità della notte, una fioca lampada che illumina a malapena la strada. Se un gatto nero avesse attraversato la strada, né il conducente né il cavallo lo avrebbero visto, rischiando così di incappare in brutti incidenti.

Qualora poi la luce della lampada avesse colpito gli occhi del micio, essi l'avrebbero riflessa… come due lanternine, spaventando il cavallo e facendolo imbizzarrire. Ne derivò la triste fama di cui ho fatto menzione.

Purtroppo nel Medioevo non si sapeva nulla del tapetum lucidum negli occhi del gatto che rifletteva la luce e così si iniziò a pensare che portasse male. Invece il tapetum lucidum (dal latino “tappeto lucido”) è uno strato riflettente posto subito dietro, e talvolta all'interno, della retina degli occhi di molti vertebrati, con il compito di riflettere la luce verso di essa, aumentando la quantità di luminosità che può essere catturata dalla retina stessa.

Questo aumenta la capacità visiva in condizioni di bassa luminosità e si trova principalmente negli animali notturni con una buona visione al buio come i gatti.

Nulla di demoniaco, ma un prodotto della natura.

La triste superstizione legata ai gatti neri fu alimentata, pensate, anche dai papi!

Mi ha stupito moltissimo apprendere che papa Gregorio IX (pontefice dal 1227 al 1241) accusò i gatti di essere compagni delle streghe e, in particolare, indicò proprio i gatti neri come animali da esse prediletti.

Nel 1233 proclamò la bolla "Vox in Rama", che fu presa come invettiva in nome della quale dare inizio allo sterminio di tutti i gatti sospettati di incarnare il diavolo, specialmente quelli neri. Chissà cosa avrebbe detto papa Gregorio IX se avesse solo immaginato che secoli dopo, un altro papa, Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), si sarebbe fatto fotografare proprio nel coccolare un gatto nero!

Un altro pontefice che contribuì alla diffusione di queste superstizioni fu papa Innocenzo VIII che, nel 1484, decretò la caccia alle streghe. Anche solo dar del cibo a un gatto era sufficiente perché una donna venisse accusata di pratiche diaboliche. Si pensava anche che se non fosse stata subito praticata un’incisione a forma di croce sulla pelle dei gattini appena nati, questi all’età di sette anni si sarebbero trasformati in streghe. E si diceva anche che le donne anziane di notte prendessero la forma di gatti neri per andare a succhiare il sangue al bestiame nelle stalle!

L'altra motivazione che alimentò l’equivalenza gatto nero – sfortuna, ha a che fare con i pirati turchi: essi erano soliti portare a bordo delle navi dei gatti neri per cacciare i topi nella stiva (il colore era motivato dalla loro minore visibilità nel buio). Quando i pirati approdavano vicino a una città, in attesa di saccheggiarla, i gatti potevano approfittarne per scendere a terra.
Vedere in giro un gatto nero, quindi, divenne un presagio di malasorte.

È da tutte queste assonanze messe insieme che nasce la credenza che il gatto “nero” sia portatore di sventura.

Un lato ironico della vicenda è che in Inghilterra è valido l'esatto opposto: il gatto nero porta fortuna. Se ti attraversa la strada significa che i guai sono passati senza sfiorarli, se entra in casa di primo mattino sarà una splendida giornata e, per una ragazza “da marito”, è presagio di trovare presto l'anima gemella.

D’altra parte, come disse Groucho Marx [nome d'arte di Julius Henry Marx (New York, 2 ottobre 1890 – Los Angeles, 19 agosto 1977), attore, comico e scrittore statunitense], “un gatto nero che ti incrocia la strada significa che sta andando da qualche parte”.
Nulla di più.
Come dargli torto?!

Una curiosità: a difesa dei gatti, ed in particolare di quelli più “bistrattati”, con il manto nero, dal 17 novembre 2007, ogni anno, si celebra un’iniziativa promossa dall’AIDAA (Associazione italiana per la difesa di animali e ambiente), con lo scopo di sensibilizzare la popolazione contro le inutili violenze a cui vengono sottoposti questi animali per via del loro colore. Oggi sono molte le associazioni che si occupano di gatti che aderiscono alla giornata con iniziative a tema. Alcune di esse serviranno anche a raccogliere fondi per continuare ad assistere i gatti di tutti i colori.

Permettetemi di chiudere “spezzando una lancia” a favore del gatto nero: animale affascinante, per mille motivi, sia per lo splendore della livrea, che per i mille rimandi culturali che porta con sé.

Un gatto completamente nero diventa quasi invisibile di notte, se non fosse per i suoi occhi che brillano nel buio e lo rendono un miracolo della natura.

Su quest’invisibilità del gatto nero gioca Rainer Maria Rilke (1875-1926) nella sua poesia dal titolo, appunto, Il gatto nero.

Il poeta sostiene che anche il più evanescente dei fantasmi è possibile vederlo, mentre un gatto nero è praticamente invisibile.  Il custode antico di ogni sguardo lo definisce Rilke.

Ve la dedico… ripromettendomi di ricacciare indietro la tentazione di cambiare strada la prossima volta che incrocerò questo innocuo animaletto!!!

Barbara Pasqualini

Il gatto nero

Anche il fantasma evanescente è vero.
Se un giorno riesci a intravederlo suona.
Questo nero sipario copre invece
lo sguardo acuto delle tue pupille,
come cella ovattata che ad un tratto
spezza veloce e insieme dissolvente
il terribile grido di un demente.
Sembra il custode antico di ogni sguardo
che vuol celato in lui:
tutti li stringe a sé
per sonnecchiarvi sopra,
ostile e pigro
del tutto in sé racchiusi, il lungo giorno.
Ma se a un tratto si desta
e volge il muso in pieno
volto, e ti guarda fissamente
ritrovi allora il lampo del tuo sguardo
nelle tonde pupille - misterioso -
chiuso in quell’ambra come morto insetto.

Rainer Maria Rilke

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