Viterbo STORIA ANGELICA

 

Con buona pace dei “corsi e ricorsi” di Giambattista Vico (1668-1744), la storia  non si ripete. Essa non è una scienza esatta.

Tuttavia a volte si presentano degli eventi che suggeriscono richiami al passato. Così le dimissioni di papa Benedetto XVI hanno subito, inevitabilmente, evocato alla memoria quelle di Celestino V.

La figura di questo pontefice fu quasi una sorta di linea di demarcazione.

 

I secoli del pieno Medioevo (XII-XIII) furono pervasi da tensioni e fermenti religiosi. Si animarono  volontà pauperistiche come quelle di  Arnaldo da Brescia, dei Valdesi, di Francesco d’Assisi; si avanzarono attese di una nuova età e di rinnovamento.

In tal senso Gioacchino da Fiore, monaco cistercense, fondatore dell’ordine dei Florensi, prospettava tre età: quella del Padre, quella del Figlio e quello dello Spirito, quest’ultima prossima a venire; in essa avrebbero trionfato l’amore, la purezza, la contemplazione. Il suo pensiero trovò seguito in specie tra i francescani Spirituali e cominciarono a maturare speranze in un “papa santo”, “pastore angelico”.  

Già prima di Celestino V circolava una profezia che parlava della venuta di un “papa religioso” (papa sacer) e di “angelica vita” (vite angelice). Tale profezia si legge, ad esempio, nella Cronaca del francescano Salimbene da Parma (1221-1288), egli stesso “suggestionato” dalla pensiero di Gioacchino da Fiore.

L’elezione a pontefice del monaco-eremita Pietro da Morrone (1209/1215-1296), avvenuta a Perugia il 5 luglio 1294 dopo un tormentato conclave, “uomo santo, ma politicamente inesperto e del tutto ignaro dei complessi meccanismi del governo della Chiesa”, e la sua rinuncia al pontificato il 13 dicembre del medesimo 1294 fecero sì che egli passasse dalla storia al mito. E il mito fu quello del “papa angelico”, il papa santo e puro, in grado di rinnovare la Chiesa. Mito sostenuto dalle correnti più radical-pauperistiche dell’ ordine francescano, quali Spirituali e Fraticelli.

Da fine Duecento e primi Trecento in poi apparvero i Vaticinia de Summis Pontificibus (Vaticini/profezie circa i Sommi Pontefici): si trattava di testi contenenti profezie relative a vari pontefici, descritti per mezzo di un’immagine, un motto e un commento criptico. Nella prima serie di questi compaiono le figure di futuri papi angelici. Tutti ritratti in atteggiamenti pii e umili, senza segni di potere mondano.

I Vaticini ed altri testi di taglio profetico ebbero successo e furono notevolmente diffusi sia manoscritti che a stampa. Il periodo avignonese del papato (1309-1377) ed il Grande Scisma che ne seguì (1378-1417) incrementarono ansie di rinnovamento e speranze nell’avvento di un papa angelico. Il mito di questo non scomparve neppure in età umanistica, quando riaffiorò la cultura classica, ma ciò non significò  affatto l’affievolirsi di istanze di rinnovamento, di aspirazioni a più corretta vita religiosa.

Così, ad esempio, negli anni 70 del Quattrocento comparve un’opera dal titolo emblematico: Apochalypsis nova, attribuita al beato Amedeo da Silva, francescano, che dette vita ad una propria congregazione, quella degli Amadeiti.  Anche Girolamo Savonarola auspicava un papa “santo e buono”, strumento soprannaturale per la “rinnovazione” della Chiesa.

E c’è di più!

Ad esempio, nel corso del Cinquecento, epoca della frattura tra la Chiesa cattolica ed il mondo della Riforma protestante,  non sono mancati personaggi che si sono proclamati ed auto-indentificati come papi angelici.

Nel 1516 lo fece tal fra Bonaventura, francescano; nel corso del secolo altri aspirarono all’assunzione di questo ruolo come Pietro Galatino, altro francescano,  intorno al 1524-1525 e il gesuita Guillaume Postel (1510-1581).  Il sogno del papa angelico ha continuato una sua vita nascosta anche oltre questi tempi e ci si può spingere fino ad anni non molto lontani poiché l’appellativo di pastor angelicus è stato assegnato a Pio XII.

Mentre la rinuncia di Celestino V fece cadere le speranze di rinnovamento della Chiesa trasferendole e proiettandole in ambito mitico-profetico, la rinuncia di Benedetto XVI ha aperto le porte ad una  concreta e decisa azione di cambiamento che s’incarna nella figura del primo  papa che ha avuto il “coraggio” di chiamarsi Francesco. Il nome assunto, gli atti che compie quotidianamente in spirito di assoluta semplicità e carità indurrebbero a riferire a lui l’appellativo di “papa angelico”.

Papa Francesco non giunge a caso né improvvisamente; la sua elezione appare avvenuta al termine di un percorso in cui la Chiesa ha da tempo avviato un progressivo e profondo rinnovamento. Come non pensare a Giovanni XXIII, al Concilio Vaticano II concluso da Paolo VI; ai pontificati di Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II ed al grande atto di umiltà e servizio del pontefice Benedetto XVI?

Tutte personalità diverse tra loro, ma tutte di altissima levatura morale ed intellettuale; ben accorte ed avvedute dei problemi della Chiesa, pronte ad conferirle nuovo slancio. Quasi – si potrebbe dire – una sorta di successione di “papi angelici”!

La Chiesa di papa Francesco è motivo di speranza e brilla davvero come esempio imponente di serietà di rinnovamento in un tempo in cui, ad esempio, in Italia i poteri politici sono in piena degenerazione.

Ma la Chiesa, – si sa – pur con tutte le sue crisi e difficoltà, è guidata dallo Spirito, il mondo laico-politico da ben altro!

Giovanna Casagrande,
Università di Perugia, socio onorario
Centro Studi Santa Rosa da Viterbo Onlus

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