Viterbo STORIA SANTA

Santa Giacinta Marescotti

Settimana Santa: seguire Cristo nel suo culmine, seguire anche in quei riti le sue orme. Negli atti della Liturgia si ripercorrono i momenti drammatici della vicenda terrena di Gesù, quelli conclusivi: "Le Palme", il "Giovedì Santo" in cui si celebra proprio la messa per commemorare la cena del Signore, la presentazione del suo estremo sacrificio, nell'offerta del suo Corpo e Sangue.

 

Il "Venerdì Santo" il cui centro è l'adorazione della Croce, vessillo di salvezza, per arrivare al "Sabato Santo", nell'attesa e nella meditazione silenziosa, dove si aspetta la Domenica di Pasqua, per essere restituiti ad una vita più grande che nasce dall'Amore.

Nella storia di Viterbo fulgido è senz'altro l'esempio di penitenza e mortificazione di santa Giacinta Marescotti (1585/1640), che dopo i trent'anni a seguito di una grave malattia, cambiò radicalmente la sua vita monastica, catalizzandola proprio nel valore della Passione.

Si privava del necessario, ai piedi calzava zoccoli duri che poi lasciò per camminare a piedi nudi. La notte prendeva sulle spalle una pesante croce e genuflessa scendeva e saliva la lunga scala del monastero di san Bernardino.

Ogni venerdì santa Giacinta riviveva la Passione, si immedesimava in Lui.

Le erbe amare in quel giorno erano il suo pasto, proprio in ricordo del fiele che ricevette Gesù. Ripercorreva la Via Crucis flagellandosi a sangue, coronandosi di spine sempre con quella pesante croce, perché voleva essere con Cristo, "il suo amore crocifisso"!.

Sacrificio, immolazione fisica per recuperare, forse, il tempo che aveva vissuto senza il Signore, nella completa donazione di se stessa anche con queste pratiche d'amore e mortificazione.

Nell'Archivio Generalizio dei Frati Minori Conventuali ai SS. XII Apostoli di Roma è conservato un diario autografo della Santa, dove trapela proprio la sua meditazione sulla Passione, sublimata nella profonda conversione, radicale, definitiva.

La Passione vissuta sulla propria pelle, nella totale donazione per arrivare alla contemplazione della Resurrezione, dell'abbraccio con il Nazareno, Re d'Eterna gloria che tra poche ore loderemo nel rito finale della Settimana Santa.

Laura Ciulli

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