Viterbo LA STORIA DI VITERBO
Mauro Galeotti

Saggini Costruzioni e la Storia di Viterbo: Porta di santa Lucia oggi Porta Fiorentina - Prima parte - Seconda parte - Terza parte Quarta parte - Quinta parte

Porta Fiorentina negli anni '50 (Archivio Mauro Galeotti)

Il 6 Marzo 1838 l’architetto comunitativo Francesco Lucchi, in una relazione sullo stato delle ante in legno, riferisce che il fusto a due partite deve essere rinnovato con legni nuovi di castagno, «con fodere e guarnizione scorniciata, con suo sportello», riutilizzando tutti i ferramenti esistenti.

Inoltre «la sommità delle due partite del fusto istesso sarà foderata di latta, e per decoro, e convenienza sarà verniciato da ambo le parti compreso il mezzo tondo a olio color bronzo», la vernice doveva essere composta di «biacca senza misture», e data tre mani in ambo le parti. Il lavoro fu eseguito nel 1839 dal falegname Tommaso Filetti.

Nell’adunanza consigliare del 1° Agosto 1839, il segretario espose che la Delegazione Apostolica, nel sanzionare gli atti di delibera sull’appalto di costruzione delle nuove porte lignee di Porta Romana e di Porta Fiorentina, a favore di Leonardo Pizzini per la somma di scudi 279,95, ordinò di sottoporre all’approvazione del Consiglio stesso «la di lui sicurtà» nella persona del padre Giovanni Maria. Il Consiglio approvò tale proposizione.

Un altro pontefice che onorò della sua visita la città, fu papa Gregorio XVI che giunse a Viterbo alle 16 e 30 del 2 Ottobre 1841, di ritorno da Loreto, e fece il solenne ingresso da Porta Fiorentina. La carrozza papale fu trainata a mano da numerosi giovani viterbesi appartenenti all’aristocrazia e alla borghesia. Portarono il pontefice fino alla Cattedrale dove era atteso dal vescovo di Viterbo, cardinale Gaspare Bernardo dei marchesi Pianetti.
La stessa sera, in via eccezionale, fu eseguito il tradizionale trasporto della Macchina di santa Rosa, per onorare la visita del papa, il quale dormì nel Palazzo dei priori. Dalla Zecca pontificia di Roma, fu fatta coniare, per l’occasione, una medaglia realizzata in quattro pezzi in oro, 129 in argento e 228 in bronzo, il costo totale della spesa fu di scudi 929 e baiocchi cinque.

Quattro anni dopo venne a Viterbo l’imperatore di Russia Nicola I, era il 18 Dicembre 1845. Entrò dalla porta, alloggiò nell’Albergo dell’Aigle Noir, dell’Aquila Nera, di proprietà di Giacomo Agnesotti, il quale aveva anche l’appalto delle poste. L’albergo si trovava all’inizio Via Matteotti, a sinistra di chi scende, ed era il principale della città. La visita fu così sentita che Giacomo Agnesotti volle fosse incisa a ricordo una epigrafe, che riferisco oltre.

Ed ecco ancora un grande avvenimento ad animare la vita a volte monotona della porta. Arriva Pio IX!
Nel Maggio del 1857, la Magistratura viterbese, avendo saputo che papa Pio IX si apprestava a far visita alle provincie orientali dello Stato, inviò una deputazione al cospetto del papa per invitarlo a far visita ai Viterbesi, ma questa non poté essere ricevuta per gli impegni del pontefice.

I nostri non si dettero per vinti e in occasione del passaggio del pontefice a Civitacastellana lo avvicinarono e lo invitarono a visitare Viterbo. Il papa, finalmente, promise la sua visita e, di tutta fretta, nell’adunanza del Consiglio comunale del 19 Giugno 1857, si stabilì che per la venuta di papa Pio IX, Viterbo non doveva essere inferiore, nelle manifestazioni di accoglienza, alle altre città che avevano già ospitato il pontefice.
Il consigliere Bazzichelli propose al riguardo l’abbellimento di Porta Fiorentina e, tra l’altro, fu anche avanzata la proposta di riempire di terra il fossato della Rocca Albornoz, detto del Venerabile Ospizio di S. Francesca Romana, ormai divenuto inutile difesa della Rocca stessa e affatto decorativo.

A tale fine una notificazione diffusa con manifesto dell’8 Luglio 1857, a firma dell’avvocato Antonio Calandrelli, disponeva che «gli sterri e le materie prodotte da demolizioni e restauri delle fabbriche non potranno fino a nuova disposizione essere trasportate che nel fossato del Ven. Ospizio di S. Francesca Romana, ove dovranno essere gettate mediante l’apertura appositamente fatta nel lato del muro esistente nell’interno della Città verso Porta Fiorentina […]. Gl’Ispettori comunali ed i Portinari della Città sono incaricati di sorvegliare per l’adempimento di quanto sopra».

L’entusiasmo, per la venuta del pontefice, fu tale che addirittura qualcuno propose di cambiare il nome di Piazza della Rocca in Piazza Mastai, cognome del papa. Anzi, i residenti chiesero che sulla piazza stessa venissero abolite le esecuzioni capitali. Con forza lo chiese anche l’oste della Palazzina che era costretto ad ospitare il boia con evidente danno per la sua attività.

Con l’adunanza del Consiglio del 12 Agosto furono approvati all’unanimità i lavori di riempimento del fossato che, comunque, iniziarono dopo l’approvazione definitiva avvenuta nel Consiglio del 16 Dicembre 1857. Fu anche deciso in quella data di restaurare la porta.
Pio IX venne nella nostra città il 3 Settembre 1857 e fu accolto solennemente a Porta Fiorentina dove gli furono consegnate, da Oreste Macchi, le chiavi della città, una dorata e l’altra argentata legate da fili dei medesimi colori. In suo onore furono, inoltre, innalzati archi trionfali realizzati, con legno e carta pesta, su disegno dell’architetto Virginio Vespignani, eletto per l’occasione patrizio viterbese.

Quello di fronte alla porta era a tre fornici con colonne, capitelli corinzi e quattro statue raffiguranti: la Clemenza, la Liberalità, la Sapienza e la Fortezza. Furono eseguite dello scultore Stefano Galletti di Cento; la scritta, sulla sommità dell’arco, fu dettata da don Luca Ceccotti, «Pio IX pont(ifici) max(imo) / civitatem sacri Patrimonii principem / ingressu optatissimo ineunti / S.P.Q.V. III non. sept(embris) A. MDCCCLVII».

Su una fotografia, eseguita all’arco, è scritto:
Decorazione a foggia di porta onoraria / fatta erigere dal Comune della Città di Viterbo / nella fronte interna della porta Fiorentina / pel fausto ingresso e permanenza in detta città / del sommo pontefice Pio Papa IX / nei giorni 3 al 5 settembre 1857.

L’altro arco innalzato a Piazza della Rocca, all’inizio dell’attuale Via Matteotti, presso il Palazzo Polidori il primo a destra scendendo, era costituito da un solo fornice arricchito da quattro colonne che sostenevano altrettante statue. Queste raffiguravano: la Concordia, la Prosperità, il Trionfo della Religione e la Gloria.

Sulla sommità era l’epigrafe, sempre ad opera del Ceccotti, «Pio IX pont. max. / optimo principi / Romam ab Aemilia repetenti / omnium ordinum votis / fausta omnia».

Dalla parte che guarda l’attuale Via Matteotti era l’iscrizione:
«Coelitibus propitiis / salvo D.N. / Pio IX pont. maximo / salva Civitas / et Provincia Viterbiensis».

L’esecuzione delle varie decorazioni degli archi furono dirette dagli architetti viterbesi Crispino Bonagente e Enrico Calandrelli ed eseguite dagli artisti Bazzani, Ceccato, Oglietti.
In una fotografia, scattata in quei giorni, è scritto:
Decorazione a foggia di arco onorario / fatta eseguire dal Comune della Città di Viterbo / al termine della Via della Svolta / in corrispondenza dell’altra decorazione addossata alla Porta Fiorentina / in occasione del fausto ingresso e permanenza in detta città / del sommo pontefice Pio Papa IX / nei giorni 3 al 5 Settembre 1857.


Si conoscono due foto degli archi anzidetti e furono eseguite, per conto della Comunità, da Michele Zanetti «abilissimo allievo dei Sigg. Lusvergh Romani», come riferito dalla Relazione della venuta e permanenza in Viterbo del sommo pontefice Pio IX, edita nel 1857. Queste costarono cinque scudi e, fino ad ora, risultano essere le prime fotografie eseguite a Viterbo.

La sera dello stesso 3 Settembre il papa assistette al trasporto della Macchina di santa Rosa e partì il 5 successivo, dopo essere stato ospite del vescovo Pianetti al Palazzo papale.


Tre anni dopo la porta visse un altro particolare avvenimento.
Quando l’11 Ottobre del 1860 i Francesi calarono a terra lo stemma reale dalla facciata del Palazzo comunale, poiché era stato instaurato il dominio clericale, con dignitoso contegno, mani italiane lo deposero su un carro trionfale, addobbato con drappi e bandiere italiane. Il carro fu scortato dai Carabinieri reali sino ad oltrepassare Porta Fiorentina ed era accompagnato dai Viterbesi con canti ed inni nazionali. Intanto con manifesto dell’8 Ottobre 1860 il presidente della commissione, Alessandro di Agostino Polidori, ordinava che «gli sterri e le materie prodotte da demolizioni delle fabbriche si dovranno trasportare e scaricare nel fossato esistente all’esterno di Porta Fiorentina».

Il 24 Ottobre 1867 all’incirca ottocento volontari, sotto il nome di Cacciatori del Tevere, guidati dal generale Giovanni Acerbi (1825 - 1869) vennero a Viterbo provenienti da Celleno, certi di trovare la città loro alleata, presidiata dalla fanteria papale, dalla cavalleria e dall’artiglieria. Durante la marcia, verso sera, un’avanguardia dei Cacciatori s’incontrò, a due chilometri da Viterbo, con un drappello di dragoni pontifici al comando del tenente Fabiani, inviati in perlustrazione sulla Strada Teverina.

I pontifici furono colpiti e due soldati caddero, uno ucciso ed un altro ferito. Per tale motivo rientrarono a Viterbo. Alcuni soldati dei Cacciatori del Tevere, giunti sotto le mura, si spinsero fino a Porta Fiorentina con l’intenzione di incendiare le porte in legno e consentire ai compagni di entrare in città. La resistenza da parte dei pontifici fu netta e determinata, infatti, numerose scariche di fucile venivano dalla torre e dalle finestre della Rocca Albornoz. Le ante della porta furono così salvate dall’incendio, ma ben altra sorte ebbe Porta della Verità.

Sul manoscritto, esistente presso la famiglia Prada Carella Clelia, delle memorie del falegname Carlo Antonio Morini è scritto:
«il Giorno 28 Ottobbre 1867 Verzo il mezzo giorno Levorno Li 4 Arme del papa e vescovato e nella piazza della commune il giorno 28 ottobbre 1867 circa a due ora di notte dalla parte di montifiascone Vennoro a Viterbo Li Soldate di Caribaldi 20 tutti Armati per li finestre della Città bandieri a lume le bandiere di tre Colore Verde rossa e bianca con il concerto di Banda Viterbesi ed accompagnio dicendo Viva Caribaldi e viva il Re Manuelle almeno N 150 Caribaldini».

Ancora il Morini:
«Adì 10 la notte di settembre e il giorno 11 settembre 1870 fecero baracate alle due porte maggiore della città [ossia Porta Fiorentina e Porta Romana] fuori di porta e altre porte basse chiuse. Il dì 12 settembre 1870 a ore 1 lungo il mezzogiorno andiedono via da Viterbo con due pezze di cannoni per paura della truppa italiana del re o Manuelle. Verso li tre doppo il mezzogiorno, o prima, venne la truppa italiana a Viterbo. In tutti, fanteria e cavalleria, n° 1000 circa, n° 14 pezze di cannoni e cariaggie. 
Quelle puochi di zuavi che non fecero in tempo andare via da Viterbo furno pigliate prigioniere dalla truppa italiana e così li carabiniere delle paesette. Il 13 detto settembre venne altra truppa italiana in Viterbo circa n° 2000 soldate e altre n° 6 pezze di cannoni e cariaggi venute dalla parte di Orte».

Una triste vicenda di vita quotidiana, di quella che va sulla storia ufficiale, viene riferita dal giornale politico letterario Il Corriere di Viterbo del 12 Ottobre 1870.
«Abbiamo da deplorare un triste inconveniente avvenuto nella mattina di Domenica 9 nel mezzo della Porta Fiorentina. Due ragazzi in su i dodici o tredici erano per sorpassare la soglia quando un improvviso e forte colpo di vento chiuse la parte dritta della porta, che per noncuranza del portinaio non era stata raccomandata al paletto a tale uso posto.
Uno dei ragazzi ricevette una percossa si forte alle spalle che fu balzato vari passi lontano, mentre all’altro restava fracassato un piede sotto la porta. Si prega l’onorevole Giunta della Città a volere per lo meno vivamente riprendere colui che fu causa di tale inconvenienza».

Un altro forte mutamento doveva interessare la porta nel suo aspetto estetico e funzionale. Infatti, nel 1886, l’aumento della popolazione, col conseguente maggior traffico veicolare, portò alla determinazione di ampliare Porta Fiorentina.
Se ne assunse gli oneri la Cassa di Risparmio di Viterbo che già in una adunanza del 24 Agosto 1883, aveva manifestato la volontà di ampliare la porta. Anche nell’assemblea generale dei soci, tenuta in data 9 Settembre 1885, all’ordine del giorno figurava, tra l’altro, Progetto di ampliamento della Porta Fiorentina e di sistemazione del piazzale esterno.

La presidenza della Cassa di Risparmio, dietro approvazione dell’Amministrazione comunale, decise di dare l’affidamento dello studio di un progetto di ampliamento all’architetto viterbese Enrico Calandrelli (2 Febbraio 1833 - 9 Gennaio 1902).
Così fu demolito il lungo barbacane addossato alle mura, che risaliva al 1457, che andava dalla porta verso la Torretta, prima di Porta Murata. A seguito della distruzione del barbacane fu realizzato il piazzale che oggi è dedicato ad Antonio Gramsci.

Nell’adunanza dei soci della Cassa di Risparmio, in data 5 Aprile 1886, il presidente Pietro Signorelli presentò due iscrizioni, da riportare in altrettante epigrafi, composte dal canonico don Pietro Artemi (1817 - 1892), per essere collocate sopra gli archi laterali a quello già esistente. Infine, nell’adunanza del 12 Aprile dello stesso anno, fu esaminato il disegno dei tre cancelli in ferro, eseguito da Enrico Calandrelli, che dovevano essere collocati nelle tre aperture della porta, abolendo il portone in legno, già esistente.

Si stabilì che i lavori di scalpellino dovevano essere eseguiti da maestranze viterbesi, pertanto si cercò una ditta che, oltre ad essere della zona, presentasse un ribasso maggiore alla quota stabilita dall’ingegnere Enrico Calandrelli in lire ottanta al quintale. La ditta a cui furono affidati i lavori fu quella dei fratelli Zei. Ad opera completata la somma spesa risultò di lire 18.689, 92, tutte sostenute dalla Cassa di Risparmio di Viterbo.

Leggo sul periodico La Difesa del 14 Agosto 1886:
«La Porta Fiorentina. E’ finalmente terminata. Assistemmo giovedì all’innalzamento dell’Arme Sabauda che corona il timpano della porta interna fra gli applausi degli astanti. Ieri si tolse l’armatura e s’incominciò a collocare i cancelli di ferro nelle porte laterali. La nuova Porta Fiorentina appare ora come un arco trionfale e siamo lieti che segni la sua costruzione un trionfo non ottenuto col sangue, ma col lavoro, la inaugurazione della prima linea ferroviaria che unisce Viterbo alle città sorelle».

Questi sono i testi delle epigrafi marmoree apposte sopra ai fornici, guardando la porta.
A sinistra:
Quo facilior esset aditus egressusque / curatores arcae / pecuniae fenebris ex civium parsimonia [nel libro delle assemblee nell’archivio della Cassa di Risparmio, quando viene riportata l’epigrafe al posto della parola «parsimonia» è «patrimoniis»] / veteri portae / fornicem utrinque adiecerunt.

A destra:
Deleto exteriore / moenium propugnaculo / pomerium protulerunt / S.P.Q.V. annuente probante / A. MDCCCLXXXVI.

Tradotte: Gli amministratori della Cassa di Risparmio, con l’approvazione ed il plauso del Municipio di Viterbo, per facilitare il transito, aprirono i due fornici ai fianchi dell’antica porta e, demolendo l’antemurale, ampliarono il piazzale esterno nel 1886.

L’epigrafe più vecchia, posta sopra l’arco centrale, sovrastata dal grande stemma di Clemente XIII, Giambattista Caracciolo Rezzonico, riferisce che il Comune di Viterbo edificò questa Porta Fiorentina in un luogo più adatto e con maggiore eleganza essendo papa Clemente XIII nell’anno 1768:
Clemente XIII P.O.M. / Portam Florentinam / commodiori situ elegantius excitavit / anno rep. sal. MDCCLXVIII / S.P.Q.V.

Sotto l’epigrafe è lo stemma del Comune. A sinistra è lo stemma del vescovo Giacomo Oddi, a destra quello del governatore Benedetto Lo Presti.

Il 1° Giugno 1937 entrano da Porta Fiorentina, addobbata con bandiere coi colori di Viterbo, della nazione, con lo stemma dei Granatieri posto sopra l’arco centrale e con striscioni inneggianti Casa Savoia, i soldati del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna di ritorno dall’Africa orientale.

Una affollata sfilata di Giovani italiane cicliste avvenne il 16 Marzo 1942 entrando dalla porta per onorare la presenza del ministro Giuseppe Bottai, venuto per la celebrazione del XXI annuale della fondazione del fascio di Viterbo e per visitare le scuole. Poi, nel salone del Palazzo della G.I.L. assistette ad un incontro con gli insegnanti «medi ed elementari».

I bombardamenti del 1944, durante la Seconda guerra mondiale, purtroppo colpirono gravemente la porta distruggendo il fornice a destra di chi esce. In quel periodo, leggo sul Giornale del mattino del 7 Dicembre 1945, a Viterbo suonarono bel settecento allarmi, i bombardamenti furono venti e seicento le case rase al suolo.
La porta fu riedificata nel 1947 - 1948 senza cancelli, essendo questi in uno stato giudicato irrecuperabile, infatti, furono venduti come ferraccio, nel 1950, a Giorgio Pacini per lire duecento il quintale.

Sulla sommità dell’arco centrale della facciata della porta che guarda verso Piazza della Rocca, come ho già riferito, è un grande stemma dei Savoia sotto al quale è un orologio, del diametro di metri 1,80, che sostituisce quello distrutto nei bombardamenti del 1944, già collocato a spese della Cassa di Risparmio.

L’orologio fu «commissionato ad una delle migliori marche di Ginevra e garantito per il tempo di anni 10» dall’orologiaio Francesco La Fontaine, con bottega in Piazza delle Erbe, padre di Pietro che fu cardinale e patriarca di Venezia.
A Gennaio del 2001 è stato tolto dalla sua dimora per restauri ed è stato ricollocato a dimora nei primi giorni del Febbraio successivo.

Due leoni in bassorilievo, sempre realizzati a spese della Cassa di Risparmio, fanno la guardia sopra alle porte laterali. Nell’arco maggiore è lo stemma di san Bernardino con il trigramma IHS. Infine la Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo ha aperto un passaggio pedonale a destra di chi entra la porta, inaugurato in data 3 Settembre 1988. Avanti a Porta Fiorentina, spostato verso sinistra, è l’ingresso di Prato Giardino.

Mauro Galeotti
dal volume Mauro Galeotti: L'illustrissima Città di Viterbo, Viterbo, 2002

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