Viterbo CRONACA STORICA da "IL MONASTERO" 

 

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"La Serafica Vergine beata Lucia da Narni, anch'ella dell’Ordine di S. Domenico, venuta in Viterbo l’anno 1496 si portava spesso a riverire questa miracolosa Immagine della Madre di Dio, e ne riceveva molto sollievo per il suo spirito.

Una volta tra l’altre facendo fervorosa orazione nella Cappella della Madonna, [la Madonna della Quercia, n.d.d.] fu rapita in estasi, ed avendo il Sacerdote, che vi celebrava, alzato il Sagramento fu a lei mostrato in forma di grazioso Bambino, che l’invitava ad accostarseli; ed in fatti stese le mani per abbracciarlo, divenuta la sua faccia come un Sole, e uscendoli dalla bocca dolcissime parole, come Compagne, e circostanti fu osservato.

Un’altra volta in giorno di Sabbato visitata la miracolosa Immagine, e ritiratasi a proseguire la sua Orazione nella Cappella del Crocifisso (che era di rilievo, ed ora stà nel Coro superiore della notte) fu rapita parimente in estasi, stando con gl’occhi fissi verso lo stesso Crocifisso per due ore, alla presenza della Principessa D. Francesca moglie del Principe D. Leonardo Cybo Nipote d’Innocenzo Papa VIII, che con accompagnamento da suo pari era venuta a sodisfare i suoi voti.

Ebbe in quell’astrazione la S. Verginella molte grazie, e li furno rivelati molti, e grandi segreti, con ordine d’avvisarne alcuni al P. Francesco da Fiorenza, che doveva andare a predicare a Roma".

(Frate Nicolò Maria Torelli: Miracoli della Madonna della Quercia di Viterbo, in Viterbo 1793, pag. 58, biblioteca: Mauro Galeotti)

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Alcune notizie sulla beata Lucia Broccadelli da Narni
Mauro Galeotti

La beata Lucia Broccadelli da Narni era nata in quella città il 13 Dicembre 1476. Conservatasi vergine nel matrimonio con un facoltoso nobile, il conte Pietro di Alessio, visto che era stata obbligata dai genitori, Dio la degnò di grazie ed ella subì penitenze e sofferenze. Tra quest’ultime subì il carcere per volontà dello sposo stesso. Morto il conte Pietro, Lucia, l’8 Maggio 1494, vestì l’abito del Terz’Ordine Domenicano e andò a Roma.

Nel Gennaio del 1496 venne a Viterbo, per dirigere altre terziarie, dove vi rimase per tre anni e tre mesi. In una stanza del Palazzo Teloni, la beata Lucia da Narni, ricevette da Dio il dono delle sante stimmate, era la notte del 25 Febbraio 1496.

L’evento dello straordinario miracolo giunse sino a Roma a papa Alessandro VI Borgia, che nel Gennaio 1498 volle far eseguire un controllo. Dalle verifiche fatte si dedusse che si trattava di un fenomeno soprannaturale, perciò di un miracolo.

Fu fondatrice e superiora dei monasteri di san Domenico a Viterbo (1496) e di santa Caterina da Siena a Ferrara (1501)

Fu tanta l’ammirazione che i Viterbesi ebbero per Lucia che oltre a chiamarla suor Lucia da Viterbo impedirono a chiunque di condurla via dalla città. Uno dei meno rassegnati ad accettare la volontà dei Viterbesi fu il duca Ercole I d’Este, signore di Ferrara, che volle suor Lucia nella sua città. I Viterbesi sventarono un tentativo di rapimento organizzato dal duca stesso nella vicina La Quercia.

Come accade in ogni disputa anche allora alcuni erano con i Viterbesi, altri con il duca. Il papa d’apprima ordinò ai nostri concittadini, nel Febbraio del 1498, di rendere libera suor Lucia, poi, incerto sul da farsi, anche perché i Viterbesi avevano provato a disubbidire, si mise, come si suol dire, a guardare.

Ma la volontà del duca non ebbe limiti e fece rapire Lucia facendola trasportare fuori della Città di Viterbo grazie ad una capiente cesta. Fu fatta uscire da una delle porte di Viterbo, eludendo la sorveglianza dei soldati.

Lucia a Ferrara, in un monastero eretto apposta per lei e dalla stessa diretto, non ebbe però vita facile essendo addirittura accusata di arti diaboliche. Morì in quella città il 15 Novembre 1544.

Una Cappella dedicata alla beata Lucia da Narni era nella Chiesa di santa Maria in Gradi, ove erano i frati Domenicani.

Era qui il sepolcro gentilizio della famiglia Antisari eretto nel 1695 con l’epigrafe:
«D.O.M. / Dominicus Antisarus / ad expectandam resurrectionem / sepulchralem urnam / hoc ante altare propriis sumptibus / erectum / iure nec onere / in eo adepto / sibi et suis praeparavit / anno Dom. MDCLXXXXV».

Domenico Antisari, affermato medico, è l’autore del poema eroico Il Leopoldo ovvero Vienna liberata poema eroico diviso in venti canti, edito a Ronciglione nel 1694 ed a Viterbo nel 1713.
Fu medico del Seminario vescovile, dal 1726 al 1727, dove eseguiva le visite gratuitamente. Fu anche ascritto, per la sua nota professionalità, all’Accademia dei Fisiocritici di Siena. Muore, scrive Noris Angeli, l’11 Marzo 1731 a settantatre anni.

Il 18 Maggio 1710, il cardinale Santa Croce intervenne in Gradi per solennizzare il riconoscimento del culto dovuto alla beata Lucia da Narni, il cui quadro era nella Cappella dedicata a santa Caterina, altro quadro fu posto sull’altare maggiore.

Con Breve del 26 Marzo 1710 papa Clemente XI, confermò il decreto della Congregazione dei Riti elevando alla beatificazione suor Lucia. Narni volle il corpo della beata concittadina, ma le resistenze furono molte e, nel Maggio del 1710, fu concessa dalle autorità ecclesiastiche una gamba che fu tagliata e portata a Narni.

Al n° 87 di Via san Lorenzo, è un’autorimessa privata nella quale all’interno sulla parete di sinistra, è un bell’affresco del XV secolo raffigurante la Madonna della Misericordia nel consueto atto di proteggere i fedeli col suo mantello.

Al n° civico 85 è l’ingresso a bugne del Palazzo Teloni, già Pace, affiancato da due lapidi commemorative.

A sinistra, di chi guarda, è l’epigrafe:
In questa casa / nacque e lungamente visse / il card. Pietro La Fontaine / patriarca amatissimo di Venezia / lustro e vanto / di questa sua sempre cara / Viterbo / N. 29.11.1860 / M. a Fietta - Venezia 9.7.1935.

Sopra è lo stemma dei La Fontaine:
partito, al 1° all’agnello sul monte con rivoli d’acqua che disseta due pecore sulla pianura, al 2° alla cometa in capo e tre gigli 2, 1.

 A destra del palazzo è l’altra epigrafe del 1661:
D.O.M. / Siste viator ad contubernium coelitum / ubi B. Virgo Narniensis Lucia / sacro D. Dominici gynaeceo satis extructo / passi numinis meruit stigmata / espressa virtutum insignia / mox ferrariae iussu Alex. VI P.O.M. / religionis antistita pietatem auxit / familia Pacia Viterbien(sis) / tutelari optimae amoris obsequium pos. / anno Domini MDCLXI.

Sopra è lo stemma della famiglia Pace raffigurante una colomba con la palma al becco.

All’interno del palazzo Teloni, in Via san Lorenzo, è una cappella posta nella stanza che fu residenza della beata Lucia con un bell’altare a colonne tortili con l’immagine della beata che sostiene il Bambino poggiato sopra un libro aperto.

Nella cappellina è l’epigrafe del 1661:
A.M.D.G. B. Luciae virginis Narniensis huijus hospitae domus sacellum hoc ante ejus. cellulam sac. religionis et grati animi argumentum Dominicus Pacius canonicus S. Angeli patronae optimae erexit ornavit et dicavit. Anno Dom. MDCLXI

Possiedo una graziosa stampa, ricavata da lastra di rame, con l’effige della beata in un ovale con la scritta:
B. Lucie Narnien. / in grati animi signum, devota incola domus, in / qua sacris decorata fuit stygmatibus D.D.D. / Catharina Martelli Grispigni / A.D. 1824. / E. C.

Sopra alla porta d’ingresso del Palazzo Teloni, detto anche Grispigni perché una Emma Teloni, nata a Treia il 18 Novembre 1852, sposò Filippo Grispigni, è uno stemma in ferro:
troncato dalla fascia ondata con al 1° un uccello (forse una colomba) al 2° un giglio.

La facciata del palazzo è stata restaurata nel 1984.

Circa le origini dell’area dove sorge il palazzo, nel 1347 è nominato un monastero di suore dedicato al beato Domenico detto appunto in Contrada san Tommaso, corrispondente a questa zona, ove vi dimoravano diciassette monache ed era ubicato, secondo quanto riferito da un atto del 1464, nella Casa di Luca che svolgeva l’attività di sarto.

Questa casa passò nel XVI secolo, alla famiglia Filiziani o Feniziani (Finiziani o Finitiani per Pio Semeria), fu poi dei Pace, o Paci ancora per Semeria, tanto che nel 1661 il canonico Domenico Pace ridusse ad oratorio la stanza dell’odierno palazzo ove era vissuta la beata Lucia da Narni.

Leggo tra le Memorie di Pio Semeria:
«Questa Casa fu scaricata in gran parte, e poi rifabbricata; ma sempre si è conservata intatta la cella, in cui abitò la B. Lucia».

Lo stemma dei Pace per Mario Signorelli è:
d’azzurro a due dardi al naturale, passati in croce di sant’Andrea, le punte in basso.

Ma in città il loro stemma è caratterizzato dalla colomba che tiene nel becco un ramoscello.

Il palazzo dai Pace passò ai Teloni e ai Grispigni.
Al piano nobile, sul soffitto della sala magna è una scena con Giuditta e Oloferne, un pregevole affresco dei primi anni del ‘600.

L’emblema Teloni è:
d’azzurro, al centauro al naturale, con la testa rivolta, tenente nella destra un dardo e movente dalla campagna erbosa di verde.

Lo stemma dei Grispigni, secondo Giovanni Signorelli, è:
d’azzurro, alla fascia d’oro, sormontata da una colomba al naturale tenente nel becco un ramo di ulivo, ed accostata in punta da una stella di sei raggi d’argento.

L’interno ha un portico con una colonna con capitello a voluta. Sulla facciata del palazzo è il simbolo IHS nel sole.

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