Viterbo LA STORIA DI VITERBO
Mauro Galeotti (dal libro L'illustrissima Città di Viterbo)

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Saggini Costruzioni e la Storia di Viterbo: Le curiosità nello Statuto di Viterbo del 1251
Saggini Costruzioni e la Storia di Viterbo: Le curiosità nello Statuto di Viterbo del 1237

 

Porta di Valle dall'interno verso il 1960 (Archivio Mauro Galeotti)

Porta di Valle è appresso alla Torre del Branca detta impropriamente Torre della Bella Galiana. 

Probabilmente, come riferisce della Tuccia, era usata quale ingresso a Viterbo sin dal 1095, ed era ubicata un po’ più a monte, a difesa della strada che conduceva al Colle del Duomo.

Quasi sicuramente l’attuale è riferibile al 1187, anno in cui fu eseguita la costruzione del secondo tratto di mura.

Fu chiusa nel 1243 per difendere la città dagli attacchi dell’imperatore Federico II e un’altra chiusura è ricordata nel 1247.

Lo Statuto di Viterbo del 1251 menziona la strada che da Porta Sonsa, (quella che era sull'attuale Corso Italia quando si incontra con Via Mazzini), conduce a Porta di Valle e lo stesso Statuto dispone di apporre catene «ad vadum muri porte Vallis» per impedire l’uscita o l’ingresso di animali rubati.

Anticamente era detta Eulalia, o meglio così scrive frate Giovanni Nanni detto Annio porta Fauulis Eulalia e successivamente, poiché posta al principio della Valle di sant’Antonio, si nominò Porta di Valle.

Ivi confluivano due strade: quella che entrava da Porta san Leonardo, attraversava Piazza Nuova, presso il Ponte del Duomo, fiancheggiava il Colle del Duomo per Via san Clemente e scendeva a valle; l’altra, detta Via Romea, si immetteva nella Porta Sonsa.

Secondo Andrea Scriattoli, il tratto di mura ove si trova la porta, fu costruito nel 1268, e va dalla Torre di Sassovivo fino i pressi della Torre del Bacarozzo.

Mario Signorelli invece afferma che la loro costruzione è da far risalire al 1218.

Porta di Valle durante i lavori di restauro anni 1960-1963,
sulla sinistra è la semi distrutta
Chiesa di santa Maria della Palomba (Archivio Mauro Galeotti)

Nel 1377 si ruppero gli sportelli della porta:
«Anno Domini 1377 […]. Ad dì 5 de Novembre agonfiò l’acqua sopra le mura del gualdo [guado] de S.to Marco […] et roppè sotto le mura ad piei ad Faule et roppè li sportelli de la porta de Valle, et empì S.ta Maria in Palumba», così riferisce il cronista d’Andrea. Venne restaurata nel Settembre 1440, con interventi presso la porta.

Infatti, fu stabilito: di demolire il muro pericolante, fino alle fondamenta; che la ricostruzione doveva avvenire con l’ampiezza di almeno quattro file di conci e che i merli dovevano avere una adeguata misura, che potesse consentire una appropriata difesa.

Per i lavori, il 26 Febbraio 1441, furono pagati al muratore otto ducati d’oro. Per evitare, in tempo di pioggia, che la fanghiglia invadesse la sede stradale, con evidente disagio per i passanti, nel 1449, si appaltò un cottimo relativo al selciato della porta.

«Il venerdì sera, primo di novembre [1454], venne in Viterbo sì gran diluvio d’acqua che atturò in Faule [lo sbocco del Torrente Sonsa, oggi Urcionio], e andò l’acqua alla porta di Valle in S. Maria in Palomba, e ruppe il muro della terra tra le due porte, e uscì con gran rumore».

Di fronte a tanto disastro, Niccolò della Tuccia assunse l’incarico di far restaurare le mura e riattivare il corso del torrente. Egli stesso racconta così il fatto:
«A 11 detto [Novembre 1454] la notte era stata così grand’acqua in Viterbo, ch’aveva turato a pie’ Faule e andò l’acqua a Porta di Valle, e gonfiò ed empì Santa Maria in Palombo più d’un braccio alto, che l’altare e più che a mezzo la grata alta».

Nel 1457 la porta fu chiusa e due anni dopo, il rettore del Patrimonio, Bartolomeo Rovarelli, per difendere maggiormente la città dai Maganzesi, nemici della Chiesa, fece murare alcune porte tra cui Porta di Valle.

L’anno successivo il 23 Giugno 1460, fu riaperta la porta e gettato a terra il muro. La notte del 12 Settembre 1467 diluviò e della Tuccia riferisce:
«alla porta Valle […] fe’ due cavoni grandissimi, e ruppe sotto la soglia di detta porta più sotto d’otto piedi. Li detti cavoni, o fossi, stavano inanti la detta porta, e l’altro fra le due porte». 

Il ripristino dei fossati, perché fossero atti a difendere le mura come prima, costò al Comune ben duecento ducati d’oro.

Verso il 1490, il vescovo di Viterbo Francesco Maria Sèttala (1472 - 1491), volle restaurare il Palazzo vescovile realizzando sul colle un giardino ampio e ben curato. Per tale fine ottenne la chiusura della strada che, passando sul Ponte del Duomo, attraverso il Colle del Duomo, raggiungeva Porta di Valle. Poco dopo il 1493, a causa dei consueti e periodici danni riportati dall’alluvione, la porta fu restaurata.

Tali disagi e l’insalubrità avevano fatto si che la zona non fosse abitata; per ovviare a ciò, nel secolo XV venne concessa una speciale esenzione dalle tasse a chi fosse andato a risiedere sull’area posta vicino alla porta.

Nel 1531 furono riparate le ferramenta, consistenti in bandelle, catenacci, catene, serrature e gangani che sostenevano le ante lignee.
«Die 27 februaij 1531. Memoria [dai «Ricordi dei priori»] delli ferramenti quali sono stati levati dalla porta de Valle et lassati dalla cancelleria della Mag.[nifi]ca Comunità di Viterbo et consignati a Ser Seraphyno al presente cancelliere della prenominata Comunità et sono li infrascripti: In primis un catarcione grande ed otto anelli. Un altro catarcione mezano con doi anelli. Tre serrature grandi senza chiavi. Un cancano grosso. Una catena che attraversava el portone apiede Faule. Un catarcione piccholo de decta catena ed tre anelli, sei bandelle grandi et una doppia piccola». 

Una memoria fu fatta ai priori nel Gennaio Febbraio 1550 per ultimare la sistemazione del ponte avanti alla porta e rifare la porta bruciata della casa del portinaio.

«Et Racordamo a quelle che attento che in faule si è facto quel ponte che si vede et non vi si puo passare per non esser fornito, V.S. si degnino farlo fornire poiché è facta la magior spesa. Et perché nel far delle guardie di notte nella sede vacante, si è per li soldati o altri brugiata la porta della casetta del guardiano della porta di valle: Vostre Signorie diano ordine si rifaccia detta porta vero si possa habitare per detto guardiano».

Nel Marzo e Aprile 1552 i priori ai loro successori ricordano:
«havemo compero tre legni di castagnio per farli secare per fare tavoloni per la porta apié a faule, sono secati et sono detti tavoloni dici nove et stanno sotto a larco di S° Jacovo, et sette tavole da fondo cavate da uno rochio avanzo da dieci travi che serranno bone per fodera e le dieciassette tavole sono in mano di m° Jo: maria m° legniame appresso S° Jacovo ogni cosa è stata pagata tanto li legni come la serratura.
Li scalpellini hanno hauto tre scudi ad bon conto per li stipiti della porta nova apié di Faule».

Ancora nei Ricordi dei priori leggo, nei mesi da Maggio a Giugno 1552:
«Al detto m° Jo: maria et compagni per la fattura della porta di faule e uscita bulletta di due some di grano e questo di commissione dell’Ill/mo vicelegato. Item il detto m° Jo: maria per foderare la detta porta ha havuto […] otto tavole».

Nello stesso periodo viene pure ricordato ai priori, che saranno eletti, un lavoro da scalpellino fatto alla porta e stimato da mastro Giuliano Gallo.

«Lo scarpellino che ha fatto le pietre della porta di valle a capo a Faule fra bullette e denari ha avuto scudi deci tanto è stato extimato per m° Juliano Ghallo et è pagato».

La porta fu chiusa nel 1559 e, nei Ricordi dei priori del 1565, si rammenta la necessità di ben dividere il flusso delle acque per evitare che queste invadino Porta di Valle.

«Ricordamo alle Signorie Vostre como è da provedere alla porta di Valle, perché non causi qualche danno alle mura le piogie che vengono furiose et per questo il Signor Vicelegato et noi ci andammo una mattina et ci risolvemmo di dividere l’acqua perché passa per la possessione di m° hieronimo Cobelluzo innanti che entri in detta posessione fare un muro et farla andare in dui parti acciò le acque vadino al curso suo et non venghino alla porta».

I priori, il 18 Dicembre 1567, proposero al Consiglio la ormai impellente questione dell’apertura di una nuova porta vicina a quella di Valle, che, a causa dei disagi dalla stessa recati, doveva chiudersi per volontà espressa da molti cittadini.
La porta fu quindi chiusa definitivamente nel 1568.

Nel Maggio e Giugno 1568 ai priori che seguiranno nell’incarico si ricorda «habiamo trovato principiata dalli [...] la fabrica della porta di valle per esser innanti et condutti i conci fatti fondamenti si ricorda alla Signoria Vostra esser con gli homini deputati […] che con mancho poca spesa sia possibile si adempischa detta fabrica […] ed il signor vicelegato qualche volta non possa si non giovan a detta nostra Communità e sarebbe bono che si facesse il patto con li muratori del mettere sù la porta».

Constatato l’inutilizzo della porta fu presentata una richiesta per occupare la casa del portinaio, «La Compagnia di S. Leonardo [il 19 Agosto 1571] priega il Consiglio che gli vogliate donare quella casetta dela porta vecchia di valle dove stava il portinaro per darla ali frati dela Palomba».

La concessione fu accordata.

Nella parte alta della Valle di Faul, avanti alla Chiesa di santa Croce, così lo localizza Luca Ceccotti, esisteva l’Ospedale di santo Stefano in Valle, amministrato dai frati Gesuati sin dal 1514. Con l’ampliamento del convento, avvenuto dal 1571 al 1576, e poi del chiostro, i frati ottennero dal Comune la casa e guardiola del portinaio della Porta di Valle.

Il 24 Giugno 1576, per sospetto della peste, venne ordinato di fare buona guardia alle porte tanto di giorno quanto di notte e tra l’altro si stabilì «che li macellari tenghino netti li macelli, e le trippe [devono] bottarle fuori la porta di valle», ovviamente ormai, come visto, inattiva. Il medesimo giorno fu stabilito «Che le porte che restaranno aperte siano ben guardate, ne vi lassino entrar persona di luoghi sospetti ne altri senza la fede de la sanità […] che a’ le porte non si possi vendere carne di sorte alcuna […] che le porte non si aprino di notte se non per li corrieri».

Porta di Valle durante i lavori di restauro anni 1960-1963,
sulla sinistra è la semi distrutta
Chiesa di santa Maria della Palomba (Archivio Mauro Galeotti)

Il 21 Luglio 1579 la porta fu chiusa, infatti, trovo «quel sito dove era la porta di valle […] vicino ala Chiesa dela Palomba».

Il 13 Novembre 1579, il Consiglio comunale, per sospetto della peste, dispose la chiusura di tutte le porte ad eccezione delle due principali. Lasciò che fosse aperta solo per i contadini quella di Valle, «per tutto il presente mese solamente la mattina, solo per uscire et non per entrate rispetto a le semente, e dopo si serri come le altre».

Dalle Riforme del 28 Ottobre 1584 leggo, «canto le mura dove era già la porta di Valle».

Quindi la porta è chiusa e ancora più avanti è definita porta Vecchia di Valle. L’11 Aprile 1590 si ordina «che Mons. Vicelegato et SS.ri Conservatori vedino la strada fuori della porta di valle et la faccino accomodare».

Un ricordo dei priori del Marzo e Aprile 1604 specifica che «M° Pietro muratore a satisfatto a m° Antonio Polini scudi 30 per tanti disse essere debitore alla Comunità per un residuo di certo lavoro fatto per la porta di Valle e detto m° Antonio li ha hauti detti scudi 30 per sua mercede per la stima et misura fatta del ponte vicino a San Lazzaro come appare in cancelleria».

Fu necessario, nel 1607, riparare le ante di legno della porta perché il vento le apriva sebbene fossero chiuse. Lo stesso inconveniente si verificò in seguito, tanto che nel Luglio, Agosto e Settembre 1614, nei Ricordi dei priori, si rammenta di «fare accomodare le porte di Valle et Scarlano che vi s’entra et esce, et il vento l’apre, etiam che siano serrate a chiave».

Dopo un salto di oltre due secoli, nel 1830, venne riparato il muro che chiudeva la porta, assieme alle mura vicine, ad opera di mastro Giacomo Zei.

Francesco Cristofori, sul libro Dante e Viterbo (1888), scrive che in alcune porte della città sono «le vestigia di antiche pitture, come tuttora si osservano […] nella porta di Valle».

Col trascorrere del tempo la porta restò murata e rimase così sin dopo l’ultima guerra, allorquando, nel 1960, si ritenne opportuno arrestare la continua rovina della porta stessa e delle mura vicine restaurando anche l’abside della Chiesa di santa Maria della Palomba.

Nel 1974, l’Associazione Amici dei monumenti di Viterbo, affrontando le spese, la riaprì, poi, dall’Aprile 1983, venne restaurata la torre a destra di Porta di Valle.

La porta si trova difesa da una torre soprastante aperta sull’alto con un arco a tutto sesto, sistema inusuale. L’entrata vera e propria si presenta con tre archi di varia ampiezza, l’uno sull’altro, e sopra all’ingresso è una pietra con scolpito lo stemma della Camera apostolica, chiavi e mitra.

All’interno la torre è aperta, come lo sono altre ed è evidente che non raggiunge più l’altezza originaria. La Porta di Valle nel 1990 è stata riaperta al transito pedonale.

E' stato rifatto il piano stradale che era sterrato e quest'anno è stata restaurata e realizzata una terrazza in legno quale belvedere.

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