Villa San Giovanni in Tuscia STORIA
Micaela Merlino

Villa san Giovanni in Tuscia

Quando nacque il paese di Villa San Giovanni in Tuscia, anticamente denominato San Giovanni di Bieda?

Alcuni hanno ipotizzato che la sua origine risale al XIV secolo, altri la pongono, invece, nel XVI secolo ad opera, soprattutto, di Giovanni Battista degli Anguillara. Per poter ricostruire correttamente la genesi di questo piccolo paese, bisogna approfondire la conoscenza degli eventi storici che si verificarono nella Tuscia nel Medioevo e nell’Età Moderna.

Gaetano Moroni (1802-1883), dignitario pontificio, storico ed erudito, in uno dei volumi della sua monumentale opera “Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da San Pietro ai nostri giorni” (Venezia 1840-1861) riportò, secondo le ipotesi fatte da autori a lui precedenti, come possibili date di fondazione del paese di San Giovanni di Bieda il 1356 e il 1536.

Innocenzo VI

 

Perché furono proposte proprio queste date, che fanno riferimento a periodi storici tanto diversi? Per rispondere a questa domanda è necessario volgere lo sguardo al contesto storico al quale queste cronologie fanno riferimento. Nel 1356 sedeva sul soglio pontificio Innocenzo VI (al secolo Etienne Aubert, francese), eletto il 18 dicembre del 1354. Dal 1309 la Santa Sede era stata spostata ad Avignone, città della Francia meridionale, e Papa Innocenzo VI non venne mai a Roma, anche se in una lettera scritta nel 1361 all’imperatore Carlo IV espresse il desiderio di fare un viaggio per raggiungere la città, progetto non portato a compimento a causa della sua età avanzata (aveva quasi 80 anni).

Fu un Pontefice riformatore, prese provvedimenti per ridimensionare il tenore di vita della corte papale e le concessioni dei benefici, invertendo la tendenza all’eccessiva liberalità del suo predecessore Clemente VI. Ristabilì l’autorità pontificia in Roma e nei territori dello Stato della Chiesa (Tuscia, Marca Anconetana, Ducato di Spoleto, Romandiola, cioè la Romagna), contro feudatari, signori e città ghibelline che avevano attuato molte usurpazioni. Per perseguire tale scopo si servì dell’abilità politica e strategica del cardinale spagnolo Gil Alvarez Carrillo de Albornoz (Egidio Albornoz), che nel giugno 1353 fu nominato Legato in Italia. Dopo la parabola politica di Cola di Rienzo, morto nel 1354, il Cardinale Albornoz riuscì a riportare l’autorità pontificia in Roma, e in pochi anni ristabilì la medesima autorità anche sugli altri territori dello Stato della Chiesa.

Il 5 giugno 1354 il potente signore Giovanni di Vico fu costretto a firmare il c.d. “Trattato di Montefiascone”, che lo obbligò a restituire i territori strappati alla Chiesa con la forza, e similmente i diritti pontifici furono ristabiliti nel Ducato di Spoleto. Con il trattato del 7 luglio 1355 anche il signore Galeotto Malatesta fu costretto a restituire i territori usurpati della Marca Anconetana. Seguì nel 1357 una campagna militare contro Francesco Ordelaffi, signore di Cesena e Forlì, che non volendo cedere tentò una resistenza estrema chiudendosi con i suoi uomini dentro Forlì, ma il 4 luglio del 1359 fu costretto alla resa.

Dopo le vittoriose campagne militari del 1354-1355, per consolidare le riconquiste e riordinare i territori tornati sotto l’autorità del Papa, nel 1357 fu redatto a Fano il “Liber Constitutionum Sanctae Matris Ecclesiae” (“Libro delle Costituzioni della Santa Madre Chiesa”) detto anche “Constitutiones Aegidianes” (“Costituzioni Egidiane”), che rimase in vigore per quasi cinquecento anni (fu abolito nel 1816). Si trattava di una raccolta di leggi pontificie del passato e di nuove norme, tra cui alcune stabilivano e chiarivano i rapporti tra la Santa Sede, i feudatari, le città e gli Stati stranieri.

Le province in cui era diviso lo Stato della Chiesa furono affidate a Rettori, che riunivano nelle proprie mani poteri giurisdizionali, amministrativi e finanziari, ma essi erano sottomessi all’autorità del Legato Pontificio. Le riconquiste compiute dalla Chiesa anche nella Tuscia probabilmente diedero l’avvio a una riorganizzazione di parti del territorio rurale, e al ripopolamento di zone ormai disabitate, o scarsamente abitate.

In questo contesto potrebbe inserirsi la fondazione del villaggio di San Giovanni di Bieda nel 1356.

 

Ceri (Cerveteri)

 

La data del 1536 fa invece riferimento ad un evento storico meglio documentato. Lorenzo Orsino degli Anguillara (nato a Ceri nel 1475 o 1476), valoroso uomo d’armi e intrepido condottiero noto anche con il soprannome di Renzo da Ceri, come egli stesso si firmava, dopo un’impresa compiuta a Roma nel 1503 contro Cesare Borgia (1475-1507), passò al servizio di Papa Giulio II di cui divenne fedelissimo collaboratore.

Nel 1510 fu assoldato dalla Repubblica di Venezia, ma nel 1515 Papa Leone X lo chiamò di nuovo a comandare la milizia pontificia. In quel periodo, infatti, il Pontefice cercava di osteggiare le mire espansionistiche di Francesco I, che aveva rioccupato alcune città padane e minacciava di scendere ancora più a sud nella penisola.

Leone X

 

Il re francese riportò una brillante vittoria a Marignano (13-14 settembre 1515), in seguito alla quale Leone X fu costretto a firmare il “Trattato di Viterbo” (13 ottobre 1515), che gli imponeva la restituzione delle città di Parma, Piacenza, Modena e Reggio; l’anno dopo fu invece stipulato il “Concordato di Bologna” (18 agosto 1516). L’attività bellica esigeva da parte dei contendenti la disponibilità di molto denaro liquido, perciò spesso si ricorreva a prestiti e non erano infrequenti gravosi indebitamenti e dilazioni nei pagamenti.

Secondo stime fatte da alcuni studiosi, Papa Leone X spese nel breve arco di tempo 1513-1515 cifre dell’ordine di centinaia di migliaia di ducati. Proprio il Papa si trovò nella necessità di dover restituire 200 ducati come debito di guerra a Lorenzo degli Anguillara, ma estinse il debito non con moneta contante, bensì concedendogli nel 1516 il Vicariato di Bieda (Blera) e del suo territorio.

Alla morte di Lorenzo nel 1536 questo possedimento fu ereditato dai suoi figli Giovanni Battista e Lelio, che si presero cura di migliorare la situazione economica e demografica locale. Secondo alcuni, proprio loro per primi popolarono la zona di San Giovanni di Bieda chiamando coloni da altri territori dello Stato Pontificio (dalle attuali regioni dell’Emilia, dell’Umbria e del Lazio meridionale), dando l’avvio alla fondazione di un villaggio rurale.

Secondo altri, invece, potrebbe essersi trattato del ripopolamento di un piccolo paese demograficamente immiserito. Per una serie di ragioni storiche e per la presenza di dati archeologici che, seppur scarsi, non devono essere trascurati, credo che il progetto dei due fratelli sia da considerare come un ripopolamento del villaggio, e non come una fondazione ex novo.

Tale intervento potrebbe avere avuto un impatto considerevole sul territorio, sull’economia e sull’edilizia locali, in conseguenza dell’assegnazione di terreni ai coloni e della costruzione di nuove abitazioni, tanto che l’operazione fu quasi una riorganizzazione a fundamentis del paese, e poi tramandata come una fondazione ex novo. Sembrerebbe, tra l’altro, che il promotore più attivo di tale iniziativa sia stato proprio Giovanni Battista, e che da lui il “nuovo” o “rinnovato” villaggio di coloni abbia preso il nome.

Faccio però notare che il toponimo “San Giovanni” è un agionimo (un nome derivato dalla devozione ad un Santo o ad una Santa) piuttosto diffuso in Italia in relazione alla figura di San Giovanni Battista, e che molti di questi toponimi hanno avuto una genesi diversa rispetto alla derivazione da un fondatore di nome Giovanni Battista, che per devozione al suo Santo personale avrebbe dato il nome al paese. Si può far qui l’esempio di un paese ormai molto conosciuto ai più, San Giovanni Rotondo in Puglia, nato secoli fa nei pressi di una piccola chiesa dedicata a San Giovanni Battista e denominata “Sancti Iohannis Rotundi”.

Secondo una leggenda locale sarebbe sorta sopra le rovine di un tempio pagano dedicato al dio Giano, ma è chiaro che il racconto vuole ideologicamente significare, più che un dato storico ancora da verificare, la cristianizzazione di un luogo pagano tramite la costruzione di una chiesa, fenomeno assai noto e documentato. Pertanto anche la denominazione di San Giovanni di Bieda potrebbe non essere direttamente in relazione a Giovanni Battista degli Anguillara, anche perché, come vedremo prossimamente, altri dati storici ed archeologici forse raccontano una storia diversa.

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