Viterbo STORIA DI VITERBO
Mauro Galeotti

Porta Romana in una stampa del 1799 con l'attacco delle truppe francesi (Archivio Stampe Mauro Galeotti)

Nel 1798 il generale francese François - Etienne Kellermann con le sue truppe si schierò davanti a Porta Romana per entrare in città e sottometterla vista la resistenza che la medesima aveva opposto al giacobinismo.

La scena è ben rappresentata in una stampa di quel tempo dove si vede l’attacco alla Porta con i cannoni da parte dei Francesi, sul basso della incisione è scritto:
La città di Viterbo per intercessione di Maria SS.ma e S. Michele Arcangelo e S. Rosa liberata dalla forza / francese in tre diversi attacchi il di 27 9mbre 1798 e il di 17 Xmbre 1798, e il di 4 agosto 1799.

Esiste un’altra stampa, in memoria dell’avvenimento, incisa da Luigi Cunego su disegno di Pietro Papini, viterbese (1753 - 1839) e raffigura santa Rosa che ha sotto i piedi un soldato francese, una iscrizione riferisce:
Pro infractis pluries adversus Civitatem Civesque suos Gallorum conatibus. An. 1799.

E’ interessante rilevare dalla medesima stampa, che sopra alla porta campeggia lo stemma del cardinale Santa Croce, o Santacroce, ormai non più al suo posto, è rimasto un gancio biforcuto in ferro che sosteneva lo stemma in peperino.

I Viterbesi, al cannoneggiamento del generale, rispondevano con due spingarde collocate sulla torre-campanile della Chiesa di san Sisto e con soldati appostati sulle mura che colpivano il nemico con lo sparo dei fucili.

A proposito di spingarde possiedo una simpatica memoria manoscritta di quel periodo che mi piace citare.

Un certo Francesco Maria Petri scrive «Io sotto scrito faccio piena e indubitata fede, gualmentre io andavo per metere li Spingardi alla Torre di Giemene Medi cadde un camino e rompe’ il tetto che stava sotto questo e quanto posso aserire».

Si dimentica di mettere la data ma siamo nel 1798.
Un brutto danno tanto che il povero portinaio della porta Giemene, Gemini Medi, invia una lettera all’indirizzo:
«Alle Ecelentisime Sigore conservatore di viterbo per Gemine Medij». 

L’estensore del testo, senza data, usa impropriamente il termine «esequie» e chissà come l’hanno presa i conservatori nel leggere la lettera che riporto fedelmente:
«Ecelentissime Signiore / Giemine Medij oratore del Ec. Loro con il piu profondo del sue esequie [del suo ossequio] dicie che per il pasatto Li estata pasata La pigione di casa e piro da untempo inqua non li estata piu bonificata pero prega La EcLor di fari che bonare tanto piu che il mede(si)mo deve pagare scudi 2 e 30 baiochi per unanno di Livello di una casa che ritiene il mede(si)mo e ancora Listesso oratore a soferto un danno nella medesima casa che nel salire sopra il tetto per metere li spingarde nella torre della sud(dett)a casa Lianno fatto cascare il camino Sopra unaltro tetto e lia rovinato che al mede(si)mo oratore Liecostato scudi 2.87 bai pero prega La Ec. Loro di volere bonare almeno Seno tutto al meno inparte che il mede(si)mo non manc(h)era di Pregare idio pe Leloro Benifi(c)enze che della Grazia [così sia]» e non firma.

I priori giustamente pagarono allo sfortunato portinaio scudi due e baiocchi trenta «per compenso alla pigione promessagli della casa allorché servì per quartiere nell’anno, avanti la casa del Portinaro».

In effetti Giuliano Quatrini il 13 Dicembre 1798 aveva presentato il «Conto de Lavoro Fatto nella Casa di Giemene Medie, accagione del passo per andare a’ mettere li spingardi sopra alla Torre e con il detto e dicaduto il Cammino Con dando sopra ad un altro Tetto, sie Rifatto il Cammino di novo, per, Calce e Rena baiocchi 50, per n° 24 Tevole nove baiocchi 60, per n° 17 Tevole vechie baiocchi 38, per n° 18 mattoni baiocchi 9 e più per disfare e rifare n° 4 Canne di Tetto baiocchi 80, e più per Fattura de Cammino baiocchi 50, Somma scudi 2,87».

Un piccolo fatto, di un giorno qualsiasi, ma che caratterizza comunque la storia popolare, con le sue ansie e le sue gioie.