Viterbo STORIA DEI CAVALIERI TEMPLARI
Alessandro Gatti
Vedi a fine articolo il VIDEO Mostra di oggetti, della collezione di Giulio Torta, appartenuti ai Cavalieri Templari (2015)

 

Jacques de Molay in una cromolitografia ottocentesca di Chevauchet

“In quell’anno, alcuni nobili di rango cavalleresco, devoti e timorati di Dio, espressero l’intenzione di vivere in castità, in obbedienza e di rinunciare per sempre ad ogni ricchezza, impegnandosi con il patriarca a servire il Cristo alla maniera di canonici regolari. […] Il primo punto della loro professione religiosa, imposta dal patriarca e dagli altri vescovi, per la remissione dei peccati, era l’impegno a proteggere le strade e i sentieri dalle imboscate di ladri e banditi, con particolare riferimento alla sicurezza dei pellegrini”.

Con queste parole il cronista Guglielmo, arcivescovo di Tiro, definiva uno dei più nobili ordini cavallereschi della storia ed il primo esercito franco ad essersi misurato con le tattiche asimmetriche della guerriglia. Gli arabi della Terra Santa, infatti, non amavano lo scontro diretto e preferivano tendere imboscate e sferrare rapidi e veloci attacchi appiedati; ovviando così alla lentezza operativa che un regolare assetto in formazione avrebbe comportato.

La missione divina di cristianizzare tutto l’Estremo Oriente trovava la sua ragione storica negli eventi della Prima Crociata, avvenuta nel 1099 ad opera di Goffredo di Buglione che, assieme ad altri signori europei, iniziò a fondare delle istituzioni e dei centri di controllo in quelli che sarebbero divenuti i nuovi Stati Latini. Questi contavano il regno di Gerusalemme, il principato di Antiochia, le contee di Tripoli ed Edessa.

Queste terre, sacre e cristianizzate, erano continuamente minacciate dalla vicinanza ai regni arabi e dalle scorribande di briganti che da queste provenivano. Si presentava dunque la necessità di creare un forte baluardo difensivo ed un punto di riferimento per i numerosi pellegrini e mercanti cristiani che si sarebbero inevitabilmente trovati ad attraversare quelle terre.

Nel 1119, dunque, venne impiantato il primo Ordine monastico-cavalleresco con lo scopo di proteggere gli interessi dell’Impero Franco in Terrasanta. I crociati che avevano conquistato Gerusalemme e i territori limitrofi ritenevano il loro compito terminato, ma serviva qualcuno che creasse un insediamento stabile nelle nuove terre di conquista per stabilizzare la vittoria su di esse e trasformare in capitale politico quanto militarmente conseguito.

 I templari, votando a Dio la loro esistenza e riconoscendolo come loro unico Re, risolsero il problema del conferimento del comando. Dal momento che i vari Stati Latini in Terrasanta erano numerosi, altrettanti erano i signori occidentali che li guidavano e sarebbe stato difficile creare un’unitarietà di controllo e un centro di potere ben definito per qualsiasi esercito fosse rimasto, tranne che per i Templari.

Essi erano votati ad un unico Signore: il Dio dei cristiani, il cui vicario in terra sarebbe stato il Papa in persona.

In seguito alla sottoscrizione, presso il concilio di Troyes del 1128, del trattato “De laude novae Militiae”, manifesto e programma dell’Ordine, avvenne il riconoscimento da parte di re Baldovino II del nuovo corpo militare e monastico congiuntamente.

I cavalieri templari si insediarono nel quartiere della “Moira”, sulla spianata del Tempio di re Salomone e vi restarono fino al 1187, anno in cui Gerusalemme venne conquistata dal Saladino.

I Templari, in seguito alle varie vicissitudini di cui si resero protagonisti, alcune delle quali veleggiano tutt’ora nel mare della Storia confondendosi tra gli orizzonti del mito e le acque della realtà, vennero accusati di eresia, alto tradimento e condannati a morte dopo estenuanti processi, molti dei quali si svolsero in Italia e a Viterbo.

I motivi di simili illazioni trovavano forse spiegazione nelle ingenti ricchezze che l’Ordine aveva accumulato nel tempo, o piuttosto nel notevole potere che avevano acquisito per l’importanza capillare delle funzioni che svolgevano. Loro erano banchieri, soldati, capi politici, uomini di Chiesa, abili amministratori e coordinatori delle più importanti funzioni in Terrasanta.

Si diceva che l’Impero franco fosse addirittura indebitato finanziariamente con loro e che essi erano arrivati a controllare così tanto da coinvolgere anche direttamente gli interessi dell’Impero in Occidente. Non c’era altro modo per estrometterli dal ruolo di preminenza acquisito che accusarli di eresia e incastrarli con prove false che gettassero loro in balia dell’impopolarità e della diffamazione.

Il 14 settembre 1307 venne redatta una lettera contenente l’ordine del re per perpetrare l’arresto ed il processo dei membri dell’Ordine templare. Perché l’ordine incontrasse il discredito dinnanzi al Papa, all’epoca Clemente V, eletto con i voti dei vicini del re Filippo IV il Bello, vennero create prove false ed estorte da essi stessi delle confessioni con la tortura.

I principali capi di accusa erano di rinnegare Gesù Cristo, di adorare strani idoli pagani (forse ci si riferiva al Bafometh, misteriosa reliquia salafita che secondo le testimonianze dei processi veniva vista pure a Bagnoregio), di praticare sodomia e tramare contro il potere imperiale. 

Il Gran Maestro di Borgogna Jaques de Molay ed il Gran Maestro di Normandia Geoffroy Charny, assieme ad altri tre templari, vennero giustiziati in seguito ad un ultimo eroico atto di protesta nel 18 Marzo del 1314. Mentre bruciava sul rogo, Jaques de Molay pronunciò una maledizione ai danni del Papa Clemente V e di Filippo il Bello

Il Papa morrà poche settimane dopo di cancro all’intestino e il re di Francia in seguito ad una caduta da cavallo. Di lì in avanti la stirpe di Filippo IV conterà più morti che regnanti, non da ultimo il regno di Giovanni che durò solo dal 15 al 19 Novembre del 1316 e passò alla storia come il regno più breve di Francia.

(...) vedo qui la mia decisione di morire liberamente, e Dio sa chi ha torto, chi ha peccato. Si arriverà presto al dolore per coloro che ci hanno ingiustamente condannato: Dio vendicherà la nostra morte (...)». (Geoffroy Charny, Gran Maestro di Normandia).

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