Viterbo STORIA
Alessandro Finzi

Il retablo di santa Rosa in Ecuador (Prima parte)

 

Il prof. Alessandro Finzi

Prima di mostrare l'intero retablo c'è ancora da illustrare le due statue che occupano le nicchie centrali.

Quella inferiore è la più raffinata. La colonna e la volta sono dorate. Delicato è il disegno su fondo rosa alle spalle della Santa e cosi pure si vede emergere un disegno colorato fra le stecche delle volta. Santa Rosa è in piedi sopra un cuscino deposto su un piedestallo.

Sopra il cuscino una superficie azzurra è difficile da interpretare. Dalla veste scura traluce una doratura che si fa raggiante sul petto. Il cordone dei francescani è insolitamente lungo, bianco e con nappa terminale, ma reca i nodi che simboleggino i voti. Molto interessante è l'aureola metallica che è disposta più in alto della testa in modo che si veda modellato un cuore.

 

Santa Rosa nella nicchia inferiore

Insolito è anche l'atteggiamento semichiuso delle mani come a sostenere qualcosa. Dalla destra si vede emergere qualcosa difficilmente definibile. La mano sinistra è meno serrata e verosimilmente reggeva una croce. L'atteggiamento è di serena meditazione.

 

Statua di santa Rosa nella nicchia superiore

La seconda statua, sovrapposta alla prima, occupa una nicchia più semplice, ma anche in questo caso si vede una ricca decorazione di volute vegetali alle spalle della Santa e, in alto, la colorata forma a ventaglio. Si vedono due angioletti in volo e due cherubini sui capitelli. L'immagine di santa Rosa è del tutto insolita e, se non fosse per il contesto, vi sarebbero, a parte il volto giovanile, difficoltà di attribuzione. La tunica corta lascia scoperti piedi che calzano sandali. Il cordone funge solo da cintura e non scende coi due capi liberi. Nella mano destra la figura regge un reliquiario vuoto (si vede il disegno di fondo attraverso i fori) che certamente ha sostituito un Crocifisso che Rosa ammirava in atteggiamento estatico come in altri non frequenti casi.

E adesso è arrivato il momento di ammirare il retablo nella sua articolata magnificenza. Le due statue e i quattro dipinti sono parte integrante di un lavoro straordinario di ebanisteria. Se si ingrandisce l'immagine e si esamina il dettaglio si potranno ammirare i particolari dell'elegante intaglio del legno dipinto Da notare, alla base, i libri che sostengono le mensole ai due lati del Cristo e in alto il tetto rialzato sull'immagine di san Francesco col Bambino Gesù. Interessanti le due ali che non sollevano, ma quasi ancorano il complesso che sembra pronto a sollevarsi nell'aria nella sua delicata leggerezza

Il retablo dedicato a santa Rosa da Viterbo nella chiesa di san Francesco a Quito.

Il retablo, oggi presente nella chiesa di san Francesco nella capitale dell'Ecuador, è opera di autore ignoto, probabilmente indio, di fine '600. È considerato un esempio di arte povera, perché il legno dipinto precede l'uso coloniale di coprire le impalcature di oro zecchino, riciclando, purtroppo, quello dei magnifici manufatti della precedente cultura incaica.

L'opera proviene dalla chiesa del convento francescano della cittadina di Pomasqui che si trova in provincia di Quito, pochi chilometri a nord della città e quasi sulla linea dell'Equatore. Chi segue queste storie non si meraviglierà se troviamo santa Rosa anche nelle altitudini andine e perfino sulla linea che divide il mondo a metà.

La cittadina di Pomasqui è considerata un luogo ameno e salutare, oggi di villeggiatura, adatto al riposo e al ricupero dei malati, noto perché vi vivevano centenari quando la vita media durava poco più della metà. La chiesa fu fondata il 12 di agosto del 1573 e intitolata alle vergini Chiara e Rosa. Considerando che, prima di fare una chiesa ci vuole un'esigenza di culto e la presenza di numerosi fedeli, ecco un'altra conferma che il culto di santa Rosa da Viterbo era già diffuso sulle Ande quando non erano ancora passati probabilmente neanche 50anni dalla scoperta dell'America!

Devo infine ricordare che queste ultime notizie sono dovute alla cortesia di Padre Giovanni Onore, missionario in Ecuador, e di Alfonso Ortiz.

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