Valentano CRONACA E STORIA Tira dritto e fa’ bon solco
di Romualdo Luzi

Come già annunciato, il 25 luglio a Valentano, alle ore 21,30,  nel cortile d’amore della Rocca Farnese, è stata proiettata la “prima visione” del documentario “Tira dritto e fa’ bon solco-La tiratura del Solco Dritto a Valentano” di Marco D'Aureli e Marco Marcotulli.

Regia di Marco Marcotulli e Rosa Anna Arlacchi, compreso nel lavoro di documentazione del settore DEMOS dell’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio. Con gli autori sarà presente la dott.ssa Laura De Martino dell’Area Servizi Culturali, Promozione della Lettura e Osservatorio della Cultura della Regione Lazio.

Sono personalmente lieto di ospitare il contributo dell’amico Romualdo Luzi, studioso anche di tradizioni popolari, che al lavoro di documentazione di  questa festa ha dedicato tanto tempo e passione.

 

VALENTANO:

IL SOLCO DIRITTO IN ONORE DELLA MADONNA ASSUNTA

   Valentano è un piccolo centro dell'Alto Viter­bese, ai confini con la Toscana. Conta oggi poco meno di 3000 abitanti. Dall'alto dei suoi 550 m sul l. m. domina, verso levante, la magnifica conca del Lago di Bolsena racchiusa nella catena dei Colli Volsini e, verso settentrione, un'ampia e fertile pianura («il piano») da cui la popola­zione ricava la maggior parte dei prodotti della sua attività agricola che, da millenni, costitui­sce la principale fonte di reddito.

   Verso "il piano" la popolazione di Valentano riversa l'abbraccio della sua arcaica tradizione contadina e, il giorno di Ferragosto, ne celebra la festa principale dedicando all'Assunta i riti di una tradizione secolare legata soprattutto alla “tiratura del solco dritto”[1].

   Si può quindi comprendere come la «Festa di Santa Maria d'Agosto», così  descritta nelle antiche fonti archivistiche, abbia radici legate al mondo contadino, alla tradizione della «bifol­cina[2]» (l'associazione dei bifolchi a cui, in origine, spettava l'onere e l'onore di sostenere la festa) e alla cerimonia del ringraziamento («ciò che si è raccolto appartiene al popolo, ma viene dalla divinità, alla quale il rituale rende omaggio»[3]).

   I rituali della festa ripercorrono oggi il «solco» della tradizione, tramandata da padre in figlio, con attaccamento e fede e le varie fasi consistono in vari momenti che possono così sintetizzarsi: la «tiratura» del solco dritto che avviene all'alba della vigilia della festa (14 agosto); l'offerta e il consumo comunitario dei prodotti della terra, simbolicamente rappresentati dal pane e dal vino (grappoli d'uva e biscotti); la connessione della festa arcaica al culto mariano sia con il corteo d'offerta (dei giorni 14 e 15 agosto) che con la solenne e partecipata processione notturna con l'immagine dell'Assunta. Infine la dedica di componimenti poetici riconducibili, quest'ultimi, alla tradizione orale dei cantori a braccio o d'ottave così presenti in quest’area del Viterbe­se e della Maremma laziale.

 

STORIA E TRADIZIONE

   Lo statuto di Valentano, trascritto in volgare verso il 1557 da quello più antico vergato in latino del sec. XV, conserva la memoria della festa indicandola come Sancta Maria d'Agosto[4].

   La mancanza di fonti documentarie più antiche non consente di conoscere l'inizio di questa tradizione a Valentano anche se sappiamo che la festa dell'Assunta ricorreva, nel mondo cristiano, già dal 386, ricevendo in seguito una grande notorietà quando Leone IV, nell'847, le diede l'ottava (vale a dire una ripetizione della festa dopo otto giorni).

   Questa celebrazione, di derivazione arcaico-agricola legata agli antichi riti del mondo reli­gioso etrusco e romano della tracciatura di solchi sia per la fondazione delle città[5] che per l'arte dell'aruspicina (Tagete che esce dal solco presso Tarquinia[6]) è stata trasformata, nella religione cristiana, e dedicata alla Vergine Assunta.

Lo stesso rito della cerimonia d'offerta, con la presenza di ceri su cui sono appesi biscotti e grappoli d'uva, riporta proprio ad un analogo momento d'epoca romana. In un affresco, provenien­te da una casa privata di Ostia, del III sec. d. C, appare dipinto un corteggio di bambini in abiti festivi che recano doni alla dea Diana, con aste su cui appaiono appesi grappoli d'uva. E' una fase delle feste agricole dei «Vinalia rustica», cele­brati il 19 agosto quando iniziava la maturazione delle uve[7].

   La festa di Valentano è definita anche del solco dritto, perché lungo tutto «il piano», attra­versato dal fiume Olpeta, è tirato un solco retto e lunghissimo (4-6 km), per mezzo di un aratro di legno trainato da un parecchio (paio) di buoi.

Oggi, scomparsi i bui aratori dal mondo agricolo, il solco è tracciato con il trattore. Se sono mutati gli strumenti del lavoro, non è certo cambiato, nello spirito della gente, il valore tradizionale e  religioso del segno.

   Il solco assume vari significati: alcuni vi individuano il viaggio percorso dalla Vergine che ascende al cielo; altri il mezzo di auspicio per trarre le indicazioni per la successiva annata agricola (il senso dell’aruspicina): più il solco risulta tracciato diritto, più viva è la speranza per un futuro, cospicuo raccolto; altri ancora lo considerano come un gesto d’omaggio e ringraziamento all’Assunta.

   La tradizione orale di Valentano ha tramandato anche il ricordo di un’antica leggenda: al tempo della persecuzione di Erode, Giuseppe e Maria furono avvertiti di scappare in Egitto per evitare che Gesù fosse scoperto e ucciso nella strage degli Innocenti decretata da Erode. Durante la fuga San Giuseppe, mentre su di un asino conduceva in salvo la Madonna e il Bambinello,  fu costretto ad attraversare un campo di lupini secchi. Poiché il transito del gruppo creava, con lo stridore delle piante secche calpestate, rumori tali da consentire la scoperta della fuga da parte dei soldati inseguitori, un bifolco, per evitare questo, tracciò un solco lungo il campo di lupini, creando così una via di fuga ed evitando così la cattura del Salvatore. Tra l'altro la Madonna avrebbe maledetto questi legumi coll'affermare che sarebbero stati mangiati ma non avrebbero mai saziato alcuno.

Di questa leggenda se ne conosce un'altra variante: il solco sarebbe stato tracciato per creare un passaggio agevole alla Madonna che, in fuga verso l'Egitto, si sarebbe altrimenti stracciata il manto impigliatosi tra le piante di lupini.

   In un altro racconto si narra, invece, che la Madonna fu raggiunta dai soldati e, questa, alla richiesta di spiegare cosa nascondesse sotto il manto, rispose loro:  «Il gran Messia» come provò, aprendo il manto, che in quel momento apparve ricolmo di grano.

    Aldilà delle diverse varianti sembrano comun­que delinearsi, nella struttura  dei racconti orali della gente di Valentano, due costanti: il passaggio della Vergine  e la tiratura del solco da parte dei bifolchi.

   La «tiratura» del solco avviene all'alba del 14 agosto, vigilia della festa. Dopo il segno di croce e l'invocazione a S. Isidoro, protettore dei bifolchi[8], si inizia la «tiratura» attraverso un percorso prescelto e segnato in precedenza per mezzo di alcune «biffe» di legno, in modo che abbia uno «sbocco» verso il paese, cioè un punto di osserva­zione che consenta di valutarne la rettitudine, e un punto di riferimento verso l'orizzonte. 

Sono attraversati campi con stoppie, maggesi, terre­ni ancora coltivati a prato,  con patate o a granoturco. I proprietari dei terreni “arati” dal solco non reclamano («la consuetudine guasta la legge»[9]), anzi alcuni asseriscono che su queste terre i prodotti crescono più belli per merito della benedi­zione della Madonna.

Il bifolco è attento solo a «tirare dritto» anche per non incorrere nelle possibili e acide contestazioni degli altri bifol­chi. D’altronde il “Deputato” o “Signore della festa” (la festa in antica era riservata all’arte della bifolcina[10], quindi a facoltosi proprietari terrieri, quindi a gruppi di cittadini, associazioni, ecc.) per la tiratura del solco sceglieva il “bifolco” che sulla piazza risultava il più capace (la tradizione della bifolcina valentanese in Maremma riscuoteva stima e grande credito)  perché se è vero che era in gioco l’onore del bifolco, ne perdeva anche il prestigio del “Deputato della Festa”. Tra l'altro un proverbio locale, nato proprio da questa tradizione legata alla presenza di numerosi e valenti bifolchi, recita: «Tira dritto e fa’ bon solco».

Va precisato che a Valentano il solco è unico. Soltanto in occasione del Giubileo del 2000 si decise di tracciare due solchi, al di fuori della tradizione, ma per celebrare un avvenimento unico.

L’antropologo Alfonso Maria di Nola, che ebbe ad interessarsi di questa tradizione, rilevava proprio dall’unicità del solco, il suo “significato religioso e culturale… Il solco tracciato in modo perfetto si costituisce in prototipo sacrale di tutti i solchi che l’aratro traccerà nell’annata prossima, si configura come ‘modello’ dell’esito favorevole del lavoro di aratura”[11]. “Ci si trova di fronte ad uno degli esempi magico-religiosi di opera prototipa del lavoro agricolo… ossia è come fissare in un non-tempo storico quello che poi nel tempo storico sarà la realizzazione di un’opera umana finalizzata alla produzione di beni concreti… Inoltre è un momento di rappresentazione della virilità, un rito prettamente maschile”[12].

In ogni caso la memoria del paese ricorda che soltanto in qualche rara occasione  furono tracciati due solchi. A destra il solco cosiddetto della “Madonna” e a sinistra quello di “sfida”. Se nasceva qualche discussione sulla bontà o meno di un solco, oppure qualche valente bifolco si piccava di non essere stato il “prescelto per la tiratura”, si poteva assistere alla tiratura del secondo solco “di sfida”.

In verità è da credere che questa evenienza sia stata piuttosto rara. Le testimonianze raccolte nel tempo sono comunque piuttosto significative:

Francesco Bonasera, detto Bambinello, cl. 1919: Se tirava ’n solco solo. Ma so’ che ’n precedenza qualcuno, pe’ sfida all’altro che aveva tracciato il solco, perché nun era fatto troppo diritto, che lue se sentiva ppiù capace, faceva addirittura ’n’artro solco a ffianco…anche la sera della viggiglia….

 Battisti Battista, detto Giovanni de Pisello, cl. 1906:  No, nun ce se leticava… Ah, ’mbè sì, qualche vorta che nun je ita bbene allora a distanza de ’na trentina de metre hanno fatto ’n’artro solco. Pe’ ffa' veda c’adereno ppiù brave… ce le fecero due, uno pe’ ppicca e l’altro perché l’eveno da fa… .

Girolama Banco, detta Lola, cl. 1909: Ll’ho vveduto ppiù de ’na volta, c’ereno due: uno ’nsomma lontano da uno all’altro e cc’ereno du’ solche così dritte c’annavono a ffonì su a la montagnola de Mezzano….

Luigi Biagini, detto Pescatore, cl. 1908, il bifolco che ha ripreso la tradizione e tirato, con i buoi i solchi del 1977 e del 1980: Dunque agnede a diciott’anne a ttirà ’l solco de sfida, che sarebbe a destra de la Madonna e a sinistra sarebbe de lo sfidante… Dopo, quanno partie io da casa ’l mi poro babbo me fece… dice: “Se tte viene dritto viene a ccasa, sinnò pia la strada del Lamone”. Che ’l Lamone sarebbe la ppiù macchia brutale che c’è da le nostre parte. E ccosì rivae pe’ ffino all’Olpita e passassimo ’m pezzo giù col solco e trovassimo ’na fratta lì alta e cce volle pe’ passà dillà che ’n  ce vedivemo  né davante né de dietro. E tutta la gente, che sarebbe stato che a Vvalentano è ppieno che ce guardeno, sarebbe stato che ’l mi padre ’n poteva sta senza veda ch’ivo fatto e llue prese e agnede a Vvalentano, che io so’ de le Fontane, e così cc’era uno - ’l pòro Zozzera che stava col poro sor Angelo Rosati, e  ddice. “Eh, eh! Peccatore, Peccatore – che parlava così – è rrivato all’Olpita, ha chiappato ’nranocchio e je tocca a ddà ddietro che nun va più di qquà e dillà”.

’Nsomma commattessimo qualche mezz’ora, mica c’ereno davante così che lo tracciavano. E ’l mi poro padre guardò da dietro: “Realmente – dice – pe’ fino all’Olpita è perfetto” e ffece ste parole: “ Oh!, s’adè de puro sangue sfonna e si è imbastardito resta, ma vedarae che all’Olpita non resta perché sfonna”.

Facessimo ’l solco ppiù dritto de quell’arto che era ’n po’ storto. Doppo, quanno ’l nostro adera dritto perfetto, quell’artro sembrava ’na verga da quanto sfigurava. Quelle parente mie chi’io ciagnede, ch’era ’na tradizione, che era come ’no sposalizio realmente adereno le Carrettine… so’ durate tre-quattr’anne senza parlamme pe’ quell’offesa che je sembra che io je diede. E io ciagnede perché nun m’envitorno. Allora ce se stava, c’era ‘l mestiere!

Sempre Luigi Bigini: E ’l ppiù solco de sfida le tirorno a le tempe ch’ io – vedarae che era nell’undece - ’l poro Carpignolo e ’l poro Bazzichetta. Allora partirono de sfida – non so quanto c’eveno de scommessa – e ’l poro Bazzichetta rivò all’Olpita si e nnò, ma ’l poro Carpignolo agnede da capo. E lo fece come ’n filo, a occhio, senza bastone.

  Nel corso delle operazioni, dall'alba sino alla fine delle operazioni (al tempo della tiratura con i buoi occorrevano almeno sei-sette ore; attual­mente con l'impiego del trattore, ne bastano due), i bifolchi non consumano cibi né bevande, al di fuori dell'acqua. Solo al termine della fatica sarà il «Deputato» o «Signore» della festa ad offrire loro un'abbondante colazione.

Il grido di “Viva Maria” saluta il momento della conclusione della tiratura.

Nel pomeriggio, poi, un grande rinfresco, a base di vino e biscotti, è offerto a parenti ed amici dal «Signore». Oggi fa festa tutto il paese.

 

IL "CORTEO" D'OFFERTA E LA PROCESSIONE DELL'ASSUN­TA

   L'Assunta, a Valentano, in antico era venerata in una imago in tabula di cui null'altro si cono­sce.   L'attuale statua lignea, policroma,  inve­ce, scolpita - secondo la tradizione - in un tronco d'albero di ciliegio tagliato a Valentano, risale alla fine del sec. XVI e, nelle fonti, appare descritta come quella di Cesare di Eva. Acquistata dal sacerdote Giovan Battista Lazzari,  venne da questi donata al Capitolo della  Chiesa Collegiata nel 1655[13].

Nell'atto di donazione il Lazzari aveva disposto espressamente che verun Superiore Ecclesiastico o Secolare per alcun tempo mai possa impedire, che detta Statua, e immagine non sia portata proces­sionalmente ogn'anno, nel suo tempo e festa, per la Terra di Valentano, né meno s'intenda in modo alcuno trasferito il dominio d'essa Statua in caso di controvenzione ed impedimento, come sopra, o vero in caso d'essere posta in qualche Altare di detta Chiesa; ma sempre resti la disposizione  di essere in libertà, e beneplacito d'esso Don Batti­sta Lazzari o suoi eredi, e non altrimenti, ma solo che la sua intenzione  e volontà è che  sia ogn'anno portata processionalmente come sopra. Successivamente, con atto testamentario del 2 giugno 1678, aveva istituito suoi eredi universali i nipoti della famiglia Bruni riconoscendo loro la potestà sulla statua. Ciò, nel tempo comportò alcune aspre vertenze tra gli stessi eredi e la compagnia dei bifolchi tanto che per la festa del 1755 in processione venne portata un'altra statua dell'Assunta che si custodiva nel Monastero del SS.mo Rosario.

   Alla Madonna, la sera della vigilia e alla messa solenne del giorno della festa, vengono offerti, come in un sacrificio di primizie, fra­granti biscotti e grappoli d'uva, simboleggianti il pane e il vino, con una semplice cerimonia: al rullar d'un tamburo ornato da un biscotto, si forma un piccolo corteo che dalla casa del «Signo­re della festa» raggiunge la chiesa. Ai lati del tamburo due giovani portano ciascuno una lanterna a stelo (volgarmente detto «cero») sulla cui som­mità è posto un biscotto e un grappolo d'uva. Due altri biscotti, legati a fasce di tessuto - una di colore rosa e l'altra celeste ad indicare l'uni­versalità del dono (uomini e donne) - poste a mo' di tracolla sulle spalle dei ceriferi, vanno a poggiarsi sulle reni degli stessi portatori. Per questo, i ragazzi, hanno ribattezzato la festa come quella del «biscotto al cu'», cioè del bi­scotto sul sedere.

   Alla funzione religiosa del pomeriggio della festa avviene lo scambio dei «ceri» disadorni da parte del «Signore» uscente a quello subentrante. Il «Signore» della festa in antico veniva sorteg­giato tra i bifolchi che ne facevano richiesta. Oggi, come abbiamo detto, sono semplici fedeli, famiglie o gruppi che si propongono per organizzare la festa.

   Il momento comunitario più rilevante resta comunque la solenne processione che oggi si svolge la sera della vigilia. Fino al 1960 circa la processione si volgeva nel pomeriggio della vigilia, cui seguiva il rinfresco agli invitati.

La solenne processione serale (si può affermare che vi partecipa vera­mente tutto il popolo) conferma il profondo attac­camento che Valentano ha verso questa Madonna, illuminando a giorno le numerose vie del paese attraversate dalla processione.

   La statua è preceduta dai bambini, dalle donne, dalla banda cittadina.  Davanti al clero i ricor­dati ceri di offerta. I «Signori della festa», circondati da parenti ed amici, seguono la statua. Quindi il resto del popolo che alterna i propri canti e le proprie preghiere alle musiche della banda cittadina.

   Nel passato, secondo un documento del 1625, la processione si svolgeva con un altro rituale: «Nella vigilia dell'Assunzione della Beata Maria, dopo i vesperi, si fa la processione girando per tutte le vie del paese e l'immagine su tavola, che si porta in processione, viene lasciata nella Chiesa di Santa Maria fino ai secondi vesperi della festa inclusi, e di lì si riporta alla Chiesa dove rimane esposta nel lato ove si legge l'epistola sino all'ottava e si cantano i vesperi».

   Questi atti cerimoniali hanno un loro antico significato e, nell'alternarsi di processioni e di soste, sono individuabili i peculiari caratteri dell'aspetto cristiano della festa dell’Assunzione di Maria Vergine quali l'affer­mazione della morte, detta dormitio (sonno), pausatio (riposo), natalis (nascita al cielo), transitus (passaggio), depositio (sepoltura); della  resurrezione  e della successiva assunzione con l'elevazione al cielo di Maria, in corpo e anima.

 

L'OFFERTA POETICA

   L'ultima fase rituale della festa è quella dell'offerta alla Vergine Assunta di componimenti poetici.  E' memoria antica che alla Vergine Assunta si dedicassero componimenti poetici, anch'essi sicuramente riconducibili alla tradizione orale dei numerosi cantori a braccio o d'ottave, benché le poesie di cui abbiamo memoria, la prima che conosciamo risale al 1817, sono di un ricercato livello letterario e di un contenuto religioso-teologico più vicino al mondo ecclesiastico che a quello popolare[14].

   Che la tradizione sia antica e radicata non solo a Valentano ma anche nei centri del Ducato Farnesiano ove l'Assunta ha un culto particolare[15], lo dimostra anche una  Preghiera  dedicata alla Vergine per la festa celebrata nella distrutta città di Castro e pubblicata da Mariano Ghezzi in appendice all'opera Breve discorso non men curioso che bello sopra la salubrità dell'aria della città di Castro (Ronciglione, Domenici, 1610), qui riproposta per l'anno 1974.

Di questa usanza ci sono pervenute molte testimonianze a stampa, mentre sappiamo che, in antico, poesie manoscritte venivano affisse alla porta della Chiesa parrocchiale nei giorni della festa e la loro memoria s'è dissolta nel tempo. Di questi ultimi componimenti siamo riusciti a raccoglierne appena due inediti (relativi agli anni 1910 e 1924) che, non hanno avuto, come gli altri l'onore di essere stampati.

   Qualche anno (1850), anziché pubblicare la poesia tradizionale, il Deputato ha commissionato l'incisione dell'immagine dell'Assunta.

   Attraverso le prime testimonianze raccolte vediamo che i poeti si rivolgono alla Madonna con preghiere in versi e, proprio al sonetto del 1817, ci siamo ispirati per la scelta del titolo di questa antologia: E canta inni d'onor l'eterea Corte.

   A Giacomo Mazzinelli, di cui conosciamo altre poesie, si debbono l'Ode saffica del 1885 e le Quartine del 1888. Si tratta indubbiamente di testi eruditi con riferimenti anche alla tradizione locale (...Ambo le mani in atto di preghiera, / A te solleva ognor l'agricoltore, /...   Per te si veste di vigneti il colle, / di spighe il piano, il prato di verdura, / U' stanco il bue per le solcate zolle / Tragge pastura...).

   Da questo momento in poi, e per molti anni, sarà il sonetto la forma poetica più seguita e la preghiera il tema di fondo. Alla riscoperta della tradizione locale si legano le poesie o le preghiere degli ultimi anni, senza sottacere la colta e vissuta Saffica di Armando Natali, scritta per la festa del 1956, ove non mancano significativi riferimenti alla festa (...per Te sul piano / si traccia il solco; a Te dispiega l'ale / libando il grano...).

   E' del 1989 la poesia  Santa Maria d'Agosto messa in musica dal cantautore di Dio, don Giosy Cento che, già nel 1979, aveva voluto scrivere una sua personale preghiera all'Assunta.

   Si conoscono anche diverse poesie inedite, scritte non necessariamente per incarico del Signore e, quindi, non destinate alla pubblicazione. Sono singolari momenti poetici densi di ricordi e sentimenti lontani come L'Assunta di Rosario Scipio (1952) e la La notte dell'Assunzione di Sante Garosi (1995), oppure di sensazioni immediate come quelle de Il "Solco Dritto" (1993) intensamente vissute all'alba della tiratura e subito tradotte in poesia. In questi ultimi tempi la preghiera-poesia è spesso accompagnata da veri e propri capolavori che gli artisti, locali e non, dedicano a questa antica e coinvolgente tradizione.

                                                                                  Romualdo Luzi

 

Il solco dritto del 1977, praticamente l’ultimo tirato dai buoi,

Foto Bruno Starnini

 

Festa dell’Assunta e del Solco Dritto di Valentano

Quadro a olio di G. Ciucci. Nel fotomontaggio di V. Cucchiari la statua secentesca della Madonna in legno policromo



[1] Su questa tradizione esistono varie pubblicazioni cui si rimanda durante il testo. In particolare cfr. R. LUZI, La tiratura del solco dritto nel Ferragosto verentano, foto di Giovanni Ciucci e Bruno Starnini. Nota introduttiva di Alfonso M. Di Nola, Viterbo, Scipioni, 1980 e R. LUZI, La processione della Madonna Assunta a Valentano, in: IL Lazio in processione, Lunario Romano 1998, Roma, Gruppo Culturale di Roma e del Lazio, p. 129-138.

[2] Cfr. B. MANCINI, La bifolcina. L’aratro e la Madonna, in: Valentano. Contadini, terre e pane, Valentano, Gruppo Archeologico Verentum, 1996, p. 51-58.

[3] A. M. DI NOLA, Nota introduttiva in R. Luzi, La tiratura…, cit., p. 7.

[4] Archivio Storico di Valentano – sezione antica conservata presso la Biblioteca Comunale, (d’ora innanzi indicato comeA.S.V.,), Statuto 1557, lib. IV – Cap. XXVII, Delli terratici, c. 36v.

[5] M. BAISTROCCHI, Arcana Urbis. Considerazioni su alcuni rituali arcaici di Roma, Genova, 1987, p. 111.

[6] Molti sono gli studi sull’arte dell’a  ruspicina presso gli Etruschi. Si segnala qualche opera più interessante come R. BLOCH, Gli Etruschi, Milano, 1962, p. 129-130; O.W. v. VACANO, Gli Etruschi nel mondo antico, Bologna, 1960. p. 38 e segg. Cfr. pure un’opera piuttosto datata, ma sicuramente ancora valida: N. TURCHI, Le religioni nel mondo classico, in Le religioni del Mondo, Roma, 1946, p. 261 e segg.

[7] B: MANCINI, E’ un rito antico l’offerta dei “Ceri” per Ferragosto, in Scaffale Aperto, Biblioteca Comunale di Valentano, n. 15, mar. apr. 1983, p. 6.

[8] La formula, nella sostanza, è la seguente: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo! Viva San Sidoro…”.  In qualche caso si invocava la Madonna con il “Viva Maria” anche cantando inni alla Madonna.  In questi ultimi anni, cioè da quando un sacerdote segue le fasi della tiratura del solco dritto, alle formule tradizionali, il sacerdote aggiunge una sua preghiera.

Dal  2003 lo stesso Sacerdote (Don Giuseppe Mugnaini) ha dettato, per i Signori della Festa, due brevi invocazioni da recitare all’inizio e alla fine del solco. Come si vede la festa registra, nel tempo, almeno alcuni momenti di modificazione e di integrazione. Sono mezzi per cui la tradizione antica si rinnova e vive. Lo è stato con l’utilizzazione del trattore, lo è con modeste variazioni nel cerimoniale.

Le preghiere suggerite per il “solco dritto” del 2003 sono le seguenti:

“Valentano - 14 AGOSTO 2003 – Festa dell’Assunta

 

PREGHIERA ALL’INIZIO DEL “SOLCO DRITTO”

Dio, onnipotente ed eterno, che nell’opera della creazione

all’uomo hai affidato la terra perché la rendesse più feconda ed accogliente,

benedici noi che ci apprestiamo a tracciare, nella memoria dei padri,

il “solco dritto” nel piano,

e fa che seguendo Cristo, via che apre il cammino verso di Te,

condotti dallo Spirito, e sotto la protezione di Maria,

possiamo portare frutti di opere buone

e giungere felicemente a Te che sei la vita senza fine.

Per il Nostro Signore Gesù Cristo, tuo figlio che è Dio, e vive regna

con Te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

 

 

  PREGHIERA ALLA FINE DEL “SOLCO DRITTO”

O Padre, che dalla divina maternità di Maria alla sua gloriosa Assunzione,

hai segnato per lei un cammino di luce,

conduci anche noi, che abbiamo tracciato nel piano il “solco dritto”,

alla gioia gloriosa ed eterna, facendo gustare ai tuoi figli i frutti di un lavoro

sereno e tranquillo.

Dona alle nostre case pace e prosperità, unità alle nostre famiglie,

tenerezza ai bambini e agli anziani conforto,

infondi saggezza ai giovani e agli adulti Forza,

e dal piano dove noi ti invochiamo portaci alla Santa Montagna,

Gesù Cristo, nostro Signore, che vive e regna nei secoli dei secoli”.

[9] Non si conosce alcun momento, nella storia della tradizione, in cui sia stato vietato l’attraversamento di terreni. Solo nel 2002 un breve tratto di terreno seminato ad erbaio, venne abbandonato per la netta opposizione del fittavolo.

[10] B. MANCINI, La bifolcina…, cit.

[11] A. M. DI NOLA, Nota introduttiva in R. Luzi, La tiratura…, cit., p. 8.

[12] A. M. DI NOLA, Per una ricerca antropologica e sulla ritualità nella Campagna Romana, in: Migrazione e lavoro. Storia visiva della Campagna Romana, Milano, Gabriele Mazzotta, 1984, p. 23-24.

[13] Cfr. per queste notizie storiche oltre R. Luzi, La tiratura…, cit., anche B. MANCINI – R. LUZI, Valentano. Luoghi e tempi del sacro, Valentano, Gruppo Archeologico Verentum, 1995. Le vicende della statua, del suo possesso e delle varie dispute nel tempo emerse a Valentano sono particolarmente illustrate in:  B. MANCINI, La bifolcina…, cit.

[14] Cfr. R. LUZI, a cura, Inno d’onor. Antologia poetica dedicata alla Madonna Assunta per la festa di Valentano. 1817-1995, Grotte di Castro, tip. Ceccarelli, 1995.

[15] R. LUZI, La devozione verso la Vergine Assunta nel territorio del Ducato di Castro, in: Informazioni. Periodico del C.C,.B.C., Amministrazione Provinciale di Viterbo, IX, 17, genn. giu. 2000, p. 79-83.

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