1915 circa Chiostro con la Cisterna (Archivio Mauro Galeotti)
(http://www.madonnadellaquercia.it)
 

Di diversi Conventi, e Provincie furono mandati al servizio della Madonna, e suoi divoti, più Religiosi virtuosi, e zelanti, che stettero sotto la cura immediata del Padre Generale sino all'anno 1464,

nel quale il nuovo Convento fu dato alli PP. della Congregazione di Lombardia, e dopo due anni, a quella di Toscana, oggi Provincia Romana, dalla quale è stato sempre tenuto con splendore, erettivi sin dal principio il Noviziato, e lo studio, d'onde sono usciti in ogni tempo soggetti riguardevoli nelle Cattedre, ne' Pulpiti, e ne' Governi, anche per Vescovati, Arcivescovati, ed altre dignità Ecclesiastiche.

Entrati i figli di S. Domenico alla custodia di questo Santuario, tanto si adoprarono con l'esemplarità della vita, predicazione della Divina parola, assistenza con zelo, e carità alle Confessioni, ed altre buone opere; che infervorati i popoli nella divozione, vi concorsero con tali ajuti, ed elemosine per la fabrica, che essendo solo gettati li fondamenti di questa gran Chiesa sul disegno del famoso Architetto Bramante, in meno di cinque mesi, dal mese di Luglio, sino a Decembre dell'anno 1470 si potè alzare, e compiere nella forma, che si vede, dedicata al mistero dell'Assunta.

Pare cosa incredibile, ma con l'assistenza di Maria per mezzo di questa sua Imagine, data per operar maraviglie, tutto fu facile; e ne fa fede Agostino Almadiani Nobile Viterbese nelli seguenti Versi già descritti in una tavola appesa in essa Chiesa.

Cynthia clara quater vix circumduxerat orbem
Atque suo Phoebus cursum finierat astro.

Maxima cum doni constructa hec templa fuerunt.
difficile est Superis nihil, ergo credere fas est, Etc.

Con pari sollecitudine fu in appresso edificato il Coro la maestosa facciata, e la superba mole del Campanile con due grosse Campane, una delle quali di libre 13500 fu dedicata alla SSma Vergine, portando scolpite queste parole:

Maria vocor . Congrego Clerum . Tempestates fugo . Festa decoro.

Al suono della medesima i popoli anche distanti si svegliano mirabilmente alla divozione: e non è ordinaria la fede, che ci danno in occasione de' cattivi tempi, osservandosi spesso, che al suo sonare si dilegua la tempesta; Fù poi ornata la Chiesa di vago Soffitto, fatto indorare da Papa Paolo III che nel disegno, intaglio, oro, e azzurro, non ha pari.

Ed in appresso dalla divozione del Cardinal Mont-Alto, Nipote di Sisto V vi fu accommodato un'Organo, da paragonarsi alli migliori d'Italia: siccome fu abbellita di molte pitture nella Cappella della Madonna, e negl'Altari delli famosi Pittori di quei tempi.

Per opera altresì di essi Religiosi, e con limosine delli divoti fu fabricato il Convento assai grande, con Claustri, Libreria, ed altre officine molto commode: una gran Cisterna, e più Fontane a beneficio anche publico, con acquedotto di spesa considerabile.

Con l'istesse limosine furono comprate li terreni circonvicini, li poderi, oliveti, e vigne.

Con autorità del detto Pontefice Paolo III fu aperta la dritta, e larga via, che dalla Porta di Santa Lucia di Viterbo [attuale Porta Fiorentina], conduce a questa Chiesa, spianata con ponti, e abbellita di frondosi Alberi alle sponde.

S'aprì parimente l'altra strada per la Città di Orte, ed altri luoghi della Teverina: e fu contribuito all'altra, che và a Bagnaia, aperta  e spianata con ponti di più arcate dalla magnificenza del Cardinal Ridolfi Vescovo di Viterbo, e legato della Provincia.

Per commodo de' Pelligrini, e forastieri, che vengono a visitare nostra Signora, fu anche fabricato un grand'Ospizio. E per li Mercanti e popolo, che vi concorrono alle Fiere, che vi si fanno per Maggio, e Settembre furno fabricati molti altri Ospizi, e Botteghe intorno alla piazza della Chiesa, che formano una bella Terra..

Onde ove prima era luogo selvaggio, infruttuoso, e poco pratticato, ora si vede il medesimo nobiliato non solo dagli sudetti Edifizii, e Strade, ma ancora da Ville, Orti, Vigne, e Poderi che li sono intorno. 

[... continua nel prossimo articolo alla metà del mese di gennaio]

Frate Nicolò Maria Torelli: Miracoli della Madonna della Quercia di Viterbo, in Viterbo 1793, pag. 13 - 16

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Inizio della Storia della Madonna della Quercia prima della costruzione della chiesa

E' questo l'inizio della grande, meravigliosa storia della Madonna della Quercia, ricca di miracoli, di belle opere all'interno della Chiesa e... Santuario e... Basilica.

E' il tempio più bello d'Italia, che ha fatto nascere attorno a sé una invidiabile miriade di casette, cariche a loro volta della voglia di raccontarsi, distinte da numeri su peperino, per mantenere la singolarità della propria esistenza.

E non è finita, perché quella Tegola di semplice terracotta, con l'immagine unica della Vergine col Bambino, ha dato vita alle grandi fiere annuali, agli ex voto, al Patto d'Amore con Viterbo, all'Infiorata, alla nascita di una miriade di chiese col suo nome, in Italia e nel mondo.

Ha dato vita ai Querciaioli, o meglio ancora Cerquaroli, dal popolare La Cerqua, gente di fede e d'onore e, infine a indimenticabili parroci come don Sante Bagnaia, don Angelo Massi, l'infaticabile attuale parroco don Massimiliano Balsi e lo storico Gianfranco Ciprini, a proposito, vai al suo sito, ineguagliabile, sulla Storia della Madonna della Quercia, clicca qui

Mauro Galeotti

La penna ora a Nicolò Maria Torelli da una edizione del 1793 "Miracoli della Madonna della Quercia di Viterbo".

 

Delli principii della Miracolosa Immagine della Madonna Santissima della Quercia, e suoi primi miracoli

Sopra una Quercia vicino alla Città di Viterbo, in luogo detto Campo Grazzano, poi volgarmente Graziano un'Artefice chiamato Battista Juzzante per Divina ispirazione ripose un ritratto della Gran Madre di Dio, fatto in una Tegola dal Pittore per nome Cesare Manetto.

E fu nell'anno 1417, che la Chiesa stava divisa da deplorabile Scisma di tre Pontefici, lacerata da più Eresiarchi, e l'Italia, con le Città di Roma, e Viterbo in particolare, provava estrema calamità per le rivoluzioni, guerre, pestilenze, e carestie.

La comparsa della Regina del Cielo su quell'Albero eletto per trono di grazie, fù presagio di sicuro rimedio a tante miserie: poiche nello stess'anno creato Martino V per vero, e legittimo Papa, ritornò la Chiesa alla desiderata unione, furno brugiati gl'Eresiarchi, rifiorì l'Italia; Roma, di cui il detto Pontefice fu chiamato il Salvatore, risorse a nuove felicità; e Viterbo al di cui governo avea egli medesimo già presieduto, fu liberata non solo dalle comuni disgrazie, ma con la di lui presenza, al ritorno da Costanza, anche dell'ostinate discordie fra Cittadini, che in più modi La tenevano abbattuta.

Stette per molti anni la S. Immagine senza palesare più oltre gl'effetti della sua pietà, e solo intenta a preservarsi illesa dell'ingiurie del tempo perchè se bene dall'impeto de' venti spesso era abbattuta, e gettata in terra, sempre miracolosamente sopra la sua Quercia intatta si ritrovava; anzi divenuto miracoloso l'istesso albero, abbassando, stringendo, e intrecciando prodigiosamente li suoi rami, gli fabricò un bene artificioso tabernacolo, sotto il quale riparata dalle piogge, grandini, venti, nevi, e turbini stava quasi nascosta, e solo salutata da pochi che quivi passando, a caso la ignoravano.

Venuto poi il tempo che la Santissima Vergine voleva comparire con larga mano li suoi tesori, secondo il costume delle meraviglie di Dio, volle anche essere prevenuta da annunzii profetici, e celesti visioni.

Sopra uno de' Monti Cimini detto di Sant'Angelo, poco distante dalla fortunata Quercia, Pier Domenico Alberti, lasciati i commodi della sua Casa in Siena, minava vita eremitica e santa.

Questo per Divina rivelazione conosciuto il tesoro nascosto nella S. Imagine, che felicitava non solo queste Campagne, ma il Mondo tutto, non contento di spesso visitarla, acceso un giorno di maggiore divozione, tolta riverentemente dall'Albero, portolla alla Chiesuola del suo Romitorio, e postovisi avanti ad orare, e addormentatosi, parveli vedere la S. Imagine ritornare alla sua Quercia; ed in fatti risvegliato con con sua gran confusione trovo mancarsela. 

Onde dopo avere con molte lagrime chiesto perdono a Dio e alla Santissima Vergine del suo ardimento, andossene al Campo Graziano, ove non solo la rividde più bella, e maestosa, ma ancora vidde che due Angeli con tutta riverenza sopra la Quercia la ritenevano.

Andava poi spesso dicendo, che tra Viterbo e Bagnaia viene un gran tesoro, e nissuno lo ricercava; e a molti, che perciò si mossero, a scavare e cercare in varii luoghi, faceva intendere, che non si affatigassero, perchè il tesoro non era sotto la terra.

Parimente alcune divote Donne Viterbesi mosse da Celesti visioni, ritrovata la figura di Maria Santissima sopra la Quercia, frequentemente la visitavano: ed una di loro chiamata Bartolomea dopo esservi stata un giorno lungamente ad orare, quasi li dispiacesse il lasciarla, se la portò alla propria Casa; ma quella ben presto fece ritorno alla sua Quercia; dove la buona Donna, dopo averla diligentemente cercata, con suo stupore la ritrovò; e non potendo imaginarsi, come ciò fosse accaduto, ripigliata la Santa Tegola, per meglio assicurarsene rinserrolla dentro una cassa.  

Tutto però in vano, perché indi a poco aperta la cassa, non ve la ritrovò altrimenti che come prima era ritornata al luogo.

Accortosi perciò non esser questo provenuto da arte umana; e che la Beatissima Vergine aveva eletto quell'Albero per sua residenza, e non voleva stare altrove, domandò perdono del suo troppo ardire, e perseverando nella sua divozione. esortava altri a visitarla, con dire che ne avrebbero ricevute molte grazie.

Correva l'anno della nostra salute 1467, quando la Gran Madre di Dio volle palesarsi in questo suo ritratto, vero rifugio de' bisognosi, e consolazione degli afflitti, mossa a pietà delle tante calamità, nelle quali si ritrovava il Cristianesimo, atterrito, e combattuto in più parti dalla potenza de' Turchi, e li Regni, e Provincie della Spagna, Ungheria, Settentrione, e di quasi tutta Europa erano in stravaganti sconvolgimenti per l'eresie, ribellioni, e guerre fra di loro, dalle quali era non meno oppressa l'Italia, aggiunte le rivoluzioni della Repubblica Fiorentina: e la Città di Viterbo si vedeva quasi distrutta dalle diaboliche fazzioni de' Cittadini, e non poco desolata dalle frequenti mortalità, per una fiera pestilenza, che vi regnava. 

Nel principio dunque del Mese di Luglio, molti oppressi dalle Infermità, alla vista della prodigiosa figura restarono subito risanati. 

Il giorno poi ottavo di detto mese, un cert'Uomo Viterbese fuggendo per queste campagne dalli mani de' nemici, che l'inseguivano per ammazzarlo, e sopraggiunto da essi in questo luogo, non vedendo altro scampo, alzò l'occhi pietosi sopra quest'Albero di vita, e ottenne dalla Santissima Vergine la sua salvezza; poichè reso invisibile a' suoi  persecutori, per più che diligentemente lo ricercassero, non fu mai ritrovato.

Onde disperati quelli, e  da virtù superiore atterriti, vergognosamente ne partirono.

Non tardò il buon'Uomo ritornato in Città a promulgare il Miracolo; dal che, e da interno stimolo mosso il divoto Romito, spiegando i suoi detti, dichiarò il tesoro tra Viterbo, e Bagnaia altro non essere, che l'Imagine di Maria Santissima, con palesarne altresì il trasporto, e miracoloso ritorno.

Il simile fecero le divote Donne, publicando, le visioni, e grazie ricevute: e come due volte da se stessa era ritornata alla Quercia, benche da Bartolomea portata, e riserrata in Casa.

A questi felici racconti sparsi sollecitamente per Viterbo, e suoi contorni, animato il popolo, ed invocando ciascuno l'ajuto della gran Madre di Dio, cessò incontinente la pestifera influenza: ed era infinito il concorso, computandosi alle volte sino al numero di quaranta mila persone.

Nella prima Domenica poi del seguente Mese d'Agosto vi si ritrovarono, oltre il popolo di Viterbo ed altri luoghi, quattordici intieri Communità che processionalmente (e molti anche in atto di penitenza) si portarono alla visita di questo nuovo Santuario; e furono delle Città di Montefiascone, e Toscanella [Tuscania], e della Terra di Canepina, Soriano, Ronciglione, Vetralla, Caprarola, Vitorchiano, Bagnaia, Lugnano, Bomarzo, Bassano, Carbognano e Civitella, portando ciascuna l'offerta di ricch'elemosina.

Nel mese poi susseguente di Settembre tutta la Città, e popolo di Viterbo vi concorse con solenne processione, nella quale, dopo le molte confraternite de Laici vestiti con sacco, e dopo numeroso Clero Regolare, e Secolare, veniva il vescovo in Abito Pontificale, portando nelle mani l'insigne Reliquia del mento di San Gio:[vanni] Battista sotto ricco Baldacchino, retto dalli Priori, ed altri Officiali della Città, che con infinita moltitudine, d''ogni sesso, e condizione, seguivano la processione.

Arrivati nel santo luogo, dove in quel principio era una semplice Cappella di tavole, preparato l'Altare, celebrò il vescovo solennemente la Messa, con l'assistenza di tutti ivi concorsi, che fu stimato arrivassero al numero di cinquanta mila.

In questi giorni anche numeroso popolo della Città, e Stato di Siena, seguendo molti Nobili mandati da quella Repubblica, venne a ringraziare la Madonna in questa sua miracolosa Immagine.

Nell'istesso tempo, che questa comparve in Viterbo Madre pietosa de' bisognosi, quella nobilissima Città per orribili, e replicate scosse de' terremoti, attendeva ad ogni momento l'ultimo esterminio, già abbandonata da' suoi Cittadini, che atterriti, e disanimati, vivevano appena sicuri nelle aperte campagne.

Con penitenze, orazioni, e pubbliche preghiere avevano procurato placare l'ira dell'Altissimo; erano ricorso a più Santi, avevano fatto più voti: ma lo spavento, e scosse de' terremoti numerati un dopo l'altro sino a 160, non finivano.

L'Eremita del Monte Sant'Angelo compassionando le miserie della sua Patria raccomandandolla alla protezione di questa gran Signora, facendo intendere a' suoi Concittadini, che ad essa, per ottenere il rimedio, unitamente ricorressero: al quale avviso, e per la fama de' miracoli già precorsa, i Savii di quella Repubblica fecero voto, raccomandandosi alla medesima anche con communi preghiere, acciò volesse liberarli da sì grave flagello.

La Grande Madre di Dio, che aveva eletto la sua residenza in questa fortunata Quercia per sovvenire non solo alli popoli circonvicini, ma a tutto l'universo, esaudì subito la sua divota, che si fermò la terra, mutò apparenza l'aria, e animati li Cittadini a non più temere, poterno sicuramente riabitare le lor Case, con rendere infinite benedizioni alla loro Liberatrice, portandogli i Deputati una tavola d'argento, rappresentante la Città di Siena.

E di tutto si conserva la memoria anche nel Palazzo pubblico di Viterbo [Sala della Madonna del Palazzo dei Priori n.d.d.] appresso un ritratto di questa sagra Immagine con sotto queste parole: Inclita Senarum Urbe centenis sexque denis diris terraemotibus plane liberata, grata, et pia illius Respublica missis huc voti causae Proceribus suis, mensam argenteam suae Urbis effigiem referentem huic Deiparae D.D. Sal. Ann. 1467.
Innumerabili, e stupendi erano i miracoli, che ogni giorno operava la Madonna SS.ma, e però infinito era ancora il numero de' concorrenti da tutte le parti, chi per impetrare ajuto ne' suoi bisogni, chi per render grazie de' beneficii ottenuti, e chi per essere spettatore divoto delli continui prodigi.

Nè d'altro da per tutto si discorreva, che della vista restituita alli ciechi, della loquela a' muti, dell'udito a' sordi, delli stroppiati addirizzati, de' feriti risanati, de' leprosi [lebbrosi n.d.d.] mondati, degli offesi da maligni spiriti liberati, ed infiniti altri miracoli, e grazie, operati alla Quercia.
E sparsi di questi la fama sino dal bel principio non solo per tutta Italia, ma anche per l'Europa, ed altre parti del Mondo sino tra barbari concorrevano Pellegrini da lontanissime parti a venerare questo Santuario: e come si legge nella Vita del Pontefice Paolo II, molti che erano schiavi nell'Africa, e in Costantinopoli, si viddero comparire con ferri, e catene per appenderle alla Santa Quercia in segno di esser stati liberati con l'invocazione di questa miracolosa Imagine dalla schiavitù degl'Infedeli.

Ciò però, che sopra ogn'altra cosa rendeva e rende anc'oggi maraviglia, si è la stessa Imagine meravigliosa in se medesima; restando ognuno con stupore in vedere un ritratto sì bello, maestoso, e naturale della gran Madre di Dio, che dopo cinquant'anni, che era stato sopra un albero in Campagna esposto all'inclemenza dell'aria, pareva allora fatto non da altra mano, che Angelica.

Si vede la Beatissima Vergine dipinta nella tegola con più del busto, ricoperta dal Manto Celeste, e veste rosseggiante, che con occhio maestoso riguarda il popolo, ed il suo Santissimo Figlio, quale sostiene con la destra, e abbraccia con la sinistra: e questo vestito di tonachina tra 'l bianco, e 'l giallo, tenendo nella destra una rondinella, e appoggiando la sinistra nel petto della Madre, rimira con occhi vivissimi e questa, ed i circostanti.

Scrissero alcuni, che avendo il pittore posta l'imprimitura su la tegola, e principiato il disegno, trovolla il seguente giorno del tutto miracolosamente compita.

Ma o succedesse in tal modo, o dipinta dal Pittore a suo talento, si compiacesse la Sovrana Regina mutarsi; certo è, che lo sguardo maestoso, con che alcuni atterrisce, altri consola; il rimorso della coscienza, e compunzione, che vi provavano i peccatori; la fiducia, e speranza, che apporta agl'afflitti; la divozione con lagrime, e sospiri, che allo scoprirsi della medesima ordinariamente si osserva; il numero quasi infinito de' miracoli, e grazie, che alla giornata compartisce; la pia, e continuata affezione de' popoli, anche lontani, che benche più volte l'abbiano visitata, sempre vivono col medesimo desiderio; il non esservi mai stato alcun Pittore, che l'abbia possuta ritrarre simile; la virtù miracolosa di risanare infermi, e liberare da tribolazioni, e travagli, che comunica al legno della Quercia, all'oglio delle lampadi, ed alli ritratti, e figure di se stessa, sono tutti indizii, esservi più che dell'umano. 

 

Come furono deputati Ministri al servizio della Santa Imagine, e fu fabricata la Chiesa, e Convento 

Essendo dunque si grande il concorso a venerare la miracolosa Imagine, con l'autorità di Pietro Vescovo di Viterbo, fu sollecitamente edificata una piccola Chiesa per celebrarvi le Messe all'Altare appoggiato alla Santa Quercia, come per decreto fatto il dì 26 d'Agosto dell'anno sopraddetto 1467. E per altro decreto sotto 5 del seguente mese di settembre ordinò, che li superiori de' Religiosi Domenicani, Francescani, Agostiniani, e Serviti, mandassero un Sacerdote per ciascuno ad ascoltarvi le Confessioni de' Fedeli

Nel giorno poi 9 del mese d'Ottobre di dett'anno stabilì, che quattro Preti Parrocchiani assistessero, con detti Religiosi, nello stesso ministero, dando facoltà ad uno di essi, che era Agostino Ciosi Rettore della Chiesa di Sant'Egidio, d'assolvere li penitenti dalli casi riservati; e lo dichiarò anche suo Vicario, e Commissario in detto luogo.

Sino dal principio erano stati deputati quattro Nobili della Città per soprastanti all'elemosine, e fabriche, detti perciò Santesi. Ma accio le dette elemosine, che in abbondanza erano offerte alla Madonna, fossero ordinatamente, e con ogni fedeltà raccolte, e amministrate, il prudentissimo Vescovo erigendo in Commenda questo luogo, ne dichiarò Commendatore Giovanni Manicatore Cappellano della Chiesa Cattedrale, a cui li soprastanti dovessero ubbidire, come per Decreto spedito il dì 22 del suddetto mese d'Ottobre.

E dalli 13 di Decembre del medesim'anno spedì monitorio contro li Usurpatori delle limosine, ed altre cose appartenenti a detto luogo, che sotto pena di scommunica dovessero restituire, e darne fedel conto in mano del Commendatore.

Per toglier poi le continue dissensioni, che insorsero trà li Ministri Laici, ed Ecclesiastici, tra il Vescovo, e Cittadini; ed acciò per maggior gloria di Dio, e della Santissima Vergine vi si celebrassero li Divini Offizii, fu risoluto collocarvi una Communità di Religiosi. Che però con autorità del Sommo Pontefice Paolo II l'anno seguente 1468 vi furono ammessi li Padri Gesuati del B. Giovanni Colombino, quali avevano già avuto un tal nome ed approvazione dalla Santa Sede in Viterbo. 

Dopo un'anno riconosciutosi detti Religiosi insufficienti a soddisfare il numeroso popolo, che vi concorreva, rinunziarono questo luogo, e sue ragioni al Vescovo, e Priori, della Città.

Si congregò perciò il publico Consiglio; e benchè fossero stimati più a proposito li Frati di S. Domenico, non venivano accettati. per avere nella Città un'altro Convento fondato dal medesimo Santo Patriarca con la Chiesa detta Santa Maria in Gradi.

Ma perchè la Gran Madre di Dio, questi e non altri voleva al suo servizio, che gl'aveva anche eletti alla cura d'altre sue più miracolose Imagini della Cristianità, dispose, che gli Consiglieri convenissero di mandare li Priori alla porta di Santa Lucia [oggi Porta Fiorentina], dalla quale per la strada Romana si và  verso Fiorenza [Firenze]; ed ivi attendessero la venuta di qualche Religioso forastiero, a cui, ed al suo Ordine dovesse commettersi la cura di questo Santo Luogo.

Appena arrivati tre delli Priori alla suddetta porta, viddero comparire tre Religiosi che erano il Venerabile Fra Marziale Auribelli Generale di tutto l'Ordine de' Predicatori, con due suoi Compagni, che tornavano dalla visita delle Provincie Oltramontane.

Non poco soprafatti dallo stupore, ed allegrezza per essersi subito incontrati non in semplici Religiosi, ma nel Capo stesso d'una principal Religione di Santa Chiesa Narrarono quant'era occorso , e gl'offerirono il nuovo Santuario con dire: la SSma Vergine, e non noi vi ha eletto: ut easis, et fructum offeratis, et fructus vester maneat.

Il Padre Generale ad esempio del suo Gran Patriarca. tutto intento ad impiegare li suoi Frati nella propagazione delle glorie, e culto della Madre di Dio, e nel procurare la salute dell'Anime, rallegrandosi della nuova occasione, e volontieri accettò l'offerta.

Rappresentato poi il tutto da' Signori Viterbesi al sopradetto Pontefice Paolo II, questo l'approvò, e ne spedì la Bolla il dì 29 di Settembre dell'anno 1469 nella quale ammessa la resignazione  fatta da' PP. Gesuati, considerato il gran frutto, che fanno li Frati Predicatori con la predicazione della Divina parola, ed esempio delle buone opere in quei luoghi ove hanno Conventi, e sperando, che per loro mezzo più facilmente si sarebbe ridotta a perfezione la fabbrica della Chiesa e Convento disegnati in quella magnificenza, che si richiedeva, concesse ad essi il medesimo Luogo e la cura della Santissima Imagine, con facoltà di edificare la Chiesa, Campanile, Cimiterio, Convento, ed altre cose necessarie, con tutti li privilegi, esenzioni, e grazie tanto spirituali, che temporali, godute dall'altre Chiese, e Conventi del loro Ordine, come più ampiamente in detta Bolla.

Frate Nicolò Maria Torelli: Miracoli della Madonna della Quercia di Viterbo, in Viterbo 1793, da pag. 1 alla 13