La Quercia STORIA INCREDIBILE
Gianfranco Ciprini

Carissimo Mauro, come ormai è consuetudine, nelle settimane prima di Natale e fino all'Epifania, il Santuario della Madonna della Quercia è  sede del grande presepe in cartapesta sulla scalinata, opera dell'architetto Giorgio Pulselli e dei suoi allievi, dei Cento presepi nel chiostro della cisterna; ma è anche sede da secoli di un grande presepe con statue di legno e di cera di dimensioni reali, opera cinquecentesca e di uno STRAORDINARIO presepe in marmo bianco, proprio sotto l'Immagine della Madonna della Quercia, opera del grande Andrea Bregno, scultore, ma disegnato dal giovane Michelangelo Buonarroti nel 1490, quando era allievo del Bregno.

Non molti sanno che il grande Michelangelo era devotissimo della Madonna della Quercia, era anche iscritto alla Confraternita della Madonna della Quercia di Firenze dove disegnò la chiesa costruita in suo onore. Ti mando uno scritto dove documento tutto questo. 

 

Foto del presbiterio così come era nel 1932; la foto mi è stata concessa da Giocondo Pallotta

Al centro del presbiterio, della chiesa della Madonna della Quercia, troneggia lo splendido tabernacolo o tempietto, costruito con marmo bianco di Carrara, al cui interno è conservata l’Icona Sacra della Madonna. 

Nell'Archivio Comunale di Viterbo, nel volume dei Ricordi dei Priori n° 21, che va dal settembre 1485 a tutto l'otto­bre 1495, a c. 66 è scritto:

"…Dicembre 1488
Li offitiali della Madonna della Cerqua, in consiglio domandorno voler fare un tabernacolo degnissimo et de costo di 600 ducati.Et di ciò hanno due belli modelli. S'è infine deliberato per la spesa grande non farlo…”.

Da questo documento si conosce come, già dal 1488, fosse intenzione dei cittadini viterbesi di fare un tabernacolo per la loro Madonna della Cerqua; c'è notizia che i due disegni fossero uno di Andrea Bregno, l'altro di Andrea Contucci, detto il Sansovino.

I viterbesi scelsero quello del più anziano ed ormai famoso Bregno, ma la mancanza di fon­di non ne permise, in quell'anno, la rea­lizzazione.

Tuttavia:
"…Giugno 1490
Notifichiamo ad V. Magnifici Signori come alli dì passati li offitiali della Madonna furno adunati in consiglio com'è usanza, per pensare lo pavimentato del­la chiesa se fusse da fare per altro modo, che quello ch'è principiato.

Ci furno chiamati 3 ciptadini sopra di ciò. Anche fu proposto del fatto del tabernacolo de la Nostra Donna di farlo di marmo, del quale c'è il disegnio.

 V'ene intanto e sonnoci ducati 49 d'oro larghi, dati per limosina, per spennerli in decto tabernacolo, per ornamento de la Nostra Donna et per levare li pericholi che possono venire dal fuocho et legnami et ciera continuamente che danno lumi. Et dessi vento partito, si traga a fine ".  (A.C.V. Ricordi n0 21 c. 100)  

Il Comune di Viterbo, più precisa­mente la Società della Madonna della Quercia, affidò il cottimo ad Andrea Milanese [Bregno], come ci ricor­da anche F. Vittorio d'Arezzo:

"…Ricordo come l'anno 1490 prima che la provincia nostra [Provincia ro­mana] havessi questo convento, i soprastanti di questa chiesa dettono et alogorno a m° Andrea milanese [An­drea Bregno] il tabernacolo della Ma­donna, cioè la facciata ch'è di fuora, che vi dovessi intagliare tutte quelle fi­gure che ne marmi al presente si vedono con le sue colonnette scannellate et indorate et ogni cosa a sue spese, si de marmi si ancora della tractura di essi et che dovessi provvedere ogni cosa da per se eccetto la calce e ferramenti; et li promessono per prezzo di detta opera e cottimo scudi 525 di carlini…".    (A.S.M.Q.vol. 113  c.6)  


Foto moderne del tempietto di Massimo Del Citto

“…Poche sculture dell'epoca del Rinascimento possono paragonarsi a que­sta, per la semplicità e nobiltà del concetto, per la saggia distribuzione degli ornati, per la finezza dei lavori.

La facciata principale è divisa in tre parti mediante quattro pilastrini. Nella parte di mezzo, col suo timpano sopra il cornicione, si apre un bell'arco sopra due imposte. Alla base dei pilastri di quest'arco stanno in piedi scolpiti a tut­to tondo, due angioletti che rimirano ed adorano la sacra immagine che nell'in­terno del tempietto si conserva.

Nove serafini assai graziosi adornano in giro l'archivolto, sopra di cui due angioletti librati in aria sostengono la regale co­rona della S.S.Vergine. Due bellissime nicchie, una sopra l'altra, occupano ciascuno dei laterali compartimenti dell'arco.

Nelle due nicchie superiori, a destra è scolpito (a tutto tondo) S. Giovanni Battista, a sinistra S. Lorenzo martire.

Nelle due nicchie inferiori, a destra vi è S. Pietro apostolo, a sinistra S. Paolo dottore delle Genti.

Tre bassorilievi sono nel piccolo basamento diviso in tre spazi dai quat­tro piedistalli, che sorreggono i quattro pilastrini già descritti. Ora, nello spazio di mezzo, sotto l'arco, vi è ritratta a bassorilievo la Grotta della nascita di Nostro Signore col S. Bambino, la S.S.Vergine, S.Giuseppe, il bue, l'asinello ed un angelo genuflesso: nei due spazi laterali due angeli adoranti.

La parte superiore del tempietto è composta dalla magnifica trabeazione, il cui fregio è ornato con nove bellissime testoline di serafini, col timpano che si innalza sopra i pilastrini di mezzo ed accoglie nel suo centro lo Spirito Santo a tutto rilievo.

Ai lati del timpano s'innalza un arco, il quale, ripetendosi nella parte opposta, chiude la volta.

Lo spazio racchiuso dall'arco è ornato da sei bellissimi angioletti due dei quali adorano, altri due, mediani, suo­nano, altri due, che stanno in alto al centro, cantano.

Nel mezzo poi vi è ritratto l 'Eterno Padre, a mezza figura, che benedice il mondo, circondato da sei Serafini.

Ai quattro lati estremi del tempietto, sopra il cornicione, in corrispondenza dei pilastrini laterali, sono collocati quattro candelabri con faci ardenti. Superior­mente, al centro della volta, un orna­mento a foggia di mazzo di fiori che co­rona tutto l'edificio...".  (tratto da  "Il Santuario della Madonna della Quercia - Ricordo del Visitatore” di F.Migliorini-   Milano - 1898 ) 

Una trentina di anni fa  alcuni studiosi hanno ritrovato nei disegni dei bassorilievi e delle sculture dell’opera del Bregno la mano di un fiorentino, (infatti vi sono il patrono di Firenze S. Giovanni Battista e s. Lorenzo compatrono di Firenze ed anche patrono di Viterbo), del grande Michelangelo Buonarroti che in quel periodo era a Roma per imparare dal Bregno, grande scultore, la sua tecnica.

In particolare scrive il prof. Enrico Guidoni:

“Tra le opere riconducibili alla prima attività di Michelangelo a Roma e nell'Alto Lazio, in collaborazione con i più accreditati pittori e scultori e all'interno delle loro botteghe, vogliamo … segnalare un ben noto capolavoro il Tabernacolo di S. Maria della Quercia presso Viterbo,…

Come per altre opere del periodo, è l'altissima qualità compositiva del Tabernacolo, anticipatrice di future opere michelangiolesche, a rivelare l'apporto del genio all'interno di una solida e collaudata operosità di bottega.

Due sono i principali punti da discutere: la progettazione architettonica dell'insieme che, pur ricordando numerosi precedenti romani [del Bregno] se ne libera con straordinaria disinvoltura ricollocando in una più controllata gerarchia le diverse componenti scultoree e decorative, e il bassorilievo con la Natività, forse inserito in un secondo tempo, probabilmente a conclusione dell'opera. 

  
Foto di Massimo Del Citto

Se nel linguaggio scultoreo è evidente la partecipazione di diversi artisti… in tutta l'opera traspare la forte regia di Michelangelo la cui pressione invasiva sulle botteghe era ottenuta, come è noto, grazie alla instancabile produzione grafica. 

Eccezionalmente esplicita è poi la firma michelangiolesca, la M  iniziale, ricercata con maliziosa abilità tecnica nella venatura grigia del marmo sul corpo dell'angelo di sinistra, a dimostrazione che l'artista ha avuto la forza di partecipare, dall'idea iniziale alle verifiche proporzionali ed esecutive, all'intero processo di lavorazione.

Un simile sfruttamento della venatura si nota ad esempio, nella mano sinistra del David dell'Accademia di Firenze.

Passando ora a considerare il rilievo con la Natività, di straordinaria finezza plastica e luministica grazie anche alla qualità della materia, immediata è la sensazione di una maturità prospettica e spaziale radicalmente innovativa.

Qui è ipotizzabile una collaborazione tra Bregno e Michelangelo (che ovviamente ha ancora da imparare sul piano tecnico), ma il carattere fortemente fiorentino dell'insieme fa capire in che senso ciò va inteso. 

Tra le principali "invenzioni" da segnalare la posizione in primo piano del S. Giuseppe, possente quinta che dello stile michelangiolesco richiama la posa e la monumentalità, mentre il naso rotto allude al noto incidente, appena accorso, con il Torregiani… 

C’è anche da osservare  la posizione di S.Giuseppe che appoggia la testa sulla mano sinistra ripiegata posizione che ritroviamo in un affresco di Raffaello “Scuola di Atene” che raffigura Michelangelo in una posizione simile. (oss. G. Ciprini)

Le forme fiorentine di ambiente ghirlandajescho, familiari a Michelangelo in una data immediatamente successiva agli affreschi della Cappella Tornabuoni in S. Mania Novella (terminati nel 1490 c.), informano sia la Vergine che il Bambino (che indica la propria bo-cca: Bo‑narroti) che l'angelo inginocchiato sulla destra, derivato dal Lippi e dallo stesso Ghirlandaio. 

Qui abbiamo un formidabile documento in appoggio alla paternità del rilievo: un disegno autografo giovanile di Michelangelo che corrisponde, in controparte, alla posa dell'angelo di S. Maria della Quercia, si tratta di una figura che porta un oggetto identificabile con una lampada, e che si apparenta con le analoghe figure che sostengono la testa del Battista nelle rappresentazioni del Banchetto di Erode di Filippo Lippi e del Ghirlandaio.

La differenza di qualità tra disegno e bassorilievo ci assicura che anche in questo caso Michelangelo è intervenuto più con la penna che con lo scalpello, a dimostrazione di una specializzazione nel controllo spaziale e nell'invenzione delle pose forse ancora superiore all'attuazione scultorea”. (Enrico Guidoni, da Studi Vetrallesi n°8 - Luglio/Dicembre 2001 p.2)
Tratto da  “La Madonna della Quercia. Una meravigliosa storia di fede” di  Ciprini G., Ciprini F.  - Viterbo, 2005  
 
C’è ancora da dire che Michelangelo era iscritto alla Compagnia della Madonna della Quercia di Firenze come risulta da questi documenti ho trovato grazie ad una notizia riportata da Giuseppe Signorelli che nel manoscritto “Le Chiese di Viterbo ed altro”, come è il suo modo di fare, cita la fonte: Aurelio Gotti.

G.Signorelli “Le Chiese di Viterbo…” Biblioteca Comunale di Viterbo ms c112r   

 ed anche alla dottoressa A.M. Amadio, direttrice Biblioteca Besso di Roma.

E così sono riuscito a ritrovare la fonte citata dallo storico viterbese, Aurelio Gotti e poi, grazie a tanti amici che hanno assecondato le mie richieste, a ritrovare i documenti che attestano  come il grande scultore fosse devoto della Madonna della Quercia tanto da fare parte della Confraternita eretta in suo onore a Firenze. Infatti,nella vita di Michelangelo di Aurelio Gotti troviamo:

E dall’Archivio di Stato di Firenze mi è stato fornito il documento “Rel.Soppr.Pietro Leopoldo,1324-Int.M.LI.n°2” a cui si rifaceva il Gotti che riporta quanto segue:

 
cc. 14 e 14v

… Similmente si fece partito e vinsero gratis et esente di tasse Michelangelo Buonarroti nel numero de fratelli della Quercia con questo che fusse de loro operai… 


c.24

“…Poi nel 1525 Molti dei fratelli fecero tanto di danari per cominciar la fabbrica e vi fu chi sendo povero s’offerse far tant’opere e le fece; dovendosi cominciar la fabbrica introdussero de lor fratelli che fusse esente dalle tasse, Michelangelo Buonarroti per loro Architetto ed a parte poi elessero ancora per architetto e scultore Baccio di Michelangelo, per muratore Antonio da Santo Gallo e per scarpellino Benedetto Bozzolini da Fiesole e nel 1525 d’ottobre si dette principio a far i fondamenti e murare …” la chiesetta, o oratorio, dedicata alla Madonna della Quercia.   

 

La chiesetta e la Compagnia nacquero per alcuni eventi prodigiosi che erano accaduti  intorno ad una Immagine di Maria con Gesù bambino tra le braccia, posta su di una quercia sicuramente per richiamare l’Immagine di Viterbo.

Nei pressi di questo luogo sorgeva un convento dei padri Gesuati, poi distrutto nell’assedio di Firenze del 1529, primi custodi dell’Immagine della Madonna della Quercia di Viterbo, sostituiti poi dai padri Domenicani discepoli del Savonarola; anche il loro convento di S. Marco era vicino alla porta a Pinti ed in quella zona abitavano le famiglie di Giuliano ed Antonio da San Gallo e di Andrea della Robbia, che conoscevano benissimo la Madonna della Quercia di Viterbo. 

Esiste una stampa, di cui devo ringraziare la dr.ssa Stefania Colafranceschi che me l’ha fornita, fatta eseguire da detta Compagnia nel sec. XVIII, che raffigura la Madonna della Quercia in maniera molto simile a come è raffigurata in alcune delle tarsie del nostro coro, opera dei primi anni del 1500, eseguita da Francesco di Domenico del Tasso e Giuliano di Giovanni, detto il Pollastra, guarda caso artisti fiorentini.

 

L’Oratorio della Madonna della Quercia, rimasto alla confraternita, fu abbattuto tra il 1865 e il 1870.

A Firenze, in quella zona, ancora esiste la via della Madonna della Quercia.