Wilhelm Heinrich Ludwig Gruner, veduta di Viterbo e Porta Faul con l'uscita dell'Urcionio, 1837

Andrea Stefano Marini Balestra

Si parla spesso di una Viterbo sotterranea ed infatti recentemente è stata organizzata una particolare visita partendo da piazza della Morte.

Però, pochi sanno che in “boulevard” Marconi, sotto il piancito stradale, c’è “qualcosa”.

Soltanto i viterbesi che hanno vissuto prima degli anni ’30 del secolo scorso hanno potuto osservare il lento scorrere del torrente Urcionio nella sua valle che per secoli ha diviso la Città. Proprio quella divisione che lasciava la parte a Sud alla nobiltà cittadina e la parte a Nord agli immigrati poveri scampati alla distruzione della loro città Ferento.

Guarda caso, ancora oggi il quartiere di S. Faustino è quello gradito ai nuovi inurbati viterbesi.

         Bene, la città di Viterbo, come tutte le città antiche non poteva sorgere se non in prossimità di un corso di un torrente ed infatti di corsi d’acqua scorrenti entro le sue mura erano addirittura due: il detto Urcionio con andamento nord\sud ed il fosso del Paradosso da est ad ovest. Entrambe hanno assicurato nei secoli, un approvvigionamento idrico ai suoi abitanti ed anche la loro fogna.

         Nel passato, l’Urcionio, che nasce alle falde ovest della Palanzana (posso chiamarlo “mio torrente” perché nasce nella proprietà di Famiglia?), scorrendo verso Viterbo attraverso una stretta forra tufacea ancor oggi ammirabile per la sua severa impraticabilità, arriva alle mura di Viterbo dopo aver cambiato più volte nome.

         Se ancora oggi, si chiama fosso Luparo sino alla ex Cava peperino Anselmi, in passato questo corso d’acqua assunse il nome di fosso Arcionello nella valletta della odierna via Belluno, per poi, sotto le mura chiamarsi fosso Sonza (dal che le vestigia dell’antica porta che era visibile in Corso Italia angolo Via Mazzini), ancora, fosso Repuzzolo (vedi il perché del toponimo dell’omonima viuzza) quindi fosso Tremolo e fosso Faul. 

Soltanto in epoca Farnesiana nel XVI secolo venne definitivamente chiamato Urcionio, probabilmente dal corrotto preventivo nome di Arcione.

Non so quanti fiumi al mondo in meno di 10 kilometri di corso abbiano cambiato tante denominazioni.

         Questo attuale corso d’acqua, ormai solo visibile allo sbocco dopo Porta Faul ed ancora oggi oggetto di tombinamento per creare un parcheggio, all’epoca d’oro della Viterbo papale era un torrente di tutto rispetto, che non solo serviva per irrigare, ma anche per ottenere alimento ittico (dal che via della Pescheria) certamente utile per sfamare una popolazione di circa 60000 abitanti.

L’Urcionio, proprio perché era un torrente creò un'alluvione nell’agosto 1223 (poi dicono che oggi il tempo è cambiato in peggio!) che, allagando il borgo di San Luca (attuale via Matteotti), fece vittime. Ancora, nell’ottobre 1706, l’ingrossamento delle acque nei pressi delle mura (attuale via f.lli Rosselli) abbatté una parte delle mura dal che si diede avvio ad un’opera idraulica di contenimento che venne chiamata “La gabbia del cricco”.

Nel 1929, nel programma di ammodernamento delle nuove province italiane, fu approvato un nuovo piano viario di Viterbo e precisamente la creazione di una grande arteria che andava a collegare la via Cassia (attuale viale Capocci), piazza Verdi, con la valle del Faul. Fu pertanto necessario tombinare l’Urcionio dallo sbocco sull’attuale via Genova sotto la ferrovia, sino alla creazione della piazza dei Caduti.

         Sotto viale Marconi, a meno 14 metri, scorre quel poco di acqua che ancora l’Urcionio ha.

Il flusso originario, per effetto di captazioni proprio nel suo primo corso per fornire di acqua potabile Viterbo (creazione della “città delle acque” nel 1916) ha diminuito la portata sin quasi ridurla ad un rigagnolo. Per vedere ancora l’acqua dell’Urcionio prima della valle dell’Arcionello (via Belluno) si vada presso il Poligono di Tiro, poi, prima del successivo tombinamento del secondo dopoguerra, a ponte Foffiano (poco sopra la rotonda di Via Genova). Questo ponte, una volta di collegamento Viterbo\Bagnaia prima della costruzione dell’attuale viale Trieste nel XVI sec. fu teatro di memorabile battaglia tra guelfi e ghibellini viterbesi nel 1246.

         Oggi nessuno ne sa niente. Il ponte è invaso dagli sterpi ed invisibile.

Le opere degli anni 30 se da una parte hanno reso la circolazione viaria di Viterbo possibile, hanno però fatto sparire qualcosa della Viterbo che fu. Nella valle dell’Urcionio si apriva il famoso carcere della Malta citato da Dante nel canto IX del Paradiso, poi, funzionò sino al terzo decennio del secolo scorso il famoso ponte Tremoli (attuale via Cairoli in fondo), così detto perché in antico le sue assi di legno “trennicavano” al passaggio dei carri.  Su questo ponte hanno transitato per secoli i cortei funebri.

         Questo ponte esiste ancora benché incorporato nelle strutture del tombinamento.

Quando suonavano lugubri le sirene di allarme per un prossimo bombardamento, i “locali” sotterranei del letto dell’Urcionio divennero rifugi antiaereo.

         Nel lodevole programma della visita di Viterbo sotterranea un possibile restauro di varchi di accesso, già del rifugio, potrebbe consentire una passeggiata underground sulle rive dell’Urcionio, il cui fluire delle acque era possibile ascoltare tramite un particolare imbuto rovesciato (Un A12, sistema sonoro a guida megafono composto da hardware ad energia solare) presente in piazza dei Caduti in mezzo all’erba.