Castello di Bolsena in una stampa d'epoca

Bolsena STORIA

Introduzione storica

Bolsena sorge sulla sponda nord-orientale del lago omonimo e le sue origini si confondono con quelle di Velina.

Ancora oggi non appare completamente chiarita la vicenda relativa all’ubicazione della Velina etrusca che dal punto di vista della maggior parte degli studiosi doveva essere situata ad Orvieto, secondo altri nei pressi di Bolsena.

La ricca e potente Velina, fulcro politico e religioso della lega “delle dodici città”, che reggeva la confederazione etrusca, fu costretta, ultima fra le lucumoniche, a sottomettersi al potere di Roma nel 280 a.C. I seguenti quindici anni furono caratterizzati da una dura lotta sociale fra le classi meno abbienti e l’aristocrazia.

Quest’ultima chiese aiuto a Roma che, intervenuta, represse con violenza la rivolta dei più poveri e distrusse la città (264 a.c.) risparmiando la popolazione con essa solidale. I superstiti fondarono la Volsini romana, i cui resti sono visibili sulla collina a nord-est dell’attuale Bolsena, che sorge alle falde dei Monti Volsini e solo in minima parte ricalca l’antico centro romano.

Volsini iniziò ad avere una certa importanza e fioritura fra il 170 e il 150 a.C. con l’apertura della consolare Cassia, che collegava Roma con Firenze e il nord. All’inizio del I secolo (90 a.C.) divenne Municipium ma il suo prestigio aumentò solo nel II secolo d.C. grazie alla costruzione della via Traiana, voluta dall’imperatore omonimo, che univa Volsini a Clusium. L’importanza economica e culturale della città durò ininterrotta fino alla fine, circa, del III secolo, quando affiorano i primi segni della decadenza e, in seguito all’incendio del 270 d.C., alcuni settori urbani furono abbandonati.

Il passaggio alla nuova religione cattolica è testimoniato dai ritrovamenti archeologici nell’area della basilica romana, trasformata in luogo di culto cristiano fin dal IV secolo. L’arrivo dei Goti e successivamente delle popolazioni longobarde determinò un cambiamento nello sviluppo urbanistico. Accanto ai ruderi di quella che era stata la Volsini romana nasceva il piccolo villaggio di Bolsena costituito da due centri fortificati: Castello Capite, comprendente anche il borgo “dentro”, e Castello Ricopio verso Montefiascone.

Dal XII secolo Bolsena e la Val di Lago furono alternativamente soggette alla giurisdizione del vescovo di Orvieto e delle potenti famiglie locali. Gregorio IX nella bolla del 16 gennaio 1234 la incluse tra i castelli della Chiesa inalienabili a feudatari; nel 1262 fu saccheggiata da Tancredi di Bisenzio e l’anno successivo, nella chiesa di S. Cristina, ebbe luogo il famoso miracolo eucaristico.

Bolsena nel 1294 si sottomise ad Orvieto e nel 1296, in seguito alla bolla emanata da Bonifacio VIII, con Gradoli, Grotte di Castro, S. Lorenzo e Latera fu sottoposta ad un regime speciale. Le nuove norme riguardavano la scelta del podestà che doveva essere nominato alternativamente dal Rettore del Patrimonio e dal Comune di Orvieto. Questa disposizione restò in vigore per tutto il XIV secolo ad eccezione dei periodi in cui Orvieto assunse una posizione di contrasto nei confronti dei pontifici. Sostenitrice del partito dei guelfi, Bolsena, nell’agosto del 1328 riuscì a resistere all’assedio di Ludovico il Bavaro, che attorno alle sue mura, fatte costruire dal papa Adriano IV nel 1156, subì la sua prima sconfitta in Italia.

Cinquanta anni dopo, passata alla fazione ghibellina, Bolsena, fra le cui mura si era rifugiato Manfredi De Vico, dovette subire l’assedio dei mercenari bretoni, assoldati dalla S. Sede, che distrussero le mura cittadine (1377).

Nel 1392 Corrado e Luca Monaldeschi della Cervara di Orvieto si impossessarono di Bolsena che venne loro formalmente concessa in feudo per tre generazioni da Bonifacio IX nel 1398. Martino V confermò l’infeudazione ed istituì la Contea di Bolsena comprendente: Onano, Cervara, Meano e Figgine. Nel 1452 tornò definitivamente alle immediate dipendenze della Santa Sede. Alla fine del XV secolo la Legazione di Viterbo e il Governatore di Bolsena furono affidati al Cardinale Giovanni De Medici, futuro Leone X, che probabilmente fece eseguire la facciata della chiesa di Santa Cristina e la Fonte Maggiore presso la sede del Palazzo del Governo.

A Giovanni De Medici successe Innocenzo Cibo e in seguito altri illustri personaggi tra i quali Costanza Farnese e suo fratello Tiberio Crispo, nipoti del Cardinale Alessandro Farnese futuro papa Paolo III. Nel 1543 il governatore fu affidato a Donna Costanza Farnese. Nonostante ciò Tiberio Crispo continuò ad interessarsi di Bolsena, da lui governata dal 1540 al 1543 e poi ancora dal 1553 al 1562, dove fece costruire a più riprese il suo palazzo, per il quale lavoravano artisti quali Simone Mosca, Raffaele Da Montelupo, Tommaso di Giacomo Bevilacqua da Bissone e Giulio Merisi di Caravaggio.

Pio IV, in seguito alla causa che i cittadini di Bolsena intentarono contro Tiberio Crispo, lo rimosse dalla carica e nominò come suo sostituto il cardinale Amulio che aggiunse nuovi capitoli agli statuti cittadini. Sebbene l’Archivio Storico del Comune di Bolsena sia ricco di documentazione appartenente al periodo dell’Antico Regime, non si è però mantenuto uno statuto anteriore a quello conservato presso l’Archivio di Stato di Roma del 1768 il cui Libro I descrive “De officio et protestate Magistratus Domini Locumtenentis terre Vulsini”, il secondo “De forma serranda in electione Magistratuum et aliorum officialum terre Vulsinii”, ai quali segue l’indicazione particolareggiata degli organi collegiali.

Il Consiglio Generale composto da 60 membri in carica per tre anni poteva essere adunato dai priori in occasione delle elezioni dei pubblici rappresentanti o dal Consiglio Maggiore composto da 30 cittadini in carica per sei mesi. I priori e il gonfaloniere, “Officiali” rinnovabili ogni tre mesi, potevano adunare il Consiglio Generale, Maggiore e Segreto. I sindaci e i procuratori fiscali dovevano invece provvedere alla difesa legale della comunità e assicurare che i proventi dei malefici pervenissero nelle mani del depositario. Il “procurator pauperum” doveva invece difendere i poveri nelle cause civili e criminali. Allo statuto segue una copia dell’indulto di Pio IV sulle pene relative ai “criminalia” del 1563 maggio 24 e copie dei capitolati su danno dato (XVI-XVII secolo), pescara (1675), gabella e depositeria.

Nel parlare della storia di Bolsena dei secoli XVIII e XIX non si può non citare la famiglia Cozza, alcuni membri della quale furono parte attiva nelle vicende storiche del comune, ricoprendo cariche pubbliche come il conte Francesco Cozza che fu Gonfaloniere e poi Maire della comunità durante il periodo dell’occupazione francese e il Conte Giuseppe Cozza Luzi, gonfaloniere anche esso, che nel 1828 ottenne dal Pontefice Leone XII la restituzione a Bolsena dell’antico titolo di città. In seguito alla presa di Roma, Bolsena nel settembre del 1870 entrò a far parte del Regno d’Italia e della provincia di Roma. Nel 1927 fu inserita nella nuova provincia di Viterbo.


Introduzione archivistica

Le carte dell’Archivio storico comunale di Bolsena sono state collocate, dal febbraio 1992, in una stanza adiacente le sale destinate alla nuova sede della biblioteca comunale al piano terreno dell’Ex convento di S. Francesco. Fin dagli anni ’70 il fondo si trovava nel Borgo dentro le mura ossia in Corso Cavour, 51 in una sala precedentemente adibita a teatro comunale che, a causa della nuova destinazione, fu privata dell’arredo ligneo ottocentesco. Il lavoro di schedatura è stato iniziato e portato a termine nella vecchia sede dell’Archivio mentre il lavoro di riordinamento ed inventariazione è stato condotto nel nuovo locale*.

Il fondo prima di questo intervento si presentava relativamente ordinato, conservato in falconi posti sugli scaffali, ed era stato suddiviso sommariamente per serie nel corso di precedenti parziali riordini succedutisi tra ottocento e novecento. Se questi interventi, sotto il punto di vista della conservazione fisica del materiale, sono stati determinanti, hanno però comportato una stratificazione di criteri diversi nei metodi di ordinamento, stravolgendo la disposizione originaria delle carte, soprattutto per il materiale dell’archivio preunitario, nella cui sezione sono conservate 300 unità tra registri e volumi e 315 buste di materiale non rilegato.

La serie dei “Documenti ad anno”, che comprende gran parte delle carte sciolte più antiche del fondo, per esempio, raccoglie documenti di contabilità, lettere e materiale eterogeneo in ordine cronologico, con una numerazione progressiva per ogni singola carta. Questa serie, nel corso del presente ordinamento, non è stata stralciata, ma schedata e descritta nell’inventario in maniera analitica per facilitarne la consultazione.

Anche gran parte del carteggio del XVII, XVIII e inizi XIX secolo, precisamente fino al 1833 quando fu adottato il titolario riprotato nell’appendice di questo inventario era stato suddiviso nelle seguenti materie: amministrazione, finanze, giustizia, sanità, culto, lavori pubblici, agricoltura, commercio, pubblica istruzione e stato civile, ordinamento ovviamente arbitrario cha ha modificato la struttura originaria della serie probabilmente suddivisa per magistrature e in ordine cronologico come risulta anche da un inventario della cancelleria comunale del 1808 (b. 198 f. 396).

Attualmente la corrispondenza preunitaria è stata suddivisa in tre serie con criteri diversi di ordinamento: dalla b. 171 alla b. 176 (1700-1873) è stato adottato il metodo cronologico, dalla b. 177 alla b. 246 (1683-1832) è stato conservato l’ordinamento per materia, mentre nella terza parte, dalla b. 247 alla b. 298 (1833-1870) il carteggio è suddiviso in titoli e fascicoli e rispecchia l’ordinamento originario.

Dell’archivio preunitario, oltre alla corrispondenza, si è conservata documentazione non rilegata relativa all’amministrazione della giustizia (atti civili 1730-1761 e cause economiche 1843-1870 con relativi protocolli dal 1856 al 1870) e alla contabilità (tabelle 1602-1870, bollette 1719-1870 e ruoli di esigenza 1594-1870). Serie pressoché complete sono quelle dei registri dei consigli 1553-1870, degli atti civili 1528-1809, delle sentenze sindacatorie (1692-1825) e dei libri di pegni (1581-1704), mentre la serie dei catasti presenta 9 registri e copre un arco cronologico che va dal 1530 al 1823.

Per quanto riguarda invece l’archivio postunitario gran parte delle serie si presentano incomplete e lacunose; le più integre sono quelle della contabilità e ragioneria, anagrafe, stato civile e i registri di protocollo. Della corrispondenza sono rimaste 47 buste che contengono materiale prodotto tra ottocento e novecento; anche in questo caso, nel corso di precedenti lavori archivistici, i fascicoli anteriori al 1900, privi di titolazione, erano stati arbitrariamente suddivisi secondo le più moderne categorie ed inseriti, (vedi cat. VII, IX, X, e XII), nelle serie della corrispondenza titolata.

Nel presente inventario, per facilitare la consultazione del carteggio sono stati riportati gli affari contenuti nei singoli fascicoli che sono stati collocati in ordine cronologico nelle buste contenenti anche la corrispondenza classificata.
Una busta raccoglie invece il carteggio relativo all’ottobre – dicembre 1870 con documentazione successiva all’annessione al Regno d’Italia.

 

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A cura per la Cooperativa DROMOS, delle dott.sse Tamara Gordian e Assunta Porciani.
Per conto della Soprintendenza Archivistica per il Lazio il lavoro è stato coordinato dalla dott.ssa Erilde Terenzoni.

Tratto da:

http://archivicomunali.lazio.beniculturali.it/ProgettoRinasco/inventarionline/html/viterbo/Bolsena.html#N1003A

 

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