Carlo Bordini, Fabrizio Dal Passo, Pamela Ferri

LA VIA CASSIA-FRANCIGENA E L’ALTO LAZIO NELLA SECONDA META’ DEL XVIII SECOLO (1)
LA VIA CASSIA-FRANCIGENA E L’ALTO LAZIO NELLA SECONDA META’ DEL XVIII SECOLO (2)
LA VIA CASSIA-FRANCIGENA E L’ALTO LAZIO NELLA SECONDA META’ DEL XVIII SECOLO (3)

7. Le Osterie di Pisciacavallo, di Torre del Bosco, della Merluzza e dell’Ellera. La Posta del Baccano.

Tra il XIII ed il XIV miglio trovasi la Osteria detta Pisciacavallo e la strada che a sinistra porta a Cesano (Km. 7, 3) ed un’altra carrareccia per Isola Farnese.
Segue la torre del Bosco (m. 266), si costeggia il monte Lupolo (m. 345) a destra, si sale alla antica Osteria della Merluzza (m. 307) 24 e poi si discende a quella dell’Ellera (m. 218) dove parte a sinistra una via carrabile per il lago di Martignano ed, al miglio XVIII circa, quella carrozzabile per Campagnano (km. 4)25.

Al miglio 18-19 da Roma, traversato il fosso o canale detto il Maestoso che fu scavato per prosciugare il lago o palude di Baccano, trovasi la Posta di Baccano che corrisponde all’antica Mansio Vaccanas o Baccanas degli itineranti. La Valle di Baccano è un antico cratere vulcanico del gruppo dei Sabatini. Questa località è celebre per l’aria malsana che in ogni tempo la rendeva paurosa ai viandanti obbligati a soffermarvisi per ragione di esercizio postale.

Al tempo dei Romani, quando il lago era profondo e ben contornato da boschi, fu luogo di delizia e di diporto26. La stazione di Baccano si trova in tutti gli itinerari antichi e moderni col nome più o meno corretto di Vacanas, Baccanas ed anche Battana, ed alla distanza da Roma tra il XX ed il XXI miglio.

Nel IX secolo vi si formò un borgo con ospizio (ospedale) detto di S. Alessandro. Passato il ponte Capocroce la via rimonta al Nord il cratere, alla quota di m. 285, presso il monte dell’Impiccato e prima del XXI miglio lascia a destra un’altra strada carrozzabile che conduce a Campagnano (km. 5) ed altra a sinistra per i casali di Martignano ed il lago omonimo, nonché alla palude di Stracciacappe27.

8. Settevene e Monterosi

Discesi alla Osteria del Pavone e passato il ponticello sul fosso Treia (m. 193), troviamo un’altra strada che si distacca a destra per Campagnano ed al miglio XXIV la Via Cassia raggiunge la località o tenuta di Settevene (m. 197), così detta da vicine sorgenti che riunite formano il torrente Treia, che si getta nel Tevere presso Borghetto. Presso Settevene si trova la Cappella dei SS. Valentino e Martino che nei documenti è detta apud septem venas iuxta stratam. Da questa posta, con molta probabilità, si dipartiva la via Romana Annia, che passava per Nepi, Faleria, Orte, ove si congiungeva alla via Amerina.

Da Settevene la Cassia monta al Nord-Ovest, attraversando una vasta pianura irrigata dal fosso Mortale e dal fosso Ronci, prima di giungere a Monterosi (m. 255), grossa borgata divisa in due contrade, cioè nel Corso Romano e nel borgo Aldobrandino28.

Si oltrepassa il paese, attraversandolo per tutta la sua lunghezza e, dopo circa 800 metri fuori dall’abitato, si trova un piccolo lago, sulla sinistra, oggi detto di Monterosi, anticamente Janula dal nome del fondo ove era compreso. La via Cassia moderna prosegue al Nord, mentre la antica volgeva a sinistra.

9. Sutri, Capranica.

La via Cassia, dopo un percorso di 9, 4 chilometri giunge alla vetusta città di Sutri29, che gli itinerari pongono a XII miglia da Vacanas. Il castello che si vede sulla collina prima di giungere alla città è chiamato il Castellaccio; due vie a destra conducono, una alla via Cimina, ed un’altra a Nepi sulla Flaminia Viterbese, traversando ad angolo retto la Cimina.

Si entra a Sutri per Porta Romana sormontata dallo stemma di Urbano VIII, e dopo aver oltrepassato la città, la Cassia esce per Porta Morona o porta di Capranica, ove si giunge dopo circa quattro chilometri. La città era luogo di fermata dei pellegrini. Cencio Camerario riporta come il Papa ordinasse al gastaldo della Curia e a due vassalli legali della Chiesa di prestare assistenza a quei romei, contro i sacerdoti, solitari o indipendenti, che abusavano dei lasciti che coloro intendevano fare per espiazione dei loro peccati.

Gregorio IX scrisse, nel 1237, ai sutrini di tenere in ordine la strada per Roma e sorvegliare il transito ed i comodi dei pellegrini. Allentatisi i pellegrinaggi, il borgo di Sutri divenne dimora di gente licenziosa, fu intitolato suburbio e si permise alle meretrici di dimorarvi (Statuto di Sutri del 1458, p. 309 rubr. 258). Col tempo si spopolò per l’ignobile colonia che vi si formava, tanto che nel 1500 è chiamato soltanto contrada burgi. Tornò ad essere chiamato burgus sutrinus (Catasto del 1559) quindi a ripopolarsi, anche se l’esercizio della prostituzione dilagava: il Ghislieri (poi papa Pio V) divenuto vescovo di Sutri, disperse la colonia femminile per le continue mancanze alle prescrizioni della civiltà, e le donne si ricoverarono sotto certe capanne presso Bassano, ove ancora si conserva il nome della contrada le capanne.

Fuori città, poco oltre la chiesa della Madonna del Parto, a forma basilicale, con avanzi di sepolcri etruschi, c’era un fondo che portava il nome di Stabulu vetulu, poi rinominato la Stallaccia. Qui probabilmente si cambiavano i cavalli della Posta. Uscendo da Porta Morona si giunge in poco tempo a Capranica di Sutri 30, situata su un piccolo colle alle falde estreme del gruppo dei monti Cimini. La Via Cassia passa al Nord della città; uscendo dalla porta detta di Vetralla si legge:

URBANO VIII PONT. MAX. - CAPRANICA - VIAE CASSIAE SIBI RESTITUTAE - PUBLICO AVCTA CVRSV - BENEFACTORI - ANNO SAL. MDCLI.

Questo ci documenta come Urbano VIII avesse fatto restaurare la Via Cassia in quel tratto. Da Capranica la via prosegue in direzione Nord-Ovest, in mezzo ad un territorio rivestito di foreste, chiamato il Querceto di Orlando, probabilmente per la connessione con la storia dei Reali di Francia, ove si parla di Sutri e di Milone che vi si ridusse a vivere di elemosina, di Berta che diede alla luce Orlando in una caverna presso quella città.

Poco oltre Le querce d’Orlando s’incontra un’opera grandiosa moderna non ultimata. Si tratta di un ponte di ampie proporzioni che doveva servire come muro di sostruzione onde mantenere in piano la via. Sotto Pio VI per bassi intrighi il lavoro restò abbandonato dopo che vi erano stati spesi oltre 70.000 scudi.

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24 La Via Cassia, come tutte le altre grandi strade, era seminata di osterie sia per la grande frequenza di viaggiatori e pellegrini, sia per le distanze spesso notevoli che intercedevano fra le città ed i villaggi e la strada maestra. Nei luoghi di posta, oltre alle osterie vi erano anche alberghi (Hospitia) o locande (Hospitia modica) ecc. L’Osteria della Merluzza prese forse il nome dall’insegna di una merla, ma non possiamo pronunciarci in proposito; anche la salita è detta salita della Merluzza.

25 Campagnano. Le più antiche memorie di questo castello rimontano al secolo XI. Appartenne al monastero di S. Paolo nel 1130, prima come castellum poi come Castrum. Nel 1271 Campagnano, d’accordo con il cardinale Riccardo Annibaldi, emise i suoi statuti. Nel secolo XIV passò agli Orsini. Il 3 settembre del 1369, Matteo di Paolo dell’Isola Conversina, donò ad Alessio di Bucio romano dei Venturini totum et integrum Castrum Campagnani. Il popolo di Campagnano nel 1370 giurò fedeltà e vassallaggio al popolo romano. Gli Orsini tornarono a possederlo nel sec. XV e nel 1411 Giovanni XXIII lo concesse in vicariato a Virginio Orsini.

Nel 1459 Pio II insieme con 6 cardinali vi fu ricevuto con magnificenza da Giovanni Orsini arciv. di Trani, e nell’estate del 1465 vi si trattenne a villeggiare il card. Iacopo Ammannati che vi trovò “salubre l’aria, gelida l’acqua e buoni il pane ed il vino ed i melloni”. Vi si ritirò nel 1476 Sisto IV, per fuggire la peste che infieriva a Roma. Sofferse assedio e saccheggio da parte dei Colonnesi nel 1485. Vi era una rocca, distrutta nel 1882 per costruirvi il palazzo Comunale, che Virgilio Orsini nel 1490 fece fortificare da Francesco di Sangro. Passò ai Chigi nel secolo XVII (1672).

26 Baccano, oggi luogo malsano e poco abitato, fu nell’antichità un centro ameno e salubre. Settimio Severo vi costruì una villa e lo stesso nome ricorda qualche santuario dedicato al dio della vigna. Divenne col tempo una palude e fu definitivamente prosciugato dai Chigi, nel 1838, per mezzo di un canale, detto fosso maestoso, presso l’Osteria dell’Edera. In una bolla di Leone IX si parla ancora di un lacus Baccanis e di un burgus S. Alexandri che si trovava sulle sue rive. Questo borgo nel 1093 è detto burgus Baccani. Nel medio evo vi erano tre osterie ed un albergo detto dello Lione, ove si trovava anche una torre.

Fu questa di certo la vera Osteria di Baccano ricordata dall’Alfieri dove questi scrisse l’invettiva contro Roma papale, che comincia: “Vuota insalubre region che stato li vai nomando, aridi campi incolti, squallidi oppressi estenuati volti” (dec. 1783). La storia di Baccano registra nel 914 una battaglia tra nepesini e Sutrini contro i Saraceni, che ne uscirono disfatti. Ciò al tempo di Giovanni X. Enrico VII nel 1312 passò per Baccanello, che era un’altra divisione della valle per condursi a Roma. Nella taverna del Baccano l’anno 1446 si trattennero i sessanta ambasciatori che Federico III inviò al pontefice Eugenio IV e nel 1481 vi fece sosta Paolo II Barbo per rifocillarsi (TOMASSETTI). Vi si accamparono le milizie corse al servizio di Renzo da Ceri nel 1522. Il fondo passò dagli Orsini ai Chigi nel 1661.

Le selve che la circondavano divennero nidi di briganti e furono fatte tagliare dai papi Giulio II, Leone X, Clemente VII e Paolo III. Vi si rifugiò il celebre capo banda Spatolino, ed il governo francese, nel 1813, fece distruggere le boscaglie che si erano riprodotte. Divenne luogo di posta importante quando Pio VI con chirografo del 12 aprile 1788 soppresse il corso postale da Civita Castellana a Roma per la Flaminia ed istituì quello per la nuova Via Flaminia superiore.

Nuovamente tornati alla Via Cassia donde la lasciammo si passa vicino alla Torre antico moderna di Baccano, luogo infame già per il Bosco, e i ladroneggi; persiste la Torre, ma la Selva è tagliata, e distrutta da i Papi Giulio II. Leone X. e Paolo III.

Si dice questo luogo Baccano, forse dalle Baccanti, che qui celebrarono i loro Orgij, e Feste. È in questo luogo un Lago di acque quasi stagnanti che lo rende di aria cattiva; onde se vi si facesse un Emissario, cioè un foro di poca larghezza, con poca spesa si otterrebbe ciò, che già ottenne il Principe Borghese al Pantano de Grifi, cioè aria men cattiva, e molti altri utili, poiché cesserebbe d'esser palude, e sarebbe vero Lago: fu pensato di seccarlo, ma questo fu un errore. Poco più su a destra si vede Campagnano, vicino al Monte detto Ranzano, così detto, se si deve dar fede alle Etimologie da i Campani, ivi relegati doppo la loro ribellione.

Poi si passa a Monte Rosi; olim Rosolum, 20. miglia lontano da Roma e altrettanto da Viterbo; e si vede a destra Carbognano, il quale giusta ciò, che ne va congetturando il Martinelli in una sua opera postuma, e il P. Casimiro da Roma nell'Istoria de i Conventi degl'Osservanti della Provincia Romana venne così detto o dalla Romana antica famiglia Carbona; o pure, che è più naturale, dall'essere stata in questo sito la Carbonara per servizio della fabbrica di S. Pietro, per l'indizio che ne da un pubblico marmo”.

Dalla Descrizione di Roma e dell'Agro romano fatta già ad uso della carta topografica del Cingolani dal Padre Francesco Eschinardi della Compagnia di Gesù., cit., p. 207-208.

27 Il lago o palude di Stracciacappe a m. 208 sul mare occupa un cratere vulcanico dei monti Sabatini e fu lago fino al 1830 quando, con un cunicolo, fu messo in comunicazione con il lago di Martignano. Il castello di Stracciacappe fu comprato nel 1294 da Imilgia vedova di Pandolfo d’Anguillara; poi, dopo altri passaggi, divenne proprietà dell’Ospedale di S. Spirito.

Nella metà del secolo XIV dovette essere un centro bene abitato se consumava 5 rubbia di sale. L’antipapa Clemente VII lo donò a Giordano Orsini nel 1378, ma questi non ne poté prendere possesso e solo nel 1456 Napoleone e Roberto Orsini ne divennero padroni, ma già in quel tempo il castello era diroccato. Nel XVI secolo fu venduto dal Monastero di S. Paolo ai Celsi di Nepi e nel 1770 spettava alla casa Giustiniani (TOMASSETTI). Del castello rimangono pochi ruderi ed una torre al Nord della palude.

28 Sulla via da Settevene a Monterosi (forse nel luogo dove si trova un ponticello detto ponte Mortale), il 18 marzo del 1649 monsignor Cristoforo Giarda, nominato da papa Innocenzo X vescovo di Castro, mentre in lettiga si recava alla sua sede, venne assalito da due sicari del duca Farnese Ranuccio II, ed ucciso barbaramente a colpi di archibugio. Il papa in seguito a questo efferato delitto ordinò la distruzione a fundamentis della città di Castro, capitale del ducato castrense; ciò che fu subito eseguito; ed ora sul posto, vero deserto, si legge sopra un cippo marmoreo:

QVI FU CASTRO

Il vescovo fu seppellito a Monterosi nella chiesa dei SS. Vincenzo ed Atanasio, e lo stato fu confiscato a favore della Chiesa (Cfr. F. M. ANNIBALI, Notizie storiche della casa Farnese, Montefiascone 1817).
Monterosi (m. 255) si trova al di là del XXVI miglio da Roma e si vuole fosse anticamente una località denominata Russulum. In una bolla di Innocenzo III si legge Mons Russulus (1203); apparteneva al monastero di San Paolo. Il nome secondo TOMASSETTI, gli deriva da un oppidum Rossulum che poi fu detto Rosoli e Mons Rosi, e solo da due secoli Monterosi. Fu castello con borgo e tenuta nel XIV secolo, diviso in proprietà con i Malabranca ed il suddetto monastero. Passò poi agli Orsini.

Si ribellarono i monterosiani nel 1402 contro Bonifacio IX ed il popolo romano, e Gregorio XII nel 1406 vi nominò a governatore Poncello Orsini con l’incarico di far cessare le grassazioni e gli assassinii sulla Via Cassia. Nel 1427 risulta disabitato ed il fondo ceduto ai Colonna, poi agli Anguillara, fino a che Niccolò V, nel 1448, ne prese possesso per la Chiesa. Passò poi come semplice fondo agli abati delle tre Fontane, che fecero risorgere il borgo. Fu venduto Monterosi nel 1469 al cardinale Bernardo Eroli ed al convento di S. Anastasio ad aquas salvias (TOMASSETTI); l’Eroli vi fondò un ospedale ed una chiesa. Oggi rimane in Monterosi solo qualche avanzo di un castello medievale sull’alto della collina a sinistra della via Cassia, ed il palazzo cardinalizio costruito sopra il chiostro dei cistercensi con loggiato a colonne di granito, rinchiuso.

Come date storiche riportiamo le seguenti. Nel 1155 avvenne nelle vicinanze di Monterosi e precisamente sulle rive del lago Janula l’incontro tra Adriano IV e Federico Barbarossa, in occasione del quale sorse la ben nota questione a proposito della staffa che l’imperatore si rifiutava di reggere al pontefice. Nel 1479 Sisto IV si fermò nel paese e vi pranzò ospitato dal cardinale Eroli.

Nel 1481 Paolo II pranzò alla taverna “In Montis Rosei” che apparteneva al cardinale di S. Giorgio. Vi pernottò Clemente VII al suo ritorno in Roma da Viterbo, nell’ottobre del 1528, e nel 1533 Paolo III recandosi in Francia vi fece sosta. Egualmente Benedetto XIII nel 1725 e nel 1727 vi pernottò due volte, ospite del cardinale Altieri nel palazzo abbaziale. Sotto Pio VI nel 1788 vi fu istituito un luogo di posta a cavalli, quando fu soppresso quello che da Civita Castellana passava per la Flaminia, per recarsi da Roma a Firenze e altrove.

«La domenica della quinquagesima (1700, 21 febbraio) partii da Roma con il procaccio. Si tratta di un mezzo pubblico in cui si va in calesse; dopo aver passato il ponte molle, trovammo qualche vestigia assai intere della via Emilia. Le pietre sono della stessa forma di quelle delle altre strade. Cenammo a Baccano; dopo cena passammo a Monterosi, sotto cui c'è un piccolo lago che può avere circa un miglio di circonferenza. Da lì andammo a dormire al borgo di Ronciglione...” Da Dom Bernard de Montfaucon, Voyage en Italie. Diarium Italicum: un journal en miettes, a cura di Anna Galliano, Slatkine, Geneve 1987.

29 Sutri fu una città importante già in epoca romana. Subì danni gravissimi a causa delle invasioni barbariche. Nel 569 fu occupata dai Longobardi e, nel declinare di quel secolo, fu ripresa dal patrizio Romano esarca di Ravenna. Nel 727 Sutri si sottomise e giurò obbedienza a Gregorio II. Fu invasa nel 728 dal re Liutprando che poco dopo la restituì al Papa come facente parte del ducato romano. Enrico III nell’autunno del 1046 vi fece riunire un grande concilio, ed inviò a presiederlo Gregorio VI, che, per evitare uno scisma, vi depose la sua dignità, rinunziando al papato.

Niccolò II nel 1058 vi passò insieme con Ildebrando e Goffredo III marchese di Toscana, con un esercito, e vi convocò anch’egli un concilio. Nel 1063 fu espugnata dai Normanni. Nel 1111 Enrico V, approssimandosi a Roma, s’incontrò a Sutri con Pasquale II, per porre le basi di un trattato di concordia che però non ebbe l’esito sperato. Fu asilo degli antipapi Onorio II e Gregorio VIII. Vi passarono imperatori ed eserciti, e memorando è l’incontro di Adriano IV con Federico I Barbarossa nel 1155. Un campo nelle vicinanze di Sutri porta anche oggi il nome di prato Barbarossa. Vi transitò nel 1191 Filippo Augusto re di Francia “transitum fecit per Castellum Sancti Petri, deinde per Sutre Civitatem episcopalem, deinde per Biterna (Viterbo)”.

Fu teatro di guerre a causa delle prepotenze dei De Vico prefetti di Roma (1264-1332). L’Albornoz la ridusse all’obbedienza della Chiesa (1358). Nel 1457 vi fu tenuto un sinodo episcopale. Spostatosi l’antico centro strategico della via Cassia, per l’incremento della casa Farnese, la decadenza di Sutri, iniziatasi sotto Eugenio IV che, nel 1433, aveva riunito a Nepi la diocesi sutrina, si accentuò a vantaggio di Ronciglione e la città rimase tagliata fuori dalla via maestra ed abbandonata perché il traffico seguiva la via Cimina.

Clemente VII nel 1533 accolse le istanze dei sutrini e degli abitanti di Capranica e per togliere le due città all’abbandono, ordinò che la corriera postale tornasse a passare per l’antica strada purché i sutrini si assumessero l’obbligo della manutenzione e della sicurezza di quel tratto della Cassia che da Monterosi arrivava ai confini di Vetralla. Gli Statuti di Sutri datano dal 1458.

In questi troviamo la curiosa notizia che essendo stato quasi abbandonato il borgo della città, per la decadenza dovuta alla prevalenza della Via Cimina sull’antica Cassia, si concedesse di abitarlo a donne di malaffare, divenendo così un vero quartiere di meretricio, che vi rimase indisturbato fino a quando il vescovo della città, Ghislieri (poi Papa Pio V) ordinò, circa nel 1560, che quella colonia femminile si disperdesse. Le sciagurate si rifugiarono presso Bassano di Sutri ove costruirono delle rustiche abitazioni in una località oggi detta Le Capanne. Il borgo malfamato fu quasi del tutto abbandonato e distrutto. Col secolo XVI cessa qualunque importanza di Sutri che seguì la sorte delle altre città dello Stato Pontificio.

30 Capranica di Sutri (m. 320), che nel medioevo si chiamò castellum Capralica, si vuole fabbricata dai profughi del vicino Vico Matrino. Fu soggetta agli Anguillara, al cui giogo si sottrasse nel 1462 per darsi alla Chiesa. Due dei conti di Anguillara, Francesco e Nicola Orsini (1406-1408), sono sepolti in un monumento marmoreo di stile gotico nella chiesa dei SS. Lorenzo e Francesco della città. Francesco Petrarca fu ospite di Orso di Anguillara nell’anno 1337, quando bande nemiche e masnadieri brulicavano nei dintorni e per proseguire per Roma dovette attendere che i Colonna lo andassero a prendere con 100 uomini di cavalleria. Vi pernottò Clemente VII quando fuggiva da Roma nel 1527 per recarsi in Orvieto.

(Segue)

 

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