Viterbo CRONACA INSOSTITUIBILE

Fabio Ernesti e Attila sono due miei amici e anche se Attila non corre più, Fabio ed io, gli parliamo ancora, con un collegamento indelebile, che è quel filo d'acciaio che dal nostro cuore si aggrappa a quello di Attila, un carlino che nei ricordi, ancora riesce a farci bagnare gli occhi. (m.g.) 


Attila c'è ancora,
perché non lo dimenticheremo mai


Si può provare dolore per la morte del proprio cane?
La mia risposta è senz’altro affermativa.
Come la maggior parte delle persone della mia età, nel corso della vita, ho avuto gravi lutti: prima i nonni, poi i genitori e i suoceri, alcuni amici e anche l’indimenticata moglie Dina.

 

Conosco perciò il dolore derivante dalla perdita di esseri umani, però sono addolorato anche per la recente morte del mio fedele amico Attila, con il quale ho trascorso questi ultimi dodici anni.
Quando mia figlia Valeria, per motivi professionali, si trasferì in altra città, Dina, ormai libera da impegni lavorativi, realizzò il desiderio di prendere un Carlino, razza che aveva sempre
prediletto.

Attila, nome imposto da mia figlia in sostituzione di quello originario, entrò in casa quando aveva quattro mesi ed è stato sempre con noi, anche nelle vacanze all’estero, e negli ultimi cinque anni, dopo la morte prematura di Dina, è stato il compagno che mi ha aiutato ad affrontare il grande dolore e la solitudine.

In questo periodo ha continuato a cercare e aspettare la sua padrona. Entrando in casa, faceva il giro delle stanze, qualche volta si accucciava in corridoio con lo sguardo rivolto verso la porta d’ingresso. Nei suoi occhi percepivo la domanda che mi lacerava il cuore: dov’è andata? Quando ritorna?
Spesse volte mi distraeva con la sua allegria, voleva che l’inseguissi mentre “faceva il leprotto “, correndo per le stanze, saltando sulle poltrone e sui letti.

Altro divertimento era il gioco della palla, si sdraiava in una estremità del divano e io mi sedevo al lato opposto, con il muso spingeva verso di me la pallina che dovevo continuare a tirargli.
Quando lo dovevo lasciare in casa, gli impartivo il precetto “fai la cuccia e fai la guardia”, allora si sedeva nel ripiano dell’etagère, come un soldato nella garitta; al ritorno riceveva in premio il biscotto.

In casa mi seguiva in ogni stanza, si accucciava sul divano e, quando stavo in poltrona, mi saliva in grembo; durante le giornate lavorative, aveva il posto sotto la scrivania nello studio.

Passeggiavamo con il sole, la pioggia, la neve, nei giardini e per le vie cittadine.

A Bologna, in molti negozi in centro era conosciuto e benvoluto, si fermava davanti all’antica formaggeria Fornari perché il titolare gli dava un assaggio di parmigiano, al Bar Impero e al Fashion Cafè era di casa e apprezzava il pezzetto di brioche, alla salumeria Melega, mentre facevo le compere, si sedeva sul mio piede aspettando la fettina di salame.

A Viterbo la nostra passeggiata si svolgeva fuori le mura, tra le porte della Verità e Romana, con giri per le strade del centro; punti di riferimento la gelateria Ugo, il Bagaglino, Schenardi; locali di fronte ai quali si bloccava e poi, tirandomi per il guinzaglio, entrava per avere la gustosa ricompensa.
Se poi passavamo per via S. Lorenzo, c’era l’inevitabile sosta per la porchetta di Topi.
Era un vero buongustaio.

Attila è convissuto con noi, era un elemento della famiglia alla quale ha dispensato gioia e affetto.
Suo tramite, ho familiarizzato con persone amanti dei cani, instaurando rapporti di cordialità.
Non mi dilungo oltre perché chi aveva o ha un cane, prova i miei stessi sentimenti.
Molti uomini illustri hanno descritto le qualità dei cani, basta citare M. Maeterlinck, Lord Byron, K. Lorenz, R. Kipling, J. London.

Il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, benefattore dei cani randagi, per i quali aveva fatto costruire e gestire un confortevole rifugio, in un’intervista disse che i cani sono esseri tra i bambini e gli angeli; come i bambini hanno bisogno della nostra protezione, come angeli ci proteggono.
Ho voluto ricordare Attila che ancora vedo venirmi incontro festoso con il suo incedere a rullio, gli occhi dolci e brillanti, la codina arrotolata.

"Se non ci sono cani in Paradiso, quando muoio, voglio andare dove sono andati loro" (Will Rogers).

Fabio Ernesti

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